BATTARRA, Giovanni Antonio
Nacque a Rimini il 9 giugno 1714 da Domenico e da Giovanna Francesca Fabbri. Dopo aver compiuto il corso di umanità nel locale seminario, ove ebbe a maestri Giovan Paolo Bufferli e Anton Maria Brunori, seguì quello di scienze sacre per ottenere lo stato sacerdotale, cui forse lo spingevano, più che la vocazione, le disagiate condizioni economiche.
Ordinato sacerdote nel 1738, continuò tuttavia a frequentare le lezioni del famoso medico, naturalista e archeologo Giovanni Bianchi (Ianus Plancus), che lo indirizzò agli studi di geometria, di fisica e di storia naturale. In essi fece così grandi e rapidi progressi che già nel 1741 ottenne la cattedra di filosofia nel seminario di Savignano di Romagna, ove rimase quattro anni. L'anno seguente pubblicò in Miscellanea di varie operette (VI, Venezia 1742, pp. 61 ss.) il primo lavoro scientifico, Lettera al Conte G. Garampi intorno due aurore boreali (dell'8 e 9 ott. 1741), che ricevette ottima accoglienza per l'esatta descrizione del fenomeno. Nel 1748 gli venne affidata la cattedra di filosofia (fondata a Rimini nel 1687) e la tenne fino al 1754. Veniva intanto preparando l'opera sua maggiore, Fungorum agri Ariminensis historia, Faventiae 1755, ristampata poi senza variazioni, salvo che nella dedica, nel 1759 sempre a Faenza.
In essa, dopo brevi notizie sulla letteratura micologica edita e inedita, si combatte l'opinione allora corrente, malgrado gli studi del Micheli, del Mazzoli e del Gleditsch, della generazione spontanea dei funghi dalla putredine o dal "guasto sugo nutritivo" delle piante, provandone la riproduzione "per semenza"; seguono alcune notizie d'interesse pratico, sul modo di distinguere i funghi velenosi, sul modo di cucinare i mangerecci, che tuttavia, secondo il B., sono sempre poco giovevoli alla salute, sulle loro qualità terapeutiche; conclude l'opera la descrizione di circa trecento funghi, divisi in diciotto classi. Il criterio distintivo delle singole classi è dato dall'aspetto esterno, che sembrava al B. più sicuro e più pratico di quello desunto "ex diversa singulorum fructificatione" usato dal Gleditsch nel Methodus Fungorum (Berlin 1753), cui il B. in una nota in fine di volume non manca di muovere vari appunti. L'opera, che è corredata da quaranta tavole incise dallo stesso B. riproducenti tutti i funghi descritti, gli assicurò ottima fama tra i dotti, tanto che il Persoon nella sua Synopsis methodica fungorum chiamò in suo onore Batarrea una specie di funghi descritta la prima volta dallo Humphrey, ora conosciuta col nome di Batarrea Persoon.
Nel 1757 il B. fu nominato professore di filosofia del Comune e nel 1760 del seminario. Nel 1759 dedicò una lettera a G. M. Mazzuchelli in cui dava notizie accurate sui ritrovamenti di materiale antico in alcuni avelli riminesi (Lettera sull'apertura degli avelli che sono dentro e fuori della Chiesa di Francesco di Rimino spettanti alla famiglia dei Malatesti, in Raccolta milanese, II[1757]. Nel 1762, inaugurando l'anno scolastico del seminario, pronunciò un Discorso per l'apertura della cattedra di filosofia, pubblicato l'anno successivo a Cesena, del quale non mancano idee nuove esposte con molta spregiudicatezza.
Vi si sostiene fra l'altro che nel seminario bisogna educare non al sacerdozio, che è vocazione per grazia, ma alla vita civile e alla scienza; che è sempre meglio "un cavaliere istruito" che un prete ignorante; che l'insegnamento della filosofia naturale deve sempre precedere quello delle scienze sacre. L'operetta è caratteristica nella produzione del B., perché più chiaramente delle altre ci mostra quanto egli, assai fiducioso nel proprio ingegno, fosse restio ad acquietarsi nella scienza altrui e come tutto fondasse sulle proprie esperienze e sulle proprie induzioni: "semper mihi cura fuit - diceva - ut non quod alii scirent neque quod alii excogitarent, sed quod ipse novi et excogitavi, illud typis committerem".
Con tale massima si occupò degli argomenti più svariati, certo di poter dire cose nuove ed assennate. Così nello stesso anno pubblicò Due discorsi sopra la fabbrica del porto di Rimini (in Nuova raccolta di opuscoli scientifici e filologici, X, Venezia 1763, pp. 456-516) e nel 1766 una Lettera al p. D. Angelo Calogerà intorno ad alcune esperienze spettanti l'idrostatica (ibid., XIV, pp. 79-88), nella quale si vorrebbe dimostrare che l'acqua per tubi curvi scorre più veloce che per tubi diritti, contro la legge specifica del Torricelli (che non è nemmeno citato) e le risultanze stesse dell'esperienza, non compiutamente considerate. Ma il B. era talmente convinto della giustezza delle proprie conclusioni che le ripropose sia negli Acta Eruditorum Lipsiae del 1768 (pp. 193-198), sia negli Atti dell'Accademia dei Fisiocratici di Siena (III, 1777, pp. 84-95).
Nel 1773 intraprese una nuova edizione del Musaeum Kircherianum edito da F. Bonanni nel 1709, riordinando altrimenti la materia quanto mai farraginosa dell'opera, aggiungendo lunghe note e nuove illustrazioni, nell'intenzione di offrire agli studenti un corso elementare di storia naturale. Mancò tuttavia completamente allo scopo, non essendo possibile dare un ordine qualsiasi all'inventario di disparati oggetti compilato dal Bonanni. L'opera, che uscì col lunghissimo titolo Rerum naturalium historia, nempe quadrupedum insectorum piscium variorumque marinorum corporum fossilium plantarum exoticarum ac praesertim testaceorum exsistentium in Musaeo Kircheriano, Romae 1773-82, ebbe pessima accoglienza fin dal suo primo apparire, benché patrocinata dal Bianchi, da G. C. Amaduzzi e da G. Garampi.
Più sistematica è la parte riguardante i Testacea, cioè le conchiglie, nella quale però il B. adotta il metodo ormai antiquato di N. Gualtieri, preferendolo a quello di Linneo, forse solo perché italiano. Nell'appendice al II volume, oltre ad altri lavori di minor conto e al De restitutione purpurarum di P. Amati, pubblicò un Commentarium de Plinii ictero.In esso, dopo aver identificato sulle tracce del Buffon l'icterus di Plinio (Naturalis Historia, 30, II, 28)con l'odierno oriolus galbula, sostiene che oltre alla specie già descritta, e non bene, a suo giudizio, dal Buffon, se ne possono distinguere almeno altre due, sia in base al colore delle piume, sia in base all'anatomia interna.
Egualmente censurata fu l'Epistola selectas de re naturali observationes complectens, Rimini 1774, nella quale, sempre seguendo il criterio di esporre solo quanto personalmente gli risultasse, pubblicò alcune osservazioni zoologiche, dando come nuove scoperte nozioni già acquisite. Nel 1778 pubblicò a Roma la Pratica agraria distribuita in vari dialoghi, che aveva già visto la luce nel Diario del Riccomanni del 1776.
L'operetta, che è una raccolta di consigli pratici per i possidenti e per i fattori, è specialmente pregevole per la chiarezza e semplicità della esposizione. Ed ebbe tale accoglienza che già nel 1782 il B. ne procurò una ristampa a Cesena, nella quale i Dialoghi sono preceduti da una prefazione Sui difetti dell'agricoltura nell'agro riminese e seguiti da un Avvertimento ai signori Regolatori del ben pubblico in ordine all'agricoltura.Così accresciuta, la Pratica ebbe poi due altre ristampe, Faenza 1798 e Rimini 1854.Nell'ultimo dialogo, il XXX, Delle costumanze, vane osservanze e superstizioni de' contadini romagnoli, il B. con spigliatezza e vivacità di stile tratta delle nozze, dei battesimi e delle cerimonie funebri dei contadini della sua terra, offrendoci un chiaro documento dei costumi rurali degli ultimi decenni del Settecento ed insieme il primo saggio di scienza folcloristica italiana. Per questa sua importanza negli studi delle tradizioni popolari l'opera fu edita più volte, da G. Gaspare Bagli, in Arch. per lo studio delle tradizioni popolari, VI(1887), pp. 105 ss; sulla rivista La Piè, IV (1923), nn. 1-3, e da P. Toschi, in Romagna tradizionale, Bologna 1952, pp. 1 ss.
L'ultima opera del B. sono i Naturalis historiae elementa, Rimini 1789, di cui uscì solo il I volume, nel quale si tratta in maniera assai superficiale dei fossili e delle piante. Altri scritti inediti si conservano nella Biblioteca Gambalunga di Rimini e nella Oliveriana di Pesaro.
Il B. morì a Rimini l'8 nov. 1789.
Fonti e Bibl.: Memorie per servire alla storia letteraria, VI, Venezia 1755, pp. 43-45; Rimini, Bibl. Gambalunga, Fondo M. Rosa, G. A. Battarra, Autobiografia (autografo); Nova Acta Eruditorum, Lipsiae 1757, pp. 201-208; Storia letter. d'Italia, XII, Modena 1758, p. 143; C. Battarra, Lettera ad un amico, in Nuova racc. di opuscoli scient. e filol., XXIX, 10, Venezia 1776; G. Buffon, Storia naturale degli uccelli, V, Venezia 1782, p. 285; L. Spallanzani, Epistolario, III, Firenze 1959, pp. 20, 24, 55, 91, 137, 417; C. H. Persoon, Synopsis methodica fungorum, I, Göttingen 1801, pp. 129-130; G. Brocchi, Conchiologia fossile subappennina, Milano 1814, p. LVIII; M. Rosa, Biografia di G. A. B., in A. Hercolani, Biografie e ritratti di XXIV uomini illustri romagnoli, III, Forlì 1834, pp. 97-98; C. Tonini, La coltura letter. e scient. in Rimini..., II, Rimini 1884, pp. 582-592; P. Savi, Ornitologia ital., I, Firenze 1900, p. 356; A. Tosi, Notizie biografiche dell'abate G. A. B., Faenza 1933; G. Gasperoni, Settecento italiano, I, L'abate G. C. Amaduzzi, Padova 1941, pp. 217, 244; G. Cocchiara, Storia degli studi delle tradizioni popolari in Italia, Palermo 1947, p. 59; F. Venturi, Elementi e tentativi di riforme nello stato pontificio del Settecento, in Riv. stor. italiana, LXXV (1963), pp. 799 s.; G. Mazzatinti, Inventari dei manoscritti delle Biblioteche d'Italia, II, pp. 159, 161, 165; XXXIII, p. 137.