ARQUER, Giovanni Antonio
Giureconsulto e magistrato, padre del famoso Sigismondo, nacque a Cagliari alla fine del sec. XV o al principio del successivo. Nel 1534 il vicerè: Antonio de Cardona, prendendo possesso della carica, lo prescelse come consigliere e gli affidò importanti inchieste amministrative contro alcuni funzionari, appartenenti alla più alta nobiltà dell'isola. L'A. fu di tale fermezza nell'istruire i processi che le principali famiglie sarde, i Cedrellas, i Manca, gli Aymerich, i Cariga, concepirono un odio mortale contro chi non soltanto li colpiva nei loro beni, ma minacciava anche la loro libertà e persino la vita, e non rinunziarono ad alcun mezzo per colpirc l'A. e la sua famiglia: tale odio non fu estraneo neppure alla tragica fine di Sigismondo.
La situazione anormale in cui si svolgeva la vita politica della Sardegna, divisa tra, i partigiani del governo vicereale e quelli della nobiltà, che accanitamente difendeva i suoi privilegi, indusse nel 1543 Carlo V a nominare, su proposta del Supremo Consiglio d'Aragona, un visitatore che accertasse le effettive responsabilità di, ciascuna delle due parti in causa. Fu prescelto il vescovo di Alghero Pietro Vaguer che, aspirando probabilmente alla carica di viceré di Sardegna, si schierò a favore della nobiltà isolana, contro il Cardona ed il suo più fedele collaboratore. L'A., che ricopriva allora le alte cariche di consigliere capo della città di Cagliari e di prima voce dello Stamento reale, fu fatto arrestare dal Vaguer, sotto accusa di irregolarità amministrative. Ma poiché l'A. anche dal carcere manteneva contatti con le autorità regie, il visitatore si valse della sua qualità di commissario generale del grande inquisitore per far rinchiudere l'A. nelle carceri del S. Uffizio, privandolo in tal modo di ogni possibile comunicazione con l'estemo. Ma quando il Vaguer volle condurre più a fondo la sua lotta contro il Cardona e lanciò contro il viceré e la moglie di questo, senza prove, l'accusa di negromanzia, le autorità spagnole destituirono il visitatore, ristabilirono la piena autorità del viceré e ordinarono la scarcerazione dell'Arquer. Questi si recò allora in Spagna per presentare una precisa relazione della vicenda al principe Filippo, che non solo lo ristabilì in tutte le cariche ed uffici ricoperti precedentemente al suo arresto, ma gli concesse anche il titolo trasmissibile di cavaliere (1545).
L'A. rimase per molti anni a Madrid,, incaricato di patrocinare presso la corte gli interessi di alcune tra le più ricche famiglie isolane e nel gennaio del 1548 fu nominato avvocato della città di Cagliari presso la corte. Tomato a Cagliari, collaborò con il figlio Sigismondo, che con la carica di avvocato fiscale continuava in Sardegna l'opera patema in difesa delle prerogative regie contro la nobiltà dell'isola, e lo sostituì nel 1558 e nel 1564, allorché Sigismondo dovette recarsi in Spagna. Nel 1566 Filippo II concesse all'A. un vitalizio di 100 ducati d'oro.
L'A., che oltre a Sigismondo aveva avuto altri tre figli, Pietro Giovanni, Antonio e Petronilla, sposata a Gerolamo Ram, morì tra il 1587 ed il 1590.
Bibl.: D. Scano, Sigismondo Arquer, in Archi. stor. sardo, XIX (1935), p.111, 30-38, 41-49, 561 59, 79 s., 82, 86, 104, 108, 112 s.