BELLACOMBA, Giovanni Antonio
Nacque nei primi decenni del sec. XVI (ignota è la data di nascita come quella di morte) a Torino, da famiglia originaria della Savoia. Figlio del giureconsulto Raffaele, seguì la carriera del padre, addottorandosi in legge e svolgendo, nei primi anni dopo il ritorno di Emanuele Fibberto, le funzioni di consigliere della città di Torino. Già noto per un'opera di trattatistica legale, le Additiones ad communes doctorum opiniones, stampata a Torino nel 1545, fu chiamato dal duca, nell'aprile. 1571, a far parte. (con il Della Rovere, il Langosco, il Dal Pozzo, l'Osasco, il Pingon, il Capra, il De Molines e il Nucetto) del Consiglio dei riformatori, incaricato di elaborare i primi provvedimenti per il buon governo dell'università da poco restaurata nella capitale piemontese. Un anno dopo, il 10 febbr. 1572, succedette nella Camera dei conti come avvocato patrimoniale generale a Gio. Battista Surdo. La sua ascesa, nell'ambito della riassettata aniministrazione sabauda, era rapida e si concludeva tutta in quegli anni: membro del Senato di Piemonte dal 10 ott. 1573, egli era riconfermato il 24 ag. 1574 (con il Bocho e il Roccaforte) nel più ristretto Comitato dei riformatori dell'università, "cui una risoluzione ducale, ribadendo" ampliando (in seguito ad un conflitto di competenza con altre magistrature dello Stato e municipali) i poteri di giurisdizione sull'attività dello Studio torinese, commetteva l'ufficio di "conservare la numerosa gioventù in tranquillità e concordia, e mettere ordine e modo alle Letture, Lettori et al resto concernente la detta Università". Al B. e ai suoi colleghi era demandato inoltre il compito di "aumentare o diminuire gli stipendi" dei primi trentacinque docenti dell'università e di "assistere alla eletione che si farà delli Rettori conforme agli ordini di Sua Altezza".
In epoca successiva il B. sarà scelto come giudice del contado di Asti e del marchesato di Ceva: tuttavia la sua notorietà, in un periodo caratterizzato del resto dalla fioritura in Piemonte degli studi giuridici e della scienza legale, illustrata dall'attività della Accademia Papinianca e di giuristi della fama del Panciroli è del Manuzio, sarà legata piuttosto ad alcuni manuali di carattere forense, come le Additiones ad commentaria Iasonis (uscite a Torino nel 1592) e ad una serie di Consilia, stampati in varie occasioni. Secondo il Vallauri, anzi, il B., giureconsulto particolarmente ascoltato a corte, sarebbe incorso "nell'odio di alcuni torinesi, perché ai suoi consigli si attribuiva la soppressione del monastero di San Pietro che avevano li Benedettini a Torino".
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezione I, Istruzione Pubblica. Regia Università, mazzo n. I, fasc. 7; Sezioni Riunite, Patenti Piemonte, reg. n. 13 (1572), f. 199; A. Rossotti, Syllabus Scriptorum Pedemontii, Monteregali 1667: p. 64; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 634; G. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte, Torino 1798, 1, pp. 634, 635; II, pp. 15, 17; O. Derossi, Scrittori piemontesi savoiardi nizzardi, Torino 1790, p. 13; T. Vallauri, Storia delle università degli studi del Piemonte, I, 2, Torino 1845, p. 35; F. A. Duboin, Raccolta delle leggi, editti, manifesti ecc. emanati dalla Real Casa di Savoia, t. XIV, vol. 16, Torino 1869, p. 216; C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II, Torino 1881, p. 310.