GUIDOBONO, Giovanni Antonio
Nacque a Savona nel 1631 da Ottaviano e da Caterina Garibaldo, come attesta l'atto di battesimo conservato presso l'archivio parrocchiale della cattedrale, rintracciato e pubblicato da Varaldo (p. 232).
Anche se non si esclude l'ipotesi di un possibile successivo apprendistato dell'artista presso qualche affermata bottega savonese, è probabile che il giovane G. avesse potuto acquisire l'arte della maiolica direttamente dal padre, che risulta iscritto insieme con altri nove artigiani a una società di sussidio creata in favore della corporazione dei vasai (ibid., p. 234). Il G. dovette tuttavia ben presto aprire una bottega propria, poiché dai documenti questa risulta già ben avviata tra il 1673 e il 1683 (ibid., p. 229). L'impresa del G. era specializzata nella produzione delle caratteristiche maioliche azzurre e bianco-blu, alle quali è principalmente legato il nome dell'artista ligure. Egli si guadagnò infatti una certa notorietà in quest'ambito artigianale per aver saputo arricchire il lessico figurativo della decorazione ceramica guardando ai soggetti e ai motivi iconografici della pittura, restando però fedele alla tradizionale cromia fondata sui toni del blu.
L'opera di maggior impegno che ormai la critica - a partire da Labò, seguito da Morazzoni e Cameirana - ha ritenuto frutto dell'attività del G. è la serie di vasi da farmacia dell'ospedale di S. Paolo a Savona, ora conservata presso il Civico Museo della stessa città, datata 1666.
Da sottolineare, oltre all'aspetto decorativo, la particolare tecnica di modellazione del G., che tentò in questo modo di equiparare la più modesta ceramica alla nobile argenteria. Nacquero così vasi e piatti non più di semplici forme lisce, bensì sbalzati e a rilievo, proprio come nella più pregiata manifattura dell'argento. Esemplari sono un piatto da parata dall'elaborata tesa in altorilievo, conservato presso palazzo Rosso a Genova (Botto, 1965, p. 72), e un vaso sagomato del Civico Museo di Savona con le anse a forma di serpente attorcigliato (Id., Di alcuni fatti…, p. 22 n. 7).
Nel 1652, secondo quanto riportato dalle fonti documentarie, il G. si sposò, a Savona con Geronima Croce (Varaldo, p. 232); da lei ebbe undici figli, due dei quali, Bartolomeo e Domenico, pur continuando a coltivare anche l'attività paterna, si dedicarono soprattutto alla pittura a olio e ad affresco, ricavandone certo maggior fama.
A questo proposito è interessante notare come spesso nei documenti il mestiere con cui viene qualificato il G. non sia quello di "figulo", cioè di semplice vasaio, bensì quello più prestigioso di "pictor" (ibid., p. 229). Questa indicazione è confermata dalla testimonianza del testo di Ratti (in Soprani - Ratti, p. 139) dove è riportato che il G. "lavorò su vasi di maiolica con gusto non ordinario, ed alcune altre cose ad olio, e a fresco dipinse". Sulla base di tale presupposto, parte della critica ha ritenuto probabile l'ipotesi di un'attività del G. come vero e proprio pittore di figura, attribuendogli anche alcune tele normalmente riferite alla mano del figlio Bartolomeo (Castelnovi). Studi più recenti hanno riconfermato la paternità dei dipinti a Bartolomeo. Ma in realtà non si hanno testimonianze documentarie certe al riguardo e sembrerebbe quindi plausibile intendere il termine "pictor" quale decoratore di vasellame, insistendo in questo modo sulla peculiarità del lavoro del G., che non si limitava a quella di un mero modellatore di ceramica.
Tanta fu la notorietà dei suoi particolari prodotti che il G. non solo ebbe numerosi imitatori, ma fu chiamato, secondo quanto tramandato dalle fonti (Soprani - Ratti, p. 140), presso la corte dei Savoia a Torino, probabilmente nel 1683.
Che l'artista intorno a questi anni fosse assente da Savona lo riferiscono due documenti, rispettivamente del 10 dic. 1683 e del 1° nov. 1684. Nel primo è riportata la trascrizione dell'atto di vendita di tutta l'attrezzatura da vasaio. La transazione venne affidata ai fratelli Salamone, anch'essi ceramisti di Savona, confortando l'ipotesi di un'assenza del G. dalla città ligure (Rossello). Il secondo documento è invece un contratto per l'affitto di una bottega stipulato dalla moglie, che, come espressamente specificato, faceva le veci del marito in quel momento "in civitate Taurini degente" (Varaldo, p. 237).
Il G. morì a Torino, probabilmente nel 1685, secondo quanto riferito per primo da Ratti (in Soprani - Ratti, p. 140) seguito dalla critica successiva, sebbene alcuni abbiano avanzato dubbi, peraltro senza troppa convinzione, sull'attendibilità di tale data.
Varaldo (pp. 230, 237) rintracciava e pubblicava un documento risalente al 1688 e relativo alla figlia del G., Maria Caterina, nel quale la formulazione del patronimico non lasciava intendere la già avvenuta morte del padre. Lo stesso Varaldo però avanzava l'ipotesi di una svista da parte del notaio, tornando a considerare attendibile, fino a che ulteriori ricerche non avessero condotto a eventuali conferme, la data di morte del G. fornita tradizionalmente dalle fonti.
Fonti e Bibl.: R. Soprani - G.C. Ratti, Vite de' pittori, scultori ed architetti genovesi, II, Genova 1797, pp. 139 s.; M. Labò, La ceramica di Savona, in Dedalo, IV (1923-24), 2, pp. 441 s.; E. Olivero, L'abbazia cistercense di Santa Maria di Casanova presso Carmagnola: contributo allo studio dell'architettura gotica in Piemonte…, Torino 1939, p. 136; Mostra della antica ceramica ligure, Genova 1939, pp. 48 s.; G. Morazzoni, La maiolica ligure, Milano 1951, pp. 25 s.; G.V. Castelnovi, Ricerche per il Guidobono, in Emporium, LXII (1956), 738, p. 243; I.M. Botto, Di alcuni fatti della maiolica ligure, in Riv. del Comune di Genova, XXXV (1958), 7, pp. 21 s.; Id., Proposte per un figulo dimenticato di G.A. G., ibid., 12, pp. 23-27; Id., La ceramica ligure nelle collezioni di palazzo Rosso a Genova, in Faenza, LI (1965), 3-4, pp. 71-73; Schede Vesme…, II, Torino 1966, p. 569; R. Rossello, La maiolica azzurra ligure, Albisola 1970, p. 11; C. Varaldo, Note sui Guidobono a Savona, in Atti del III Convegno internazionale della ceramica, Albisola… 1970, Savona 1970, pp. 225-237; La Pinacoteca civica di Savona (catal.), Savona 1975, pp. 210, 261; C. Barile, Antiche ceramiche liguri, maioliche di Genova e Savona, Savona 1975, pp. 56-60, 87-89; F. Marzinot, Ceramica e ceramisti di Liguria, Genova 1979, pp. 80, 205, 210 s., 214, 235, 255; S. Rocchietta, Antichi vasi da farmacia italiani, Milano 1986, pp. 65, 69 s.; E. Gavazza - F. Lamera - L. Magnani, La pittura in Liguria. Il secondo Seicento, Genova 1990, p. 423; A. Cameirana, Bartolomeo Guidobono ceramista savonese, in Ceramica antica, I (1991), 5, pp. 21 s.; Genova nell'età barocca, a cura di E. Gavazza - G. Rotondi Terminiello (catal., Genova), Bologna 1992, p. 373; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XV, p. 284.