BENDAZZOLI, Giovanni Battista
Nacque a Verona nel 1739, da Giangiacomo e da Maddalena Olivieri. Fu nella città natale, discepolo del cognato, lo scultore L. Muttoni (che aveva sposato la sorella Caterina), e in contatto con il quasi coetaneo G. B. Locatelli; poco più che ventenne, verso il 1760, si trasferì a Venezia, nella bottega di G. Bernardi detto il Torretto, ove rimase fino alla morte del maestro nel 1773. Durante questo soggiorno veneziano si legò di viva amicizia con il Canova, anch'egli discepolo del Torretto, e formò quelli che rimarranno gli aspetti migliori del suo stile, a contatto con gli ultimi esempi del "barocco" e con le più aggiornate manifestazioni del "rococò" veneziano. Dopo il 1774 il B. si stabilì a Vicenza, città con la quale aveva già avuto precedenti rapporti di lavoro: qui sposò Elisabetta Ginni (da cui ebbe quattro figlie e un figlio, Giacomo, sacerdote) e aprì una attiva bottega, dapprima in contra Pedemuro S. Biagio, poi in quella di Mura Corpus Domini. Nel 1792 lo stesso Canova, di passaggio per Vicenza, lo onorò di una sua visita: in seguito all'incontro., particolarmente cordiale, con il compagno tanto più famoso, lo scultore avrebbe poi ceduto a forme di più scoperto "neoclassicismo". Dopo una vita tranquilla e laboriosa, confortata dall'affetto e dalla stima dell'ambiente vicentino e dalla protezione del consigliere vescovile Zanadio, recatosi a Thiene nel maggio 1812 per collocarvi le statue di casa Chilesotti, venne colpito da violenta febbre, e in casa Chilesotti egli morì il 14 giugno 1812.
Conosciamo un solo discepolo del B., quel Pietro Muttoni, figlio del cognato Lorenzo, che frequentò per un certo tempo la bottega vicentina dello zio. E una sola volta troviamo questo impegnato fuori della sua normale attività di scultore, per esaminare e stimare, assieme al collega F. Leoni, le tre statue di G. Pittoni nella cripta della chiesa vicentina di S. Corona: l'anno 1783, in occasione del processo canonico per la ricognizione dei culto prestato al b. Bartolomeo da Breganze. L'interessante parere del B. è riportato dal Bortolan (1889, pp. 233 s.) ed è steso in chiave di netta pregiudiziale "classicistica": le statue del Pittoni "indicano quel tempo, nel quale la scultura cominciò a rifiorire, voglio dire il sec. XVI, dopo le vicende sofferte nei secoli barbari dal capriccioso della scultura gotica, e più poi dopo il massimo decadimento sotto l'imperio di Tiberio, Caio e Claudio, dopo il bel regno goduto dalle arti sorelle nel secolo di Augusto".
La prima opera del B. sarebbe anche l'unica nota del periodo veronese (fino al 1760): un S. Michele, collocato sulla porta della vecchia chiesa di S. Michele alla porta dei Borsari (S. Micheletto). Soppressa la chiesa nel 1806, e sostituita da una casa, il S. Michele vi fu collocato sulla scala e da altra mano maldestra manomesso e trasformato in una effigie di Minerva.
Mancano precise notizie del B. durante il periodo veneziano (1760-1774): già allora però egli dovette allacciare contatti con l'ambiente vicentino, se nel 1767 eseguiva per Vicenza le 16 statuette in terracotta, poi colorite a finto bronzo da fra' Ludovico Mori, collocate in origine sul tabernacolo dell'altar maggiore di S. Corona, ed oggi nella sacrestia, dopo il furto di due di esse, avvenuto nel secolo scorso. L'Arslan (1956, p. 63) le giudica di mediocre qualità: meriterebbero forse più attento esame. come prova di una insospettata vivacità di modellato, che collega questo primo B. a certi frizzanti risultati del Morlaiter. Per stretta analogia con queste di S. Corona, si pensa (Barbieri, 1962, pp. 43-45) appartengano al B. le due terrecotte S. Marco e S. Andrea del Museo civico di Vicenza: forse anche precedenti al 1767, data la stretta aderenza alle fonti veneziane. E negli anni attorno al 1765 dovrebbero cadere i lavori dello scultore per la vicentina villa Valmarana, a completamento della decorazione affrescata dai due Tiepolo fin dal 1757: sono piccole statue mitologiche, un Prometeo e una Andromeda, in due nicchie ai lati del portone della foresteria e, soprattutto, 18 statue grottesche di Nani, giustamente definite "felice svolgimento di un'idea tiepolesca, di una bizzarria alla Pier Leone Ghezzi ... con un'adesione estrosa ai modi decorativi dei giardini veneziani dell'epoca" (Magagnato, 1952, p. 26).
Altri due capisaldi nell'attività del B. sono il busto di Arnaldo I Arnaldi Tornieri, in marmo, nel Museo civico di Vicenza, firmato, e le 5 statue, i due bassorilievi e alcuni minori fregi nella facciata della chiesa di S. Faustino: il tutto databile dal 1774 circa, ossia all'inizio del periodo vicentino, fino al 1780 circa. Vicinissime al busto Tornieri sono le decorazioni di casa Gastaldi a S. Lucia (1773 circa); e a queste, al Tornieri e alle sculture di S. Faustino si ricollegano i bassorilievi sul prospetto dell'ala settecentesca di palazzo Arnaldi-Dalla Torre, ai SS. Apostoli (pure 1773 circa): complessi di cui non si può che riconfermare l'attribuzione al B. già proposta (Barbieri, 1961). Del 1776 è la statua di Antonio Zacco, in Prato della Valle a Padova (n. 40 del recinto esterno); circa dello stesso anno sono le due statue, del Palladio e dell'Architettura, nell'atrio di casa Cogollo, ora Baroni, a Vicenza; ed il busto del famoso ingegnere Bartolomeo Ferracina, in casa Da Schio a Costozza. Nel 1777 il B. eseguiva 22 statue mitologiche e un gruppo allegorico per la villa di Niccolò Beregan, poi Dal Lago, alle Maddalene (Vicenza), ma le spoliazioni avvenute durante la prima guerra mondiale dispersero quasi tutto: sono superstiti quattro piccoli pezzi. Anche le statue della Speranza e della Carità, poste dal B. nel 1778 ai piedi dei portici di Monte Berico, scomparvero nel 1893, a seguito di alcuni lavori di sistemazione. E' da ritenere, in base a raffronti stilistici, che tra il 1778 e l'87, anno in cui il B. fece la statua di Cesare Piovene in Prato della Valle a Padova (n. 41 del recinto esterno), lo scultore abbia eseguito i mascheroni sulle facciate di palazzo Cordellina e di palazzo Loschi-Zileri; poco dopo, sempre in palazzo Cordellina, nella loggia verso il cortile, fece il busto di Ottone Calderari (1790) e di una personificazione allegorica. Allo scadere del sec. XVIII devono appartenere le quattro figure femminili allegoriche in legno di cirmolo ideate dal B. per villa Guiccioli a Monte Berico, poste ora lungo la nuova scala del Museo Civico; dei 1812 sono le tre statue (Diana, Giunone e forse Leda) sul timpano di palazzo Chilesotti a Thiene.
Non databili con sicurezza, comunque posteriori al 1776, anno di consacrazione della chiesa, sono le due belle statue in marmo di Mosè ed Aronne, poste dal B. ai lati dell'altar maggiore della parrocchiale di Arsiero e manomesse (ma in particolari non rilevanti) durante la guerra 1915-18. Così, date le incertezze che ancora permangono sulla fisionomia dell'artista, è difficile collocare cronologicamente la statua di S. Paolo nel presbiterio della chiesa di Ognissanti a Pellestrina, probabilmente unico pezzo superstite di un più vasto complesso ivi attribuito al B.; le due figure di un Santo vescovo e di una Santa monaca sull'altar maggiore di S. Giovanni a Bassano; le statue laterali dell'altar maggiore nella chiesa di Villanova di Camposampiero; le statue sul frontone di "Ca' Beregana" vicino a Thiene (quelle del giardino sono scomparse). Perduti a causa della guerra 1915-18 sono i sei busti in terracotta che fonti ottocentesche ancora ricordano sulle porte della sala terrena di villa Ghellini a Villaverla; e così nulla sappiamo delle due figure di Giove e di Venere, "eseguite con grandissimo magistero" (Bressan, 1893, p. 22), vendute dopo la morte dello scultore.
All'inizio dell'800, lo Zannandreis giudica il B. soltanto "un mediocre scultore"; più tardi (1893) il Bressan, suo maggior biografo, ne tenta una rivalutazione, distinguendo due periodi: uno iniziale, presumibilmente fino al 1780, in cui l'artista si manterrebbe press'a poco al livello dei suoi contemporanei; ed uno successivo, giunto all'acme dopo l'intervento canoviano del 1792, quando lo scultore si ritemprerebbe all'insegnamento dei modelli antichi e, più ancora, della verità e della semplicità naturali. In realtà, il B. viene a trovarsi, nella Vicenza dei secondo 1700, a una svolta critica, mentre va concludendosi in uno stanco accademismo la feconda scuola dei Marinali (Magagnato, 1952, p. 26) e cominciano a diffondersi le nuove teorie "neoclassiche"; egli sembra talvolta cedere a quell'accademismo, talaltra sforzarsi in un adeguamento alle nuove voci, specie nella fase più tarda. Ma nei momenti migliori, e sono parecchi, almeno negli anni tra il 1765 ed il 1790, egli sa inserire, tra la dialettica delle due opposte correnti, una fresca vivace vena tardo-barocca e "rococò", con esiti non lontani dalla grande scultura e pittura veneziana contemporanee o immediatamente precedenti: ed è solo in questa vena che si giustificano e si spiegano le sue cose più belle, così gradevolmente spontanee nella inconfondíblle scioltezza dei modellato franto e nervoso.
Fonti e Bibl.: Manca sinora uno studio esauriente e completo sul B.; resta fondam. la breve ma informata biografia di B. Bressan, Vita ed opere di G. B. B., Vicenza 1893. Utilissimi inoltre: D. Zannandreis, Le vite dei pittori scultori e archit. veronesi [1831-34], a cura di G. Biadego, Verona 1891, pp. 470 s.; D. Bortolan, Saggio di un diz. biogr. di artisti vicentini, Vicenza 1886, sub voce; S. Rumor, G. B. Bendazzoli, in U. Thieme-F. Becker, Künstler-Lexikon, III, Leipzig 1909, p. 298. Per altri riferimenti e notizie: Vicenza, Bibl. Bertoliana, ms. Libreria Gonzati, G. Da Schio, I Memorabili [sec. XIX], sub voce; [E. Arnaldi-L. Buffetti-O. Vecchia], Descriz. delle architetture, pitture e sculture di Vicenza, a cura di P. Baldarini, I-II, Vicenza 1779, v. Indici degli artisti; A. Neumayer, Illustr. dei Prato della Valle o Piana delle statue di Padova, Padova 1307, pp. 191 n. 40, 193 n. 41; A. Magrini, Mem. intorno la vita e le opere di Andrea Palladio, Padova 1845, p. 93 (per le statue di casa Cogollo-Baroni a Vicenza); D. Bortolan, S. Corona. Chiesa e convento dei domenicani in Vicenza, Vicenza 1889, p. 233 s. (per la perizia del B. sulle statue di G. Pittoni), 255 (per le statuette dell'altar maggiore); G. Busato, La chiesa arcipretale di Arsiero, in Numero unico nel cinquantesimo annivers. della consacrazione sacerdotale di mons. F. Dal Santo, Arsiero 1931, pp. 11-13 (per Mosè e Aronne sull'altar maggiore); G. Fasolo, Guida del Museo civico di Vicenza, Vicenza 1940, p. 186 (per il S. Marco e il S. Andrea); L. Magagnato, I Taiapiera in Vicenza, in Prima mostradella pietra di Vicenza, Venezia 1952, pp. 13-27; R. Cevese, Ville della provincia di Vicenza, in Le ville venete, Treviso 1953, pp. 243-364 (p. 359: ritiene ancora in sito i busti di villa Ghellini); Inventario delle cose d'arte e di antichità d'Italia, E. Arslan, Vicenza, le chiese, Roma 1956, pp. 62 s. (attività del B. in S. Corona), 76 (sculture sulla facciata di S. Faustino); R. Cevese, Ville vicentine, Milano 1956, n. 61 (per i Nani di villa Valmarana); F. Barbieri-R. Cevese-L. Magagnato, Guida di Vicenza, Vicenza 1956, v. Indice degli artisti; C. Semenzato, La scultura padovana del Settecento, in Padova, III (1957), p. 17 (per le statue del B. in Prato della Valle e nella parrocchiale di Villanova Camposampiero); F. Barbieri, I 188 anni di casa Gastaldi, in Vicenza, III (1961), n. 2, p. 31 (per alcune nuove attribuzioni al B.); G. Barioli, Indice fotografico delle opere d'arte di Bassano, Venezia 1961, p. 17; M. Checchi-L. Gaudenzio-L. Grossato, Padova. Guida ai monumenti ed alle opere d'arte, Venezia 1961, p. 164; F. Barbieri, Il Museo civico di Vicenza, II, Dipinti e sculture dal XVI al XVIII secolo, Venezia 1962, pp. 41-45 (per il ritratto Tornieri, il S. Marco e il S. Andrea), 230-232 (per l'attrib. al B. delle statue lignee di villa Guiccioli); G. Mazzotti, Ville venete, Roma 1963, p. 394 (per i Nani di villa Valmarana).