CAROSIO (Carossio, Carrosio, Carosi, Carisi), Giovanni Antonio
Nato a Genova circa il 1606 (Narducci), non si hanno notizie sulla sua formazione e la sua prima attività. Probabilmente giovanissimo si trasferì a Roma dove il suo nome è ricordato in un documento del 1628, quando nei suoi confronti fu sporta querela dal pittore Nicolò Bizesi (Bertolotti, 1884, p. 184). Un pagamento del 1631 testimonia della sua partecipazione ai lavori in S. Pietro in Vaticano; non si sa di preciso che cosa il C. abbia dipinto, poiché il documento parla genericamente di "pittura per l'altare sotto l'altare di Sant'Andrea" (quindi per le grotte vaticane) per cui Gian Lorenzo Bernini riceveva 620 scudi, da ripartire tra i vari artisti che avevano preso parte a quella decorazione: al C. spettarono 60 scudi (Pollak, 1931). Intorno al 1632 sposò la genovese Girolama (n. nel 1616) e nello stato di famiglia del 1656 (Narducci) è ricordato come povero, abitante in via Condotti con nove figli dai ventidue ai due anni. Sodale della Congregazione dei Virtuosi al Pantheon (Bertolotti), il C. risulta iscritto anche fra gli accademici di S. Luca a partire dal 1628, come afferma F. Noack (in Thieme-Becker), che ha consultato documenti oggi perduti. Ad ogni modo, da altri documenti dell'archivio dell'Accademia, la sua partecipazione all'attività e alle sedute dell'Accademia è testimoniata fin dal 1630 (Libro del Camerlengo, vol. 42 a, cc. 5v ss.). Il 28 dic. 1640 il suo nome fu proposto per l'elezione a principe, ma non venne eletto (Libro delle Congregazioni, vol. 43, c. 36r); il 28 maggio 1645 fu nominato assistente (ibid., c. 61v); nella riunione del 15 nov. 1654 fu scelto per essere eletto rettore per l'anno successivo, ma non riportò una votazione sufficiente (ibid., c. 96v). Il suo nome è ricordato ancora fino al 12 marzo 1656 (ibid., c. 107v). Nel 1657 il C. datò e firmò l'affresco raffigurante l'Assunzione della Vergine nella cupola della cappella della Madonna delle Grazie, nella chiesa di S. Rocco.
Tale opera, che fu assegnata erroneamente dalle fonti genericamente a un "figlio" del C. (Titi, 1674), venne successivamente ritenuta - sulla base dello Zani che ricordava Anselmo come figlio del C. - eseguita da un ipotetico Anselmo Carosi (Thieme-Becker). Il restauro dell'affresco, riportando in luce la firma, ha definitivamente cancellato l'errore ed ha, al tempo stesso, restituito all'attenzione della critica una personalità altrimenti sconosciuta, ma indubbiamente interessante per gli sviluppi culturali a Roma intorno alla metà del secolo, della componente classicheggiante di gusto emiliano.
Le fonti attribuiscono al pittore anche un quadro rappresentante la Morte di s. Giuseppe dipinto per la cappella omonima al Pantheon (Titi, 1686). Il C. dettò il proprio testamento il 1ºfebbr. 1667 e dovette presumibilmente morire a Roma poco dopo questa data. L'artista è ricordato anche come incisore (Le Blanc).
I documenti ci danno notizia anche di altri artisti Carosio, probabilmente imparentati con Giovanni Antonio.
Ottavio, pittore, riceve il 25 maggio 1628un pagamento di 50 scudi per un quadro, ora scomparso, donato dal pontefice Urbano VIII alla chiesa di Castel Gandolfo (San Nicolò, oggi distrutta), raffigurante la Concezione con angeli, s. Michele Arcangelo, s. Sebastiano e s. Nicolò (Pollak, 1928).Lo stesso è nominato un'unica volta nel Libro delle Congregazioni dell'Accademia di S. Luca, sotto la data 12 ott. 1642 (vol. 43, c. 51v).
Un Tommaso Carrosio (o Carrozio) viene ricordato nel 1632come pittore abitante in via Condotti, nella casa di un altro pittore (forse Giovanni Antonio: Bertolotti, 1884, p. 185). Inoltre, tal Giacomo Maria (Carrozio, genovese) è menzionato nel 1653 come saggiatore alla Zecca (Bertolotti, 1884, p. 226), ed era già morto nel 1656 (Id., 1877).
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Roma, 30 Notai Capitolini, uff. 4, vol. 230, cc. 61r-62v, 82r-84r (la copia del testamento è conservata presso l'Arch. Capitolino, Testamenta et Donationes ab anno 1646 usq. 1690, notaio Francesco Tullio, sez. XIII, vol.15); Roma, Arch. dell'Accad. di S.Luca, Libro del Camerlengo, vol. 42a, cc. 5v, 17r, 20r; Ibid., Libro delle Congregazioni, vol. 43, cc. 6r, 11r, 12v, 13r, 31rv, 33v, 35v, 36rv, 40r, 41v, 44r, 45r, 46v, 49r, 50r, 51v (per Ottavio), 56r, 61v, 66v, 68v, 70r, 71rv, 75r, 90r, 96v, 98r, 101v, 105v, 107v; F. Titi, Studio di pittura…, Roma 1674, p. 429 (ed. Roma 1686, p. 328); P. Zani, Encicl. metodica… delle Belle Arti, I, 6 Parma 1820, p. 26; M. Missirini, Mem.… della romana Accad. di S. Luca, Roma 1823, p. 464; Ch. Le Blanc, Manuel de l'amateur d'estampes, I, Paris 1854, p. 595; E. Narducci, Artisti dimoranti in Roma nel rione di Campo Marzio l'anno 1656, in Il Buonarroti, V (1870), p.125; A. Bertolotti, Artisti subalpini in Roma nei secc. XV, XVI e XVII, Torino 1877, p. 50 (per Giacomo Maria); n. ediz., Mantova 1884, pp. 184 s., 226, 257; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII., I, Wien 1928, p. 409 (per Ottavio); III, 2, ibid. 1931, p. 522; L. Salerno-G. Spagnesi, La chiesa di S. Rocco all'Augusteo, Roma 1962, p. 53; L. Salerno, Pinacoteca romana, in Palatino, XI (1967), p. 474; G. Moroni, Dizion. di erudiz. storico-ecclesiastica, XLIX, p. 284; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 32.