BASSETTI, Giovanni (detto Giannino)
Nacque il 1º sett. 1893 a Crenna di Gallarate (Varese) da Giovanni e Rosa Piantanida.
Il padre (1851-1893), dopo avere frequentato una scuola commerciale, era entrato quattordicenne come commesso nel negozio di telerie dei fratelli Baroncini, suoi parenti, negozio che era stato aperto a Milano nel 1830. I Baroncini disponevano anche, dal 1840, di una tessitura a mano di lino a Rescaldina, nei pressi di Legnano. Nel luglio 1885, quando i telai che lavoravano per la ditta erano ormai cresciuti a 250, Giovanni senior aveva rilevato dai Baroncini l'azienda, che in seguito potenziò, smerciandone la produzione anche nell'Italia meridionale. Al momento della sua morte i figli Ermete (1887-1974) e Felice (1889-1972) avevano rispettivamente sei e quattro anni, mentre il B. era nato da pochi giorni.
La gestione dell'impresa rimase perciò affidata alla madre, che si valse della determinante collaborazione di Alessandro Ottolini, divenuto più tardi suo secondo marito. Nel frattempo Ermete e Felice completavano in Francia la loro preparazione tecnica e commerciale e in particolare Felice frequentò all'inizio del Novecento una rinomata scuola di tessitura a Roubaix. Tra il 1906 e il 1908 fu attuata, con l'introduzione di 25 telai meccanici francesi, la prima meccanizzazione dello stabilimento di Rescaldina, mentre veniva aperto un candeggio a prato a Trezzo d'Adda. La ditta, che aveva ormai assunto la denominazione di Giovanni Bassetti, conobbe un rapido sviluppo al termine della prima guerra mondiale: nel 1918 furono infatti acquistati in Inghilterra telai automatici per il lino e venne aperto un altro stabilimento a Rescaldina; due anni dopo furono assorbite una tessitura di Biassono e un'altra fabbrica a Revello. Le ragguardevoli dimensioni raggiunte dal complesso aziendale portarono, il 25 febbraio 1922, alla trasformazione della vecchia ditta familiare in società anonima, con il capitale di 600.000 lire, inizialmente in gran parte sottoscritto dalla Banca popolare agricola e commerciale di Pavia. In questo periodo si trovavano alla guida dell'impresa, oltre all'Ottolini, tutti e tre i fratelli Bassetti, tra i quali il B., anch'egli specializzatosi all'estero, si avviava ad assumere un ruolo di coordinamento e di direzione generale, mentre Felice si occupava specialmente della parte tecnica ed Ermete di quella commerciale.
Nel 1927, nell'intento di attuare una prima integrazione verticale dell'azienda, i Bassetti fondarono a Origgio, con l'apporto di tecnici e capitali francesi, una filatura, la Manifattura lombarda lino e canapa, che si dedicherà tra l'altro alla lavorazione, sino ad allora non eseguita in Italia, dei titoli fini di canapa. Di lì a due anni tuttavia l'economia italiana iniziò ad essere coinvolta nella grande crisi internazionale, che il B. affrontò in primo luogo riducendo i costi commerciali, con l'eliminazione dell'intermediazione dei grossisti e la vendita diretta ai dettaglianti: infatti dal 1929 al 1933 creò una razionale rete di depositi in sedici città italiane e persino un'apposita società di autotrasporti per facilitare lo smercio dei prodotti Bassetti. Inoltre, assieme alla produzione in serie e all'introduzione su larga scala degli articoli di lino, adottò per quei prodotti una politica dei prezzi che ne facilitava l'acquisto da parte di più vaste categorie di consumatori. La nuova organizzazione commerciale non impedì peraltro che la società attraversasse momenti di grave difficoltà e subisse non poche perdite di bilancio; nel 1935 la crisi era comunque superata e il capitale (che già aveva toccato i 5.000.000 nel 1929) fu elevato a 12.000.000, anche perché si procedette all'acquisto della Manifattura tessile canapa di Bernareggio. Tre anni dopo fu la volta dello stabilimento di Fagnano Olona (già del Linificio e canapificio nazionale) e dell'importante Cotonificio di Conegliano (Treviso). Quest'ultimo impianto permise alla Bassetti di disporre direttamente dei filati di cotone necessari alla fabbricazione delle tele miste o di quelle di puro cotone. Contemporaneamente all'ampliamento dell'apparato produttivo, attuato quasi sempre attraverso il sistema dell'autofinanziamento, veniva ammodernato e in parte meccanizzato il reparto contabilità. Alla vigilia della seconda guerra mondiale il gruppo Bassetti contava 1.500 operai e un migliaio di telai, che naturalmente lavorarono solo in minima parte nel corso del critico periodo bellico.
Dopo la Liberazione il mercato delle telerie stentò ad avviarsi e per giunta il livello tecnologico degli impianti, dopo anni di guerra e soprattutto di politica autarchica, era ormai obsoleto. La ricostruzione e il potenziamento dell'azienda furono laboriosi, ma a partire dal 1950, benché in generale la congiuntura del settore tessile si mantenesse fiacca sino al 1957, la Bassetti entrò in una nuova fase di crescita. Ad essa contribuì anche (poiché il B. non aveva eredi) l'ingresso nell'azienda dei giovani figli di Felice, e cioè Giansandro (n. 1923), Aldo (n. 1926) e Piero (n. 1928).
In particolare quest'ultimo si occupò dei problemi organizzativi e avviò una profonda riforma della struttura interna dell'impresa secondo modelli manageriali di stampo americano, i quali erano ben diversi dalla rigorosa politica accentratrice seguita sino ad allora dal B., dotato peraltro di straordinaria genialità imprenditoriale. Importanti novità furono introdotte pure in campo commerciale: una parte dei depositi fu trasformata in centri di esposizione e di vendita e dal 1954-55, con un'iniziativa che ribaltava nettamente i sistemi tradizionali, i prodotti della società vennero commercializzati con il marchio Bassetti, anziché, come si usava in passato, anonimi o al massimo con un marchio di fantasia. I buoni risultati ottenuti dalle campagne pubblicitarie, che tendevano a stimolare nei consumatori il gusto per un vasto assortimento di biancheria per la casa esteticamente accattivante, oltreché l'avvicinarsi del cosiddetto "miracolo economico", spinsero i Bassetti a impegnarsi in una vasta e costosa opera di investimenti produttivi.
Nel 1959 fu così attivato lo stabilimento di Vimercate, dotato di candeggio, tintoria, finissaggio, confezione e magazzino, cosicché nel complesso il gruppo Bassetti venne ad impiegare circa 3.800 dipendenti. Poco dopo fu iniziata la costruzione di un nuovo grandioso stabilimento di tessitura a Rescaldina che, inaugurato nel 1964, costituisce un notevolissimo esempio di funzionale architettura industriale. La fabbrica, che occupava un'area di 100.000 metri quadrati di cui 52.000 coperti, ospitava 1.100 moderni telai in sale fornite di aria condizionata. Vi erano addette, compreso il personale impiegatizio e direttivo, circa novecento persone e la capacità produttiva era di 23.000.000 di metri di tessuto all'anno. A questo stabilimento, a quelli di Vimercate e delle altre società del gruppo, tra cui un maglificio, andava poi aggiunta la Bassetti-Sud di Sora (Frosinone).
Intorno al 1965 il B., sia per l'età avanzata sia perché la nuova generazione dei nipoti forniva ampie garanzie di saper gestire efficacemente l'impresa, ridusse gradualmente il proprio impegno e nel dicembre 1968 lasciò la carica di presidente effettivo del gruppo (gli successe il nipote Giansandro) per assumere quella di presidente onorario. Continuò però ad occuparsi di affari, partecipando all'attività di parecchie società immobiliari, di costruzione (tra cui l'Edildal e di società finanziarie (la Banca milanese di credito, divenuta poi Creditwest).
Del resto il B., e con lui l'intera famiglia, già da lungo tempo aveva intrapreso una diversificazione degli investimenti al di fuori del settore tessile. Acquisì infatti il controllo della Birra Poretti di Induno Olona, del Birrificio Spluga di Chiavenna e della Società imbottigliamento bevande di Firenze. Anche in questo settore, i cui problemi produttivi e merceologici erano pure ben lontani da quelli del tessile, il B. dimostrò una spiccata inventiva imprenditoriale, ideando ad esempio la commercializzazione dell'acqua minerale Frisia attraverso un originale sistema di vendita esclusivamente a domicilio.
Di particolare interesse fu poi nella famiglia Bassetti la politica verso il personale dipendente, politica sin dall'inizio ispirata a una sincera adesione ai principi del solidarismo cattolico, ciò che valse loro, tra l'altro, l'investitura da parte di Pio XII nel maggio 1943 del titolo comitale. Oltre a numerose iniziative di carattere benefico e culturale e all'istituzione di organismi assistenziali in favore dei lavoratori (tra cui un fondo di solidarietà denominato Fondazione Bassetti), va ricordato che la famiglia tentò, specialmente negli anni Cinquanta e Sessanta, di stabilire con i dipendenti, e con le comunità locali dove erano situate le fabbriche della società, un rapporto di mutua e fattiva collaborazione, anche in campo sindacale. Sbocco coerente di tale impostazione, che riteneva inutile ed anzi deleteria qualsiasi forma di lotta di classe, fu in primo luogo il protocollo d'intesa del maggio 1958. Il protocollo prevedeva la creazione di un comitato permanente di consultazione mista tra direzione e lavoratori e fu sottoscritto da CISL e UIL. L'accordo fu però osteggiato dalla minoritaria (alla Bassetti) CGIL che, più che le generiche aspirazioni a una sorta di cogestione, ne rifiutava l'accentuato spirito produttivistico ("La collaborazione - era effettivamente scritto nel protocollo - si prefigge di unire gli sforzi e gli intenti delle due parti per assicurare all'azienda il buon successo sul mercato ed i più alti livelli di efficienza interna, sviluppando procedure e metodi migliori, riducendo gli sprechi e gli arresti sul lavoro e comprimendo i costi di produzione e le spese generali"). L'adesione di tutte le organizzazioni sindacali ottenne invece l'avanzato accordo integrativo del 1963, secondo il quale i rapporti sindacali dovevano trovare fondamento "sull'impegno di esaminare insieme, preventivamente, i problemi che emergono dalle esigenze del personale e dalle esigenze produttive ed organizzative", allo scopo di ricercare "eque soluzioni" in un "atteggiamento di consapevole partecipazione". Parole dalle quali traspare la fondamentale e sempre presente preoccupazione dei Bassetti di evitare e prevenire gli scontri sindacali, ma che rivelano anche una nuova apertura di questi imprenditori verso i problemi propri dei lavoratori, problemi che, a differenza del protocollo del 1958, non vengono più perentoriamente e forse semplicisticamente assimilati agli interessi dell'azienda.
Il B. morì a Milano il 6 giugno 1980.
Fonti e Bibl.: Presso la sede di Milano della società sono conservati i verbali (lacunosi) delle assemblee degli azionisti dal 1922 al 1969. Esistono pure alcune note biografiche sul B., stese in occasione della sua nomina a cavaliere del lavoro nel 1960. Interessanti immagini degli interni e degli esterni degli stabilimenti Bassetti sono raccolte in vari album fotografici. Si veda inoltre: A. Pizzorno, Comunità e razionalizzazione, Torino 1960, passim; G. B. cavaliere del lavoro, s.l. s.d. [ma 1960]; 134 anni della Bassetti. Numero speciale dedicato al nuovo stabilimento di Rescaldina, Milano 1964; F. Vegliani, Nonni e nipoti. Storia degli industriali italiani, in Successo, gennaio 1972, suppl., pp. 17-23; A. Mucci, La politica imprenditoriale, in Questa è la Bassetti, II, Un secolo e mezzo di progresso, Milano 1974, pp. 4-11; W. Tobagi, Il personale: un nuovo tipo di gestione, ibid., pp. 12-19; A. Colussi, Marketing e pubblicità: due capitoli fondamentali, ibid., pp. 28-37; [A. Stocchetti], Memoria del conte Ermete Bassetti 7/12/1887-26/11/1974, Milano 1975; The Bassetti Group. A Leader in Household Linen, Milano 1984.