ARRIVABENE, Giovanni
Nacque a Mantova il 21 genn. 1787 da nobile famiglia. Suo padre Alessandro, già deputato ai comizi di Lione, ma poi avverso al dominio francese, dovette trascorrere l'ultima parte del periodo napoleonico in esilio con la famiglia. Giovanni tornò in Lombardia prima del 1814, ma, durante la Restaurazione, sospettato di liberalismo si vide sopprimere una scuola di mutuo insegnamento da lui fondata per i fanciulli della Zaita, una sua proprietà nei pressi di Mantova. In contatto con la carboneria dal settembre 1820 attraverso il Porro Lambertenghi, il Confalonieri e il Pellico, subì una perquisizione della sua casa mantovana nel febbraio 1821, venne arrestato e condotto a Venezia, dove, nei Piombi, divise il carcere con Maroncelli. La polizia austriaca tuttavia non riuscì a provare la sua colpevolezza, per cui il 21 dicembre fu rimesso in libertà. Per evitare un sicuro secondo arresto riparò dapprima in Svizzera, dove strinse amicizia con Pellegrino Rossi e col Sismondi, e quindi, dopo un breve soggiorno a Parigi durante il quale apprese di essere stato accusato di alto tradimento e condannato a morte, passò in Inghilterra nel dicembre del 1822.
A Londra, pur partecipando alla vita intellettuale e mondana delle classi colte della città, attese all'approfondimento degli studi di economia, frequentando il Took, il Mc Culloch, il Mill e stringendo una viva e duratura amicizia col Senior. Frutto di questi studi, fu un'opera Sulle società e istituzioni di beneficienza della città di Londra, il cui primo volume (Lugano 1828) meritò una favorevole recensione di Pellegrino Rossi nel numero di gennaio della Bibliothèque universelle des Sciences, Belles-Lettres et Arts di Ginevra; il secondo volume uscì quattro anni dopo.
Nella primavera del 1827 l'A. si trasferì in Belgio ospite dei conti Arconati, che avevano fatto del loro castello di Gaesbeek un luogo d'incontro di uormini di cultura europ,-i, tra i quali naturalmente prevalevano gli esuli italiani. Poté così frequentare, tra gli altri, Claude Fauriel e Giovanni Berchet, mentre continuava a dedicarsi agli studi economici. Su suggerimento del Rossi cominciò in questo periodo la traduzione degli Elementi di economia politica di James Mill, pubblicata poi a Lugano con una sua nutrita introduzione nel 1833. Contemporaneamente andava verificando le sue idee con lo studio della viva realtà sociale del Belgio: pubblicava sempre a Bruxelles nel 1832 il breve saggio Considérations sur les principaux moyens d'améliorer le sort des classes ouvrières e redigeva un'inchiesta sulle condizioni di vita degli agricoltori del comune di Gaesbeek, con criterio statistico abbastanza rigoroso e originale (non erano ancora uscite le opere del Villarmé, del Fix, del Reybaud) a mezzo d'un questionario di 154 domande intorno all'economia, all'amministrazione, al costume di quella comunità. L'inchiesta, che gli era stata sollecitata dall'amico N. W. Senior, allora membro di una commissione parlamentare inglese incaricata di raccogliere dati per la riforma della tassa dei poveri, fu inserita negli atti del Parlamento inglese del 1833 e successivamente più volte ristampata a Bruxelles.
Già in queste prime opere si delineano i caratteri salienti dello scrittore: la formazione razionalistica, la fiducia nelle "buone istituzioni" e nel "naturale" sviluppo delle forze economiche tendente alla giusta formazione del valore delle merci e dei salari, alla libera circolazione dei capitali, al retto equWbrio tra ricchezza e popolazione; l'atteggiamento aristocratico e paternalistico verso le classi lavoratrici. Chiara espressione delle sue idee sui compiti dell'econoniia politica è la prefazione ai Principes fondamentaux de l'économie politique (Paris 1836), che raccoglieva, riordinate e tradotte in francese, le lezioni oxoniensi del Senior. L'A. rivendica all'economia politica il carattere di scienza sperimentale sforzandosi di confutare le tesi di coloro che la pongono a base di disegni riformistici e rivoluzionari: non è suo compito bandire i mali derivati dalla nuova civiltà industriale, può tutt'al più segnalarli e analizzarli; quanto ai negativi effetti sociali dell'industrialismo, egli crede che la saggezza della borghesia britannica sia sufficiente garanzia per il loro superamento.
Alla fine del 1838, in seguito all'amnistia concessa dall'imperatore Ferdinando, l'A. non solo ottenne l'emigrazione legale e la revoca del sequestro dei beni, ma si fece concedere dall'autorità di quella ch'egli ormai considerava la sua seconda patria, la naturalizzazione ordinaria. Assai considerato dalla classe dirigente belga uscita dalla rivoluzione del 1830, fu chiamato a ricoprire importanti incarichi: nel 1845 fece parte della commissione governativa incaricata di studiare i mezzi necessari per migliorare le condizioni dei lavoratori; si occupò del problema dell'emigrazione in relazione al sensibile aumento della popolazione e, con Félix de Merode, ideò una "Compagnie belge de colonisation" per organizzare gli emigrati in stabilimenti agricoli e industriali nel Guatemala; svolse nel 1846 una missione ufficiosa, rimasta senza esito, presso l'amico Guizot per tentare di realizzare uno Zollverein franco-belga; l'anno seguente fu tra i promotori del Congresso economico di Bruxelles dal quale ebbe origine quella Società belga di economia politica, da lui presieduta, che fu la più conseguente propugnatrice della riforma doganale in senso liberoscambista; nel giugno 1850 infine fu eletto consigliere provinciale del Brabante.
Tra gli scritti economici di questo periodo si segnalano la memoria Della relazione fra l'imposta fondiaria ed il prezzo dei prodotti agrari... (1850, in Alcuni scritti..., pp. 271-85), in cui si sostiene, in polemica con l'opera del Thiers sulla proprietà, che l'aumento della prima non determina necessariamente l'aumento del secondo; e un saggio sulla Teoria della rendita (1850, ibid., pp. 312-33) dove, forse con originalità teorica maggiore che altrove, l'A. cerca di confutare le teorie economiche antiproprietarie con riferimento chiaro anche se non esplicito a Proudhon. In altri scritti si occupò degli effetti del protezionismo, dell'economia rurale inglese, francese e belga, dell'abolizione in Belgio del dazio comunale di consumo (octroi), dell'organizzazione dei depositi di mendicità, dell'istruzione popolare.
La notorietà derivatagli dall'attività scientifica e politica diede modo all'A. di incontrare e stringere rapporti proficui con personalità eminenti della cultura europea che le varie circostanze portavano a soggiornare a Bruxelles. Nel 1849, siintrattenne lungamente col Bastiat da lui considerato un maestro dell'economia; dopo il colpo di stato di Luigi Napoleone ebbe occasione di conoscere, tra gli illustri oppositori del nuovo reaime riparati a Bruxelles, il Tocqueville e il Quinet. Frequentò Vincenzo Gioberti, per il quale nutriva una profonda amicizia, anche se il suo realismo non gli impediva di giudicare utopia la vagheggiata confederazione guelfa con alla testa il papa. Nel 1845, durante un viaggio a Torino, ragionò a lungo d'economia e di politica col giovane Cavour e nel 1848 a Milano, dov'era accorso subito dopo l'entrata delle truppe piemontesi, conobbe il Cattaneo e fu colpito dalla sua vivida intelligenza, pur respingendo il suo federalismo repubblicano.
In seguito alle vicende della guerra del 1859 l'A. tornò in Italia e, nel febbraio 1860, fu nominato senatore. Stabilitosi a Torino, prese parte attiva ai lavori del Senato e come presidente di commissione e come relatore di leggi sul nuovo assetto economico italiano. In un opuscolo del 1863 (Lettera all'on. sen. Scialoja sul Trattato di commercio tra l'Italia e la Francia, in Alcuni scritti..., pp.455-73) difese il trattato di commercio stipulato con la Francia e ribadì le sue vecchie tesi sui vantaggi politici ed economici del liberoscambismo, tracciandone la recente storia nelle differenti nazioni europee. Anche a Torino fu chiamato a presiedere l'appena costituita Società di economia politica. Dopo il passaggio della capitale a Firenze presiedette colà una commissione incaricata di preparare il disegno di legge per l'imposta di ricchezza mobile. Con l'annessione dei Veneto nel 1866, anche Mantova poté riunirsi all'Italia ed egli volle subito tornare a prendervi dimora dopo un'assenza di 45 anni, accolto trionfalmente dai suoi concittadini che lo vollero poi presidente del consiglio provinciale.
Nonostante l'età avanzata continuò per lunghi anni a seguire attivamente la vita politica condividendo il punto di vista della Destra; si occupò dello sviluppo dell'agricoltura propagandando la necessità d'un largo credito agrario. Ma il suo atteggiamento verso la questione sociale risentì szmpre dei limiti propri del suo paternalismo filantropico. Per tutta la vita si dedicò alla beneficenza e vide con simpatia il propagarsi delle società operaie di mutuo soccorso, ma sentì un'istintiva ripulsa per un qualsiasi manifestarsi del "desiderio socialistico" tra le masse. Dopo la caduta della Destra, in occasione dell'abolizione della tassa sul macinato, espresse la propria solidarietà al Sella e alla sua politica economica in una pubblica lettera a Marco Minghetti del 1878 in cui si ribadisce il classico concetto conservatore che "una sufficiente mercede" può essere garantita solo da una buona condizione delle finanze e si auspica il rafforzamento dello Stato contro ogni sovversione. Nel 1859 l'A. aveva dato alle stampe un libretto sugli anni d'esilio, Intorno a un'epoca della mia vita (in Alcuni scritti..., pp. 1-97),che ebbe un grande successo anche nelle traduzioni francese e tedesca e che fu poi rifuso nel primo volume delle Memorie della mia vita, pubblicato a Firenze nel 1879; il secondo volume uscì postumo nel 1884. Gran parte dei suoi scritti economici fu raccolta da Dino Carina nel volume Alcuni scritti morali ed economici, Firenze 1870.
Morì, a Mantova l'11 genn. 1881.
Bibl.: D. Carina, prefazione a Alcuni scritti... cit., Firenze 1870; L. Fagan, Lettere ad Antonio Panizzi, Firenze 1880, pp. 153, 239; S. Cognetti de Martiis, Commemorazione del Senatore G. A., Mantova 1882; M. Battistini, Esuli e viaggiatori italiani in Belgio, in Nuova Riv. Stor., XVI(1932), p. 378 ss.; Id., La corrispondenza del conte G. A.... col belga Salvador Mochange, in Bullet. de l'Inst. hist. belge de Rome, XXIII(1944-46), pp. 219-308; G. Infante, Lettere inedite di G. A. a G. Massari (1840-1846), in Arch. stor. pugliese, I(1948), pp. 33-69; R. O. J. Van Nuffel, G. A. consigliere provinciale per il Brabante, in Rass. stor. del Risorgimento, XLI (1954), pp. 609-619; Id., G. A. nell'esilio ,in Atti e mem. d. Accad. virgiliana, n. s., XXIX (1954), pp. 43-63; Id., G. A., in Biographie Nationale, XXIX (suppl. t. I, fasc. 1), Bruxelles 1956, coll. 150-53; Id., De economist A. europese figuur, in Jaarboek der Rijkshandishoyeschool te Antwerpen,1957, pp. 36-46; Il carteggio Arrivabene-Massari, in Atti d. Istituto veneto di scienze, lettere e arti, classe di scienze morali e letter., CXX (1957-58), pp. 395-463, a cura e con intr. di R. O. J. Van Nuffel.