STANCARI, Giovanni Antonio
– Nacque a Bologna il 9 luglio 1668 da Domenico e da Dorotea Natali, entrambi membri del patriziato bolognese.
Suo fratello, nato nel 1678 dalle seconde nozze del padre Domenico con Caterina Gornia, era Vittorio Francesco, precoce e talentuoso matematico e segretario dell’Accademia degli Inquieti, morto prematuramente nel 1709. Lo zio paterno Sante era «maestro egregio di lettere umane» (Fantuzzi, 1790, p. 41) e insegnò la grammatica e le lettere a Giovanni Antonio, a suo fratello Vittorio e a un comune compagno di studi, Prospero Lambertini, il futuro papa Benedetto XIV, che lo ricorda come colui «che ci insegnò così bene la Gramatica, che in vigore d’essa ben appresa da lui siamo stati Cardinale, ed ora siamo Papa» (Bologna, Biblioteca universitaria, 3891, capsula LXIII, n. 7). Come risulta da uno scambio epistolare dell’ottobre del 1687 tra Stancari e lo zio, quest’ultimo ne seguì la formazione letteraria e fu prodigo di consigli sullo stile e la retorica dei componimenti del nipote (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, B. 938, p. 81). Sante morì nel 1692 e poco dopo fu seguito dal fratello Domenico, padre di Giovanni Antonio. A quel punto, Stancari curò personalmente la formazione privata del promettente fratello Vittorio e scelse i suoi precettori, tra cui il collega accademico degli Inquieti Eustachio Manfredi.
Stancari fu membro dell’Accademia degli Inquieti fin dalla sua formazione nel 1691, quando era ancora studente di medicina nello Studio bolognese. L’Accademia fece proprio l’indirizzo di ricerca sperimentale solo a partire dai primi anni del XVIII secolo, quando personaggi come Antonio Maria Valsalva e Giovanni Battista Morgagni – continuatori ideali dell’opera di Marcello Malpighi – iniziarono ad avvalersi della strumentazione messa loro a disposizione da Luigi Ferdinando Marsili, nella cui dimora gli Inquieti si trasferirono a partire dal 1704. Marsili fondò infine l’Istituto delle scienze nel 1711 e nel 1714 gli Inquieti vennero inglobati al suo interno come Accademia dell’Istituto delle scienze. Stancari fu membro attivo e partecipe di tutte le incarnazioni dell’Accademia. Le accademie scientifiche bolognesi della seconda metà del XVII secolo facevano proprie le esperienze europee e fiorentine, ma le innestavano su una tradizione universitaria fortissima, e in particolare sulla consuetudine delle lezioni private nelle case dei professori (Cavazza, 1990, p. 42). Stancari, che era sia accademico sia professore nello Studio, incarnò la difficile ma sempre ricercata complementarietà tra queste due istituzioni, nonché tra le esigenze della filosofia aristotelico-galenica tradizionale e la sperimentazione di stampo galileiano-malpighiana.
Stancari ricevette la laurea dottorale in medicina e filosofia il 18 dicembre 1694. Un opuscolo a stampa del 1696 annuncia e riassume il contenuto di una pubblica discussione delle tesi che aveva proposto per il dottorato.
Si tratta di 12 tesi sulla febbre, la circolazione del sangue e il cosiddetto moto fermentativo del sangue, che mettono insieme dimostrazione anatomica e analisi chimica della fermentazione dei liquidi. Alcune delle tesi finali trattavano anche dell’efficacia terapeutica della flebotomia e dei vescicatori, qui messa in discussione in favore di rimedi iatrochimici che favorivano la sudorazione e la purificazione del corpo per via urinaria.
Nel primo decennio del XVIII secolo Stancari iniziò la sua brillante carriera universitaria, interrotta solo dalla morte, e contemporaneamente si dedicò a un’intensa attività di sperimentazione all’Accademia degli Inquieti. Michele Medici (1846, p. 288) ricorda lo spirito cameratesco che vigeva tra gli Inquieti in quei primi anni del Settecento, in cui i giovani Valsalva, Manfredi, Stancari e Morgagni aprivano cadaveri, osservavano e sperimentavano con le strutture anatomiche di uomini e animali. A partire dal 1701-02 Stancari fu iscritto nei registri dei lettori dello Studio bolognese come supplente di anatomia e nello stesso anno iniziò a insegnare logica. Dal 1704 diventò lettore in medicina teorica, mentre restò nella lista di coloro che si occupavano della pubblica dissezione nel teatro anatomico fino alla sua morte. Dal 1710 fu eletto alla cattedra ordinaria di medicina pratica. Infine, a partire dall’anno 1718 tornò lettore di medicina pratica straordinaria, insegnamento che tenne fino alla morte. Giovanni Fantuzzi (1790, p. 41), ricorda che fu molto apprezzato dagli studenti e sottolinea le sue doti di pratico e la sua vastissima clientela internazionale.
Come Inquieto prima e accademico delle scienze poi, Stancari presentò diverse relazioni tra il 1704 e il 1718 su temi che vanno dalla farmacologia all’anatomia. Innanzitutto presentò all’Accademia degli Inquieti il De aure humana (1704) di Valsalva nel corso di tre relazioni, probabilmente nel 1705. Il 18 dicembre 1705 trattò De fungo quodam militensi e De opio; il 29 maggio 1717 discusse De systemate Antonii Pacchioni [...] circa duram meningem, argomento che riprese e ampliò poi il 16 dicembre 1718 con una relazione intitolata De dura meninge. L’ultima relazione divenne un opuscolo pubblicato nel primo tomo dei Commentarii dell’Accademia dell’Istituto delle scienze nel 1731 (De bononiensi scientiarum), mentre le altre relazioni – a eccezione delle sedute su Valsalva – vennero riassunte da Francesco Zanotti nel medesimo volume.
Per quanto riguarda l’oppio, Stancari sostenne che esso induceva il sonno perché conteneva una sostanza oleosa e dei sali volatili, i quali agivano su una sorta di linfa che veniva poi portata dalle arterie fino al cervello, dove infine esercitava i suoi effetti sulle fibre midollari da cui partivano in nervi. La memoria sul fungus melitensis trattava di un farmaco contro le emorragie da somministrare per via orale disciolto nel vino. I suoi lavori più importanti e noti riguardano però la ‘dura meninge’ e l’anatomia del cervello. Antonio Pacchioni, amico e allievo di Malpighi a Roma, credeva di aver dimostrato che la dura madre fosse di natura muscolare, una membrana analoga al cuore, e descrisse «i vasi linfatici che irrigano la superficie convessa della dura meninge» (De Renzi, 1966, p. 178). Pacchioni descrisse la contrazione della dura madre e ipotizzò che essa favorisse la circolazione del sangue nel cervello e del ‘fluido nerveo’ nei nervi. Questo ‘sistema’ conquistò personalità importanti come Giorgio Baglivi e Giovanni Maria Lancisi, i quali concordavano con Pacchioni nel ritenere che i nervi ricevessero dalla dura madre, sostanza sensibile e irritabile, ogni loro facoltà, e quindi che attraverso quella membrana si spiegasse l’influenza del cervello sul corpo. Francesco Zanotti ricostruì nei Commentarii le vicende che precedettero la pubblicazione dell’opuscolo di Stancari. Pacchioni aveva chiesto che l’Accademia bolognese si pronunciasse sul suo sistema. L’istituto incaricò Valsalva, che rifiutò per i troppi impegni, e poi Pietro Nanni, che però morì prematuramente. Alla fine fu incaricato Stancari, che confermò il sistema di Pacchioni pur avanzando alcuni dubbi su piccoli dettagli, sostenuti da nuove osservazioni anatomiche. L’Accademia accettò la relazione di Stancari e incaricò Matteo Bazzani di riferire a Pacchioni, il quale pubblicò poco dopo a Roma la lettera di Bazzani e i pareri di altri medici a sostegno del suo sistema.
Tra il 1710 e il 1718 Stancari ebbe il picco della sua carriera e servì anche come medico dell’ospedale di S. Maria della morte, già da quasi due secoli luogo della formazione clinica degli studenti di medicina. Nel dicembre del 1709 il Protomedicato di Bologna, la magistratura che legiferava in materia sanitaria e raccoglieva l’élite dei medici cittadini, procedette all’esame delle prove di cittadinanza necessarie per l’elezione di Stancari al Collegio dei medici. I testimoni confermarono che Giovanni Antonio «non ha mai essercitata alcuna arte, ma anzi ha sempre atteso agli studii, avendo sostenute pubbliche conclusioni, et è lettore pubblico, leggendo Medicina, et anche ha già sostenuta la pubblica catedra anatomica, come si sa, et è pubblico, e notorio» (Archivio di Stato di Bologna, Studio, 238). Stancari fu aggregato al Collegio di medicina il 16 gennaio 1710.
Sempre a questo periodo risale un suo parere, firmato con il chirurgo Sebastiano Trombetti e diretto al tribunale criminale del Torrone, istituzione direttamente sotto il controllo papale, o all’Inquisizione sull’inopportunità di sottoporre i malati di ernia alla tortura giudiziaria. I due autori scrissero una disquisizione sui vari tipi di ernie servendosi di testi di Ambroise Paré, Fabry von Hilden, Michael Ettmüller, Paolo Zacchia. Si trattava di un rapporto tecnico inquadrabile in una lunga tradizione in cui il potere giudiziario o inquisitoriale si serviva di pareri medici prima di mettere in pratica la tortura. Il rapporto si chiudeva con le seguenti parole: «Crediam noi per tanto non potersi senza gravissimo, e manifesto pericolo sottomettersi alla Tortura coloro, che di questi mali affetti, ed incomodati si ritrovano» (Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, B. 467, p. 210).
Stancari era in rapporti di amicizia con papa Benedetto XIV, che ebbe anche occasione di curare. A questi non fece mancare una lettera di felicitazioni per la sua elezione al soglio nel 1740, in cui chiedeva anche che un suo nipote a Roma venisse trattato con un occhio di riguardo grazie al legame che li univa. Nella stessa lettera del 1744 in cui ricordava gli studi con lo zio Sante Stancari, Benedetto XIV scrisse di Giovanni Antonio «che anni sono ci liberò da una malattia, che non ben medicata poteva avere peggior seguito» (Bologna, Biblioteca universitaria, 3891, capsula LXIII, n. 7, p. 210).
Accademico dell’Istituto, medico all’ospedale, professore nello Studio, membro del Collegio medico, amico e medico del papa bolognese, la carriera di Stancari, seppur non segnata da pubblicazioni di grande importanza, è un ritratto delle fortune cui un medico poteva aspirare in età moderna in una città come Bologna.
Giovanni Antonio ebbe cinque figli da Anna Comini: il gesuita Domenico, Giovanni Battista, medico, e poi Vittorio, Lucia e Francesca.
Morì a Bologna il 14 novembre 1748.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Bologna, Assunteria di Studio, Requisiti dei lettori, vol. 55, b. 38, Studio 238, 413ter; Bologna, Biblioteca comunale dell’Archiginnasio, B. 938, vol. IX, B. 701, vol. IV, Alberi genealogici, n. 147, B. 477, Misc., Parere di Giovanni Antonio Stancari e Antonio Sebastiano Trombetti sulla tortura, n. 3, pp. 203-211; Biblioteca universitaria, 3891, capsula LXIII, n. 7, Lettere di Benedetto XIV a Giovanni Antonio Stancari.
V.F. Stancari, Schedae mathematicae post ejus obitum collectae ejusdem Observationes astronomicae, Bologna 1713, c. 1; De bononiensi scientiarum et artium Instituto atque Academia commentarii, Bologna 1731, t. 1, pp. 134-138, 158-163, 334-344; A. Portal, Histoire de l’anatomie et de la chirurgie, V, Paris 1770, p. 59; G. Fantuzzi, Notizie degli scrittori bolognesi, VIII, Bologna 1790, pp. 39-41; M. Medici, Joannis Antonii Stancarii anatomici, et medici bononiensis elogium. Novi commentarii Academiae scientiarum Instituti bononiensis, Bononia 1846, pp. 281-298; S. Mazzetti, Repertorio di tutti i professori antichi e moderni della famosa Università e del celebre Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1848, p. 295; Id., Compendio storico della Scuola anatomica di Bologna dal rinascimento delle scienze e delle lettere a tutto il secolo 18, Bologna 1857, pp. 216 s.; S. De Renzi, Storia della medicina italiana, IV, Napoli 1966; Anatomie accademiche, I, I commentari dell’Accademia delle scienze di Bologna, a cura di W. Tega, Bologna 1986, pp. 109-119, II, L’enciclopedia scientifica dell’Accademia delle scienze di Bologna, a cura di W. Tega, Bologna 1987, p. 214, III, L’Istituto delle scienze e l’Accademia, a cura di A. Angelini, Bologna 1993, pp. 316, 319 s.; M. Cavazza, Settecento inquieto: alle origini dell’Istituto delle scienze di Bologna, Bologna 1990, pp. 33-60.