ARNOLFINI, Giovanni
Figlio di Arrigo di Arnolfino e "civis lucensis", nacque con ogni probabilità alla fine del sec. XIV, poiché nel 1420 era fattore del concittadino Marco Guidiccioni, "maistre d'hotel" del duca di Borgogna Filippo il Buono e ben introdotto negli ambienti finanziari fiamminghi, in cui operavano tanti influenti banchieri lucchesi (Rapondi, Cenami, Sbarra). E ad una tipica attività di speculazione finanziaria, a Bruges, si diede l'A. quando nel 1421, in seguito ad una difficile congiuntura per le autorità locali, egli, mediante una serie di accorte transazioni fondate su acquisti e vendite a termine, cominciò a guadagnare ingenti somme di denaro. Il capitale che andava accumulando, l'A. lo investiva, del resto, nel commercio degli arazzi, che già nel 1423 lo metteva in contatto con lo stesso duca di Borgogna, Filippo il Buono, acquirente di "six pièces de tapisseries faites et ouvriées bien richement" per 345 libre. Con Filippo, inoltre, l'A. ebbe modo di stringere ottimi rapporti poiché gli servì da tramite per quelle operazioni di usura mascherata cui il duca non poteva apertamente ricorrere e nelle quali l'A. si era mostrato astuto mediatore.
Così il 1º marzo 1425 l'A. vendeva al duca a partita di drapperia di lana con pagamento dilazionato di un anno e guadagnando, su di un prezzo complessivo di 2219 libre 39 soldi e 12 grossi, una somma pari al 25% del totale.
Prestiti, e cospicui guadagni, vendite di panni alla corte borgognona ed una molteplice attività di affari, non solo procurarono all'A. notevoli ricchezze - gli riuscì di vantare un credito di 14805 libre 10 soldi 6 denari ! - ma lo misero in una posizione di indubbia preminenza in seno alla ricca colonia lucchese di Bruges e nei rapporti con le autorità borgognone. Così che all'A. si dovettero rivolgere gli Anziani di Lucca nel luglio 1448 per indurlo a sbloccare una partita di drappi di mercanti milanesi - già osteggiati da Niccolò, Piccinino - le cui rimostranze, rimbalzate, attraverso le autorità competenti di Milano, sino a Lucca, vi avevano generato non poca preoccupazione, nel timore di rappresaglie. Ed anche all'A. venivano raccomandati cittadini fiorentini nel dicembre dello stesso 1448 "sicché bene quella Signoria di Firenze dir possa che in Lucha et fuori lo animo nostro et de' nostri esser conforme ad ogni sua richiesta a noi domandata justamente". Ammissione della soggezione lucchese a Firenze, temperata da una velleità di salvare le apparenze ("a noi domandata justamente") che comunque fatta ad un privato cittadino, e per di più all'estero, ne sottolineava la non comune autorità goduta fuori di patria e l'alta stima dei concittadini. Nel 1455 l'A. strinse rapporti di amicizia col Delfino, il futuro Luigi XI, "il re volpone", che si era fermato a Gemappe, nella sua fuga dal territorio francese. Vi ricevette, a giudicare dal suo comportamento successivo, un sostanziale aiuto dall'uomo di affari lucchese: nell'agosto del 1461 divenuto re Luigi XI, l'A. veniva nominato consigliere generale e governatore della Finanza in Normandia. Nel 1462 era consigliere del re, ottenendo la naturalizzazione francese nell'aprile del 1464.
Anche in tali cariche l'A. svolse, come già prima presso il duca di Borgogna, ufficio di mediatore fra cittadini lucchesi ed il re, anche per permettere, talvolta, ai primi di rientrare in possesso delle somme di denaro che, sia sotto forma di vendita di panni, sia sotto forma di prestiti veri e propri, erano state concesse alla corte francese. Ne reca testimonianza una lettera dell'A. a Luigi XI del 28 novembre 1461, scritta in favore di suo cognato Giacomo Cenami.
Ma intervento più importante e significativo dell'autorità conseguita dall'A. fu quello, coronato da successo, inteso a procurare un salvacondotto a due inviati di Margherita d'Angiò, moglie di Enrico IV Lancaster, al re di Francia, durante la guerra delle Due Rose (1463).
Scoppiate le ostilità tra il re di Francia ed il ducato di Borgogna, tuttavia (1465), l'A. non esitò ad abbandonare Rouen, ove risiedeva, per riparare a Bruges, mostrando di essere memore dei benefici ricevuti da Filippo il Buono. Pur continuando l'attività prediletta di banchiere, l'A. anelava, comunque, ad un ritorno in patria dove aveva sperato da tempo di acquistare una casa già degli Arnolfini, ma ceduta ai canonici lateranensi di Fregionaia e perciò inalienabile. E tanto gli Anziani avevano desiderato il ritorno dell'insigne cittadino che si erano già innanzi (1458) risolti a scrivere a Niccolò V perché volesse concedere il permesso dell'acquisto della casa, cara all'Arnolfini. Ma in essa ed in patria egli non doveva morire: a Bruges si spegneva l'11 sett. 1472.
Nel testamento dispose, tra l'altro, che gli esecutori curassero la fondazione di un beneficio di una messa piana da celebrarsi quotidiariamente nella chiesa di S. Martino di Lucca: onde il capitolo di quella cattedrale ebbe in dote, in beni terrieri, 500 ducati.
Aveva sposato già prima del 1434 Giovanna Cenami, che una tradizione volle "nata ex sanguine regio". E di quest'unione rimane delicatissimo ricordo, espressione di affettuosa amicizia, nonché esempio di arte raffinata, il quadro che Giovanni van Eyck, in un soggiorno presso la casa dell'A., nel 1443, dedicò ai "Coniugi Arnolfini ".
Fonti e Bibl.: Per tutte le fonti relative alla vita di G. A. - e per una precisa presentazione della sua attività - basta il saggio di L. Mirot-E. Lazzareschi, Un mercante di Lucca in Fiandra. Giovanni Arnolfini,estr. da Bollett. stor. lucchese,XVIII (1940), pp. 1-27.