ARBORIO, Giovanni
Nato da nobile famiglia vercellese guelfeggiante, fu dapprima monaco e poi abate del monastero benedettino di S. Genuario di Lucedio. Nel marzo del 1243 ebbe parte importante nelle trattative tra il legato pontificio Gregorio da Monte Longo e il Comune di Vercelli per il passaggio di quest'ultimo a parte guelfa. Per ordine del papa Innocenzo IV, nel 1244 fu eletto vescovo di Torino dallo stesso legato. Il capitolo torinese, che in precedenza aveva fatto altra nomina respinta dal papa, si rifiutò di riconoscerlo. Invano Artaldo, prevosto di Biella, per mandato del pontefice, tentò di immettere l'A. nel possesso del palazzo vescovile e del vescovato. Il 13 genn. 1254 l'eletto ricevette l'omaggio del marchese di Monferrato per i beni che costui teneva in feudo dalla Chiesa di Tormo; nel giorni successivi ebbe l'omaggio dei signori di Lanzo e di Ciriè e il giuramento di fedeltà del clero di alcune località minori della diocesi, ma non poté mettere piede in Torino. Nonostante le scomuniche, che, più volte, nel corso del 1245, furono lanciate contro il capitolo torinese, questo, favorito dal prevalere delle forze ghibelline nella città, persistette nella ribellione fin dopo la morte di Federico II. Poco sappiamo dell'A. in quegli anni. In un documento del 22 luglio 1252 si accenna vagamente a una prigionia da lui subita "in servicio Romane Ecclesie et eius partis" ad opera dei Casalesi e dei Pavesi, ma non è possibile dire quando e dove egli sia stato catturato e per quanto tempo sia stato tenuto in carcere. Risulta soltanto che era in libertà nel maggio del 1246, che lo era pure nel settembre del 1248 e nel maggio del 1249.
Rientrato papa Innocenzo IV in Italia, l'A. lo raggiunse in Genova per protestare contro Amedeo IV e Tommaso II di Savoia, che non volevano consegnargli alcuni castelli. Il 3 luglio 1251 era presso il papa in Pontestura e ivi, alla presenza dei cardinali Ottaviano degli Ubaldini e Giovanni Orsini, incaricati dal papa di risolvere la questione, riceveva da Tommaso II la promessa della restituzione del castello di Montosolo entro quindici giorni; di Castelvecchio entro tre mesi; per Moncalieri il conte si dichiarava disposto a lasciare all'eletto tutti i diritti che la Chiesa di Torino potesse dimostrare di avervi; per Lanzo prometteva di ubbidire agli ordini dei papa. Nella seconda metà del 1251 o, al più tardi, al principio del 1252, l'A. poté insediarsi in Torino, però senza essere consacrato, poiché nei documenti successivi viene, di solito, designato come eletto. Non erano cessate le ragioni di contesa con Tommaso II, che, avendo sposato una nipote del pontefice, dopo aver restituito Montosolo, non manteneva gli altri impegni presi. Innocenzo IV dimostrava ora di essere più intento a favorire il nuovo nipote che a tutelare gli interessi temporali della Chiesa di Torino. Stanco e amareggiato, l'A. nel gennaio del 1253 chiese e ottenne di poter rinunziare al vescovato; in cambio, Innocenzo IV ordinò che gli fosse assegnato un vitalizio sui redditi della Chiesa torinese. La rinunzia non fu però mantenuta, giacché il 6 marzo 1254 il papa dispensò l'A. dal rendere conto dell'amministrazione temporale del vescovato, sia per il tempo passato sia per il futuro, almeno fino a che egli ne avesse il governo con il consenso papale.
Si ritiene che l'A. sia morto nel 1257.
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