DELFINI, Giovanni Antonio
Nacque il 25 febbr. 1506 a Rompeano, o, secondo alcuni, a Pomponesco, nell'odierna provincia di Mantova. Del padre si conosce solo il nome, Marco, e che era di umili origini.
Il D. entrò giovanissimo nell'Ordine dei minori conventuali di Casalmaggiore, da cui prese l'appellativo di Giovanni Antonio Delfino da Casalmaggiore. Compì gli studi prima a Cremona e poi a Padova, dove forse si laureò all'incirca nel 1523. A Bologna fu nominato lettore presso lo Studio teologico di S. Francesco, ed in questa veste prese parte alla riunione della congregazione dei conventuali del 9 apr. 1535. Fu eletto reggente dei conventi dell'Ordine, prima nel 1542 a Brescia (dove compare nelle riunioni del convento di S. Francesco il 18 e 26 genn. 1542), e poi a Venezia dal 1545 al 1546.
Nel 1545 fu inviato da papa Paolo III come teologo al concilio di Trento, dove assistette all'apertura della prima sessione, e quindi partecipò come consultore alla preparazione dei decreti delle sessioni quarta, quinta e sesta, dedicate in particolare alla S. Scrittura, alla definizione della natura del peccato originale e alla giustificazione. A Trento il D. parlò il 26 giugno 1546 sulla giustificazione e il 27 genn. 1547 sui sacramenti, riaffermando la tesi della giustificazione attraverso la grazia e guadagnandosi l'attenzione e la stima di tutti i padri conciliari. Lo dimostra ad esempio il fatto che, alla chiusura della prima parte del concilio, i legati pontifici gli rilasciarono a Bologna, il 15 maggio 1548, un attestato di lode per l'opera svolta in favore della causa della Chiesa. Quasi contemporaneamente il D. ottenne l'incarico di inquisitore della Romagna. Di questo suo incarico è testimone anche un ampio carteggio (pubblicato dal Buschbell) col cardinale Marcello Cervini, poi papa Marcello II, particolarmente intenso per gli anni 1548-49, e dal quale risulta l'attività del D. a difesa delle tesi tridentine contro i luterani presenti in città della Romagna, come Ravenna, Forlì e Cesena.
All'incirca nella prima metà del 1547 fu nominato anche reggente a Padova, ma qui il D. rimase ben poco, perché nello stesso anno i padri del capitolo provinciale di Castelbolognese lo elessero ministro della provincia di Bologna, carica che egli mantenne fino al 1550.
Dal 1550 al 1558 il D. fu reggente nel convento di S. Francesco a Bologna, e in questa carica compare sempre presente alle congregazioni del convento per il periodo in questione. Nel 1551 tornò a Trento, in occasione della riapertura della seconda parte del concilio, e il 23 dicembre parlò sulla messa, soffermandosi in particolare sul valore dell'eucaristia. Sempre nel 1551 fu anche lettore a Bologna nel Collegio di Spagna. Alla sua fama di studioso, che per le lunghe veglie a cui si sottoponeva gli procurò il soprannome di "mezzanotte", dovette l'incarico di pubblico lettore di metafisica all'università di Bologna, presso la facoltà degli artisti: nell'anno accademico 1553-54 insieme con Giulio Sirenio da Brescia dell'Ordine di S. Gerolamo, nel 1554-55 solo, dal 1555-56 al 1558-59 insieme col servita Giovan Battista Butriensi. Il 7 agosto (secondo altre informazioni il 25 giugno, oppure il 18 agosto) 1559 fu eletto da Paolo IV vicario generale dell'Ordine dei conventuali, succedendo a Giovanni Antonio da Cervia, anche grazie alla stima che il D. godeva a Roma presso il cardinale Rodolfo Pio da Carpi con il quale fu in lungo e amichevole rapporto e a cui dedicò anche alcuni dei suoi scritti.
Questo nuovo incarico assorbì il D. negli ultimi anni della sua vita, richiedendogli un grande impegno. Egli svolse la sua opera con attenta ed accorta abilità diplomatica e seppe guadagnarsi la devozione e la stima del suo Ordine, che egli cercò di rivitalizzare anche sulla base dei primi deliberati del concilio tridentino. In quest'ambito partecipò alle riunioni delle congregazioni generali dell'Ordine, come quelle di Bologna del 14 ag. 1559 e del 23 ott. 1560, e compì anche missioni apostoliche presso conventi dell'Ordine di altre regioni. Così, ad esempio, sappiamo che fu in visita a quello di Tricarico in Basilicata, e proprio in quel frattempo nel capitolo generale, tenuto a Roma il 4 maggio 1561, fu eletto come suo vicario il p. Tommaso di Città di Castello. Poco dopo il D. dovette far ritorno a Bologna: prese parte infatti ad un capitolo dei frati del suo convento tenuto il 20 ag. 1561. E questo fu probabilmente uno dei suoi ultimi atti pubblici, in quanto, sempre a Bologna, il 5 sett. 1561, morì a soli cinquantasei anni, mentre si accingeva a partire per Roma, dove lo aveva chiamato Pio IV, in vista della riapertura del concilio. Fu sepolto il giorno successivo, come è annotato nel registro generalizio da p. Marino Moro da Venezia, segretario del convento, presente al trapasso, nella chiesa di S. Francesco a Bologna e sulla tomba fu posto un epitaffio commemorativo. L'alto valore morale del D. e la fama di teologo furono celebrate da Bartolomeo Baffi da Lucignano, che in occasione della sua morte compose e pronunciò un'orazione in suo onore.
La produzione letteraria del D. si può dividere in due settori, di cui il primo e rappresentato da scritti filosofici di commento alla dottrina aristotelica, quali l'Expositio textus Aristotelis in libros Physicorum, tenuta a Padova nel 1543; l'Expositio librorum de Coelo et Mundo, trascritta nel 1559 dal p. Silvio Ferrarese e da questi ripresa da un discorso del D. appunto tenuto a Ferrara; la Universa Peripateticorum Philosophia in locos communes redacta, sulla quale si hanno però solo riferimenti dello stesso D. nell'Opusculum De Coelestibus Globis, e forse parzialmente confluita nel De locis theologicis et peripateticis.
Il secondo e più ampio settore della produzione letteraria del D. è essenzialmente rivolto ad illustrare e divulgare le dottrine approvate nel concilio di Trento e nella cui elaborazione aveva avuto anche, in certi casi, un ruolo non secondario. La sua prosa estremamente chiara nell'esposizione, assume anche, talvolta, vivaci toni antiluterani, al punto che il D., forte polemista, può essere considerato fra i più significativi rappresentanti delle tesi della Controriforma. Lo testimoniano, ad esempio, il fatto che A. Massarelli, che come segretario del concilio ne redasse gli Atti, più volte pose accanto al nome del D. brevi ma significative postille, e lo stesso Francesco Vicedomino, anch'egli teologo al concilio, nella prefazione dell'opera del D. De Ecclesia fa un magnifico elogio dell'autore.
Importante opera miscellanea del D. è il De Ecclesia inter pp. Orthodoxa, atque Protestantes haereticos, libri tres (Venetiis 1552), pregevole manuale di apologetica contro gli errori correnti, in cui si sente l'influsso delle tesi tridentine e dove l'autore riafferma la sua certezza dello stato di grazia. Il secondo libro dell'opera è costituito da un altro scritto del D., De Potestate ecclesiastica, pubblicato precedentemente a Venezia nel 1549, dove l'autore esprime le ragioni per cui si deve affermare e salvaguardare l'autorità ecclesiastica. Anche il terzo libro del De Ecclesia contiene scritti precedenti del D.: De cultu Dei et sanctorum (Bononiae 1549) e Notis Ecclesiae (Coloniae 1549). Già nel 1551, inoltre, a Bologna, era uscito il De causis, et significationibus ignearum, fiammarum, putoris, et sonitus, quae nunc efficiuntur, et apparent Cremonae (Bononiae 1551), dedicato a Sigismondo Picenardi di Cremona, e considerato il lavoro teologicamente più importante del D., in cui sono rifusi i trattati che risalgono all'epoca in cui egli era consultore al concilio, e che costituisce una divulgazione delle dottrine che vi furono formulate. L'opera è divisa in cinque libri: De rerum eventu, De predestinatione, De peccato originali, De libero arbitrio, De iustificatione, attraverso i quali è possibile ricostruire tutto il pensiero teologico del D., che, profondo conoscitore delle opere di Lutero, Melantone e Calvino, affronta in questa sede i nodi fondamentali delle teorie da essi avanzate, confutandole con magistrale chiarezza e precisione. Trattando infatti delle relazioni che intercorrono tra l'uomo, ente contingente, e Dio, causa prima di tutti gli esseri, il D. riafferma la dottrina della fede, distinta in fede storica e fede delle promesse, in grado di giustificare lo stato di grazia dell'uomo, al contrario della fede dei miracoli sostenuta dai protestanti. Egli passa poi ad esaminare il problema della predestinazione, del libero arbitrio e del peccato originale, sostenendo che la libertà delle azioni umane non diminuisce la supremazia assoluta di Dio; importante infine è l'illustrazione della teoria della giustificazione, con cui alla tesi protestante della certezza dello stato di grazia che non può mai andare soggetto ad errore, il D. oppone decisamente la certezza della grazia in quanto derivata dalla fede, soggettiva, ma nello stesso tempo assoluta, in quanto infusa da Dio stesso.
Fra le altre opere del D. dobbiamo ricordare: un'orazione tenuta a Genova nel 1553, l'Oratio in Communibus Franciscanorum Comitiis (Bononiae 1553), dedicata ad Aurelio Grimaldi, studioso di diritto canonico; due libri De matrimonio et coelibatu contra horum temporum impios et haereticos homines (Camerini 1553), lunga dissertazione riguardante il matrimonio nelle tradizionali forme scolastiche, clandestino e pubblico, in cui il D. ricorda che la Chiesa ha la facoltà di proibire il primo, ma non di annullarlo o rescinderlo, tranne che per i sacerdoti e i religiosi in genere; la Didactica methodus rerum logicalium (Bononiae 1554), dedicata a Gerolamo de Sauli, arcivescovo di Genova e prolegato a Bologna; il Dialectica, o Opuscola logicalia (Bononiae 1555); il De Adventu Iesu Christi domini et Dei nostri (Bononiae 1555) dedicato al Sauli; il De Coelestibus Globis, et ipsorum motibus contra Philosophorum et Astrologorum sententiam (Bononiae 1559), in cui il D. esamina le opinioni dei pitagorici, di Eudosso, di Aristotele, circa il numero e il moto dei cieli, anche alla luce delle Sacre Scritture, dei padri della Chiesa e dei canoni; il De tractandis in Concilio Oecumenico (Romae 1561), dedicato al cardinale Rodolfo Pio da Carpi, protettore dell'Ordine, e composto in vista della terza sessione del concilio, ma che il D., morto prematuramente, non poté vedere Pubblicato. Il D. vi discute le ragioni che determinano la costituzione di un concilio ecumenico e gli scopi essenziali di unità della Chiesa e di difesa della dottrina cattolica che deve preporsi, prendendo in ampia considerazione tutto ciò che attiene all'organizzazione del concilio, all'autorità dei padri conciliari, al modo di propagare i dogmi stabiliti e quindi alla condanna degli eretici e degli avversari; il De nobilitate (Bononiae s. d.) dedicata a Federico Gonzaga, con annotazioni di Orazio Civalla da Macerata; il De varia provinciae Marchiae nomenclatura brevis ac dilucida narratio (Perusii 1622), con annotazioni del Civalla, che ne modificò anche il testo, per cui l'opera fu ripubblicata col testo originario a Perugia nel 1590; il Commentaria in epistolam ad Hebraeos (Romae 1587) e il Commentaria in Evangelium S. Ioannis (Romae 1587), con aggiunte del cardinale Costanzo Torri da Sarnano che fece stampare anche altre opere del D.; tre libri De divina Providentia (Roma 1588) di cui però non si ha più traccia. Altre opere del D. si trovano stampate nell'edizione gorresiana del concilio di Trento, e sono: il Pro certitudine gratiae praesentis (Conc. Trid., XII, pp. 651-659), studio fatto dal D. per ordine del suo generale Bonaventura Pio Costariccio, che al concilio gli aveva chiesto di esporgli la sua sentenza e quella di Duns Scoto intorno alla questione della certezza dello stato di grazia; il De matrimonio clandestino (Conc. Trid., XIII, pp. 72-81); un libro De Simonia (Milano, Bibl. Ambrosiana, H 72inf.), pubblicato in Conc. Trid., XIII, pp. 364-380, e dedicato all'arcivescovo di Genova Gerolamo de Sauli. Incerta, ma molto probabile, è l'attribuzione al D. dell'opera De vera Christi in Eucharistia praesentia (Conc. Trid., XIII, p. 123), i cui termini il D. avrebbe poi sviluppato nel terzo libro del De Ecclesia.
Rimangono manoscritte altre opere del D., dedicate al cardinale Rodolfo Pio da Carpi e registrate nell'inventario della biblioteca del cardinale: i Loci communes theologi et peripatetici (Bibl. Ap. Vaticana, Ott. Lat. 372), sommario ordinato e metodico della teologia e filosofia peripatetica; i due libri De Eucharistia et de Missa (ibid., Ott. Lat. 463) che costituì il tema di un'omelia pronunciata dal D. pubblicamente a Bologna il 3 e 19 ag. 1549; il De monasticis votis (ibid., Ott. Lat. 890); il Symbolum decimum de Sileno Achillis Bocchij commentariolus (Bologna, Bibl. dell'Archig., B. 1513). Inoltre, abbiamo il De indulgentiis responsio (Bibl. Ap. Vaticana, Ott. Lat. 602), che tratta un tema su cui il D. parlò a Bologna il 30 giugno 1547. Altre opere possedute dal cardinale di Carpi, e attribuite al D., ma di cui sappiamo soltanto il titolo, sono: il In Apocalypsium e il De inquisitoribus. Lo stesso D. fa riferimento ad altri scritti, di cui non si hanno ulteriori notizie: il De Sacramentis, frutto di un'orazione pronunciata a Trento il 27 genn. 1547, il De poenitentia e il De Purgatorio, derivato dalle omelie pronunciate a Bologna rispettivamente il 23 aprile e il 30 giugno 1547. Così pure non si hanno notizie di altre due opere: il De fine ultimo e il De virginitate, attribuite lo stesso al Delfini.
Fonti e Bibl.: La maggior parte delle fonti riguardanti la vita e l'opera del D. è conservata presso l'Arch. di Stato di Bologna. S. Francesco, 121, 123, 251 e serie N, O, P, ad annos; Ibid., Ss. Lodovico ed Alessio, 2; altre notizie presso l'Arch. arcivescovile di Bologna, Ricuperi beneficiari, 240; Ibid., Libro dei partiti, I; Arch. di Stato di Brescia, S. Francesco; Ibid., Instrumenti 1540-1559; Roma, Arch. Gen. Ss. XII Apostoli, Regest., A. 6. La partecipazione del D. al concilio di Trento è testimoniata dagli Acta relativi, per i quali cfr., ad esempio, l'ed. goerresiana, Freiburg in Br. 1930-1938, ad Indices. V. inoltre: B. Baffi, Oratio in funere I. A. D., Bononiae 1561; P. Ridolfi, Histor. Seraphicae Religionis libri tres, Venetiis 1586, ff. 197r, 323rv (dove è riprodotto anche un ritratto del D.); G. Franchini, Bibliosofia e memorie letter. di scrittori francescani conventuali che hanno scritto dopo l'anno 1585, Modena 1623, pp. 291-95; G. N. P. Alidosi, Li Dottori forestieri che in Bologna hanno letto teologia, filosofia, medicina e Arti liberali: con li Rettori dello Studio dagli anni 1000 fino a tutto maggio 1623, Bologna 1623, pp. 44, 86; L. Wadding, Script. Ordinis minorum…, Romae 1650, p. 190; G. G. Sbaraglia, Supplementum et castigatio ad script. trium Ordinum S. Francisci, Romae 1806, pp. 387 s., e nuova ed. con aggiunte, Romae 1921, pp. 30 s., 390 (ulteriori notizie sul D. nel manoscritto Bologna, Convento Ss. Annunziata, Provincia Bononiensis Ord. min. conv. S. Francisci illustrata); Domenico da Venezia, Biografia serafica degli uomini ill., Venezia 1846, p. 411; S. Mazzetti, Repert. di tutti i professori antichi e moderni della famosa università e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1847, p. 111; A. Theiner, Acta genuina Ss. Oecumenici Concilii Tridentini, Zagabriae 1874, pp. 630 ss.; U. 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