LABUS, Giovanni Antonio
Nacque a Milano il 9 luglio 1806 dall'archeologo ed epigrafista Giovanni e da Teresa Pellegrini. Fu battezzato il giorno seguente nella parrocchia di S. Stefano Maggiore con i nomi di Filandro Giovanni Antonio. Studiò all'Accademia di belle arti di Brera con C. Pacetti e poi con il ravennate G. Monti.
A soli quattordici anni ottenne il primo riconoscimento ufficiale: gli fu infatti assegnata una medaglia d'onore per un busto di D. Bramante, destinato all'Ateneo di Brescia. Nel 1823 eseguì un ritratto della madre ad altorilievo, che venne collocato nella casa milanese della famiglia, e nel 1826 ricevette il primo premio al concorso governativo di Brera con il bassorilievo in gesso Allegoria in onore del Canova (Milano, Galleria d'arte moderna). L'opera tanto nella scelta del soggetto quanto nella resa formale testimonia, con la sua compostezza, la sua armonia e una certa idealizzazione dei personaggi, un'ispirazione ancora neoclassica e un forte debito nei confronti della formazione accademica ricevuta dal Labus.
I successi ottenuti sin dall'inizio della propria carriera portarono al L. molte commissioni pubbliche e private: fu infatti operoso in diverse città dell'Italia settentrionale, soprattutto a Milano e a Brescia, ma anche a Lugano e a Monza.
A Brescia realizzò per il cimitero la stele per la famiglia Monti, la Religione assisa sull'arca Noy e il monumento Maggi; scolpì anche un marmo raffigurante Diana, per l'Ateneo, del quale il L. fu socio onorario, e una statua di giovane con una cornucopia stracolma di frutta e verdura per la fontana di piazza del Mercato.
A Milano lavorò all'arco della Pace, collaborando con Monti all'esecuzione del bassorilievo raffigurante l'ingresso degli Austriaci in città e realizzando il busto della musa che presiede alle arti, Mnemosine, che costituisce la chiave di volta dell'arco di destra sulla fronte che guarda la città e ivi collocato nel 1829. Dal 1827 iniziò a lavorare per il cantiere del duomo, dove fu operoso sino alla fine dei suoi giorni, realizzando numerose statue e statuette tra le quali si ricordano per essere di maggior pregio: il S. Giacomo Minore (1842: cappella di S. Giovanni Evangelista e del Re Davide), i Ss. Publio e Frontone (1845: gugliotto Pestagalli), il S. Restituto (1856) e il S. Tommaso d'Aquino (1857), entrambi per il tamburo della grande guglia.
Si notano in queste opere, più vicine ai risultati formali della scultura di L. Bartolini e V. Vela, una fusione di idealismo e realismo sia nei volti sia nella resa del panneggio, un'espressività e un pittoricismo più intensi, che testimoniano il nuovo orientamento romantico dell'artista.
Una sempre maggiore attenzione alla resa veristica si ebbe nei ritratti più tardi, come quelli di Andrea Giovanolo da Cannobio (1843: Galleria d'arte moderna di Milano) e di Pietro Micca, che, commissionato nel 1856 da C. Lattuada di Pallanza, fu presentato l'anno seguente all'Esposizione di Brera (il modello in gesso è anch'esso alla Galleria d'arte moderna di Milano).
Tra le opere che sono considerate suoi capolavori si possono ancora ricordare la statua del matematico B. Cavalieri, nel cortile del palazzo di Brera, inaugurata nel 1844 in occasione del congresso degli scienziati italiani; il busto del vescovo di Brescia G.M. Nava, collocato nel coro della chiesa dei Ss. Faustino e Giovita nella stessa città e la statua del Beato G. Miani, realizzato per l'orfanotrofio maschile di Milano.
Negli ultimi anni della sua vita il L. si dedicò all'insegnamento della scultura nella scuola di disegno e plastica, che egli stesso volle aprire nel 1855 nell'Istituto dei sordomuti nel capoluogo lombardo.
Alla sua morte, avvenuta a Milano il 15 ott. 1857, il L. lasciò a tale scuola l'ampia collezione di oggetti d'arte antica e moderna conservata nel proprio studio; opere del L. furono ereditate dai figli Stefano e Carlo, nati dal matrimonio con la piemontese Rosa Giovanola.
Fonti e Bibl.: G. Reina, Descrizione dell'arco della Pace in Milano, Milano 1856, pp. 7, 12; A. Caimi, Delle arti del disegno e degli artisti delle provincie di Lombardia, Milano 1862, pp. 173 s.; D. Muoni, Famiglia Labus, in Storie municipali. Famiglie nobili. Ordini equestri, Milano 1875, pp. 11 s.; S. Fenaroli, Diz. degli artisti bresciani, Brescia 1877, p. 163; L. Malvezzi, Le glorie dell'arte lombarda, Milano 1882, p. 300; F. Odorici, Guida di Brescia, Brescia 1882, pp. 76, 149; V. Forcella, Iscrizioni delle chiese e degli altri edifici di Milano…, Milano 1911, VII, p. 110; VIII, p. 408; IX, pp. 101, 148; X, p. 158; G. Nicodemi - M. Bezzola, La Galleria d'arte moderna di Milano. Le sculture, Milano 1938, p. 135; G.L. Mele, Maestri del duomo. Appunti per un catalogo, in Il nostro duomo. Quaderni della città di Milano, 1960, n. 7, p. 153; R. Bossaglia, La scultura, in Il duomo di Milano, a cura di E. Cattaneo et al., Milano 1973, p. 136; Musei e Gallerie di Milano. Galleria d'arte moderna. Opere dell'Ottocento, a cura di L. Caramel - C. Pirovano, Milano 1975, p. 340, tavv. 1292-1296; Scultura romantica e floreale nel duomo di Milano (catal.), a cura di R. Bossaglia - M. Di Giovanni, Milano 1977, pp. 4 s.; F. Robecchi, Viaggio tra le incongruenze urbane di Brescia. L. dimenticato, in Giornale di Brescia, 24 dic. 2000; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXII, p. 173; P.A. Corna, Diz. dell'arte in Italia, Piacenza 1930, II, p. 574; A.M. Bessone-Aurelj, Diz. degli scultori ed architetti italiani, Roma 1947, pp. 297 s.; J. Mackay, The Dictionary of Western sculptors in bronze, Suffolk 1977, p. 218; A. Panzetta, Diz. degli scultori italiani dell'Ottocento e del primo Novecento, Torino 1994, I, p. 161; II, fig. 456.