PETRUCCI, Giovanni Antonio
Secondogenito di Antonello Petrucci, o de Petruciis (v.), entrò, giovane ancora, nella corte napoletana come consigliere e segretario regio. Il padre, ansioso di consolidare la sua posizione nel rango dei baroni del regno, gli cedette la contea di Policastro, uno fra i tanti feudi da lui accumulati, e gli procurò la mano di Sveva Sanseverino, figlia del conte di Lauria e nipote del principe di Salerno, proprio quando costoro ordivano la famosa congiura, che avrebbe dovuto spodestare l'Aragonese. Fu la prova palmare del tradimento dei Petrucci e l'inizio della tragedia che li avrebbe spogliati, insieme con altri baroni, dei beni e della vita. Condannato alla decapitazione, G. A. affrontava sereno il supplizio l'11 dicembre 1486: era sui trent'anni.
Nella torre di San Vincenzo, ov'era stato rinchiuso, egli trasfuse in un Canzoniere (una collana di ottantatré sonetti in un caratteristico volgare) il travaglio della sua anima torturata. Uomo colto, accademico pontaniano, studioso della poesia e del pensiero antico, in cordiali relazioni con i più celebri umanisti che insegnarono nello Studio napoletano nella seconda metà del Quattrocento, il P. ebbe della vita la visione propria degli umanisti. Pur restando cristiano, dall'intimo del suo animo naturalmente malinconico e pessimistico, egli vide il fato signoreggiare sulle vicende umane. E accenti ora di cupo sconforto ora di pacata rassegnazione pervadono il suo canzoniere, che, nato in circostanze fra le più
drammatiche, ha talvolta impeti d'un lirismo spontaneo e sincero ch'è vera poesia.
Bibl.: F. Torraca, Il conte di Policastro, in Studi di storia letteraria napoletana, Livorno 1884; G. Paladino, La fine del conte di Policastro secondo nuovi documenti, in Rass. critica della letter. ital., XIX; B. Croce, I versi d'un reo di stato: G. A. de P. nel volume Uomini e cose della vecchia Italia, s. 1ª, Bari 1927; E. Perito, La congiura dei baroni e il conte di Policastro, ivi 1926.