BARATTA, Giovanni
Figlio di Isidoro, nacque a Carrara il 13 maggio 1670. Allievo di G. B. Foggini a Firenze, pare che abbia studiato anche con M. Soldani, probabilmente per apprendere l'arte di lavorare il bronzo. Si recò quindi a Roma dove nel 1691 vinse il secondo premio per la scultura all'Accademia di S. Luca. A Roma lavorò per un certo tempo con Camillo Rusconi che, fra tutti i suoi maestri, esercitò sulla sua arte l'influsso più duraturo. Nel 1696 tornò a Firenze e si stabilì a casa Guerrini dove visse per altri dodici anni. Subito dopo il suo ritorno a Firenze il B. si mise a lavorare a un grande bassorilievo con Tobia e l'angelo per la chiesa di S. Spirito, compiuto nel 1698. In questo rilievo, pur essendo evidenti gli influssi del Rusconi, la dolcezza, la soavità e l'eleganza dell'insieme sono già premonitrici dei Settecento. Intorno al 1700 eseguì una statua, in scala gigantesca, di S. Tommaso per la chiesa dei SS. Michele e Gaetano a Firenze. Si hanno poche notizie del B. nel primo decennio del secolo: il contemporaneo Gabburri afferma che a un certo punto della sua vita il B. lavorò a Genova e a Lucca e questo potrebbe essere avvenuto tra il 1700 e 1706. A Genova scolpì monumenti con i busti di Francesco Spinola e del cardinale Giulio Spinola per la chiesa di S. Caterina (distrutta alla fine del sec. XVIII). A Lucca eseguì un bassorilievo con Angeli che sorreggono un tabernacolo per la chiesa di S. Ponziano, più tardi trasportato a S. Frediano.
Nel 1706 il B. era a Firenze, fra i "professori festaioli" incaricati di allestire la mostra di opere d'arte alla SS. Annunziata per la festa di S. Luca, dove egli espose un quadro di S. Ricci appartenente alla sua collezione privata. Tra il 1706 e il 1709 modellò, per l'altar maggiore della collegiata di S. Lorenzo a Montevarchi, che era stato progettato da M. Soldani, figure in stucco di grande eleganza e vitalità. Secondo il Gabburri nel 1709, a Firenze, il B. ricevette la visita di Federico IV di Danimarca che comprò tutte le opere che erano nel suo studio: "Tali furono una statua di marmo di Ercole che sbrana il leone maggiore del naturale. Due statue pure di marmo di mezzana proporzione che una rappresentante Orfeo, l'altra Euredice". Tali opere sono ora nel giardino del castello di Rosenborg (Copenaghen), e tra esse l'Ercole è una delle opere più vigorose del Baratta. Egli scolpì anche una statua della Pace per il castello di Fredensborg e alcuni capitelli per il re di Danimarca. Per il re di Prussia scolpì, prima del 1713, alcune urne marmoree.
Il B. era ormai uno degli scultori italiani più stimati: nel 1710 l'architetto inglese sir John Vanbrugh disse al duca di Marlborough che il B. era tenuto "in grande considerazione" e consigliò che gli si ordinassero un paio di statue per Blenheim Palace. Il B. scolpì due grandi statue rappresentanti la Gloria e il Valore, che erano terminate nel 1715, ma restarono nel suo studio sino al 1721, quando furono acquistate dal duca di Chandos; il Valore è perduto; la Gloria (Cambridge, Fitzwilliam Museum) è opera delicatissima e assai raffinata, una delle più belle della scultura del '700 italiano in Inghilterra.
Intanto, tra il 1709 e il 1717, il B. lavorava a statue e bassorilievi per la chiesa di S. Ferdinando a Livorno. Di essi il più importante è il gruppo sull'altar maggiore rappresentante un Angelo che libera due schiavi. Anche se la composizione non è molto felice, la figura centrale con il moro inginocchiato è bellissima. Nella stessa chiesa sono del B. gli elegantissimi bassorilievi con Fede, Speranza e le quattro Virtù cardinali. Probabilmente il B. diede anche i disegni per altre quattro statue di qualità più modesta che sarebbero state eseguite da un suo assìstente. Nello stesso periodo pare che il B. abbia scolpito una coppia di angeli per l'altar maggiore di S. Verdiana a Castelfiorentino.
Nel 1719 si apre una seconda fase nella carriera del B.: egli eseguì due statue per la facciata della chiesa di S. Teresa a Torino, su commissione di Madama reale, che lo nominò suo scultore ufficiale. L'anno seguente egli scolpì quattro statue allegoriche e, probabilmente, le urne per il tetto di palazzo Madama del quale Juvarra aveva rifatto la facciata. Nel 1725 il B. lavorava ancora per i Savoia alla commissione più importante della sua vita: le sculture per la cappella di S. Uberto nel castello della Venaria Reale del Juvarra. A parte numerose opere di minor conto (molte delle quali sono andate distrutte), il B. scolpì per questa cappella le statue gigantesche di S. Agostino, S. Anastasio, S. Ambrogio e S. Giovanni Crisostomo,opere che, nonostante le enormi proporzioni, hanno un'eleganza e una grazia difficilmente raggiunte nella scultura del Settecento, fuori della Baviera; il rapporto quasi scherzoso tra le singole figure e il putto alato ricorda Ignaz Günther. Nell'esecuzione dì queste statue il B. fu aiutato da suo nipote, Giovanni Cybei.
Quando furono completati i lavori per la Venaria Reale il B. fu nominato scultore in marmo di Vittorio Amedeo II; ma egli rìtornò a Carrara dove già prima del 1725 aveva stabilito il suo studio. Nel 1731 fu creato conte dal duca di Massa, onorificenza assai rara in quell'epoca per uno scultore. Pare che il B. partecipasse agli utili di una cava di marmo di Carrara dato che nel 1731 e 1738 forniva il marmo per i restauri della chiesa di S. Maria di Carignano a Genova. Eseguì poi le grandi statue di S.Giovanni Battista, S. Giuseppe e S.Bartolomeo (tutte firmate e datate 1732) per la basilica di Mafra in Portogallo; queste statue, caratterizzate da una più accentuata passionalità rìspetto a quelle della Venaria Reale, ricordano lo stile barocco romano. Nel 1736 il B. eseguì cariatidi, trofei e urne che dovevano decorare la facciata verso il giardino del palazzo reale di La Granja (Spagna). La sua ultima scultura è un busto di Guido Grandi,in S. Michele in Borgo a Pisa, del 1742 circa.
Il B. morì a Carrara il 21 maggio 1747 e fu sepolto nella chiesa di S. Andrea.
Anche se negletto dalla critica, egli fu uno dei più grandi scultori del Settecento, degno allievo di Camillo Rusconi e almeno alla pari con il più famoso Pietro Bracci e con Filippo della Valle. Dalla tradizione tardo barocca, nella quale fu educato, sviluppò uno stile elegante e sofisticato che sfiora le espressioni più alte del rococò. Le sue opere influenzarono decisamente gli scultori più giovani in Toscana e Piemonte.
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