BENEDETTI, Giovanni Battista
Nacque a Venezia il 14 ag. 1530; "patrizio veneto" si qualificò in alcuni scritti. Secondo il Bordiga (pp. 587 s.), non sarebbe, tuttavia, possibile individuarne la famiglia d'origine tra quelle che, a Venezia e nei dintorni, portavano lo stesso cognome: ma alcuni indizi farebbero pensare che si trattasse d'una delle casate Benedetti di Cannaregio. Il Gaurico, autore di un Tractatus astrologicus (Venetiis 1552), che contiene l'oroscopo del B., chiama "hispanus" il padre di lui: "I. B. de B. ... educatus a suo genitore, hispano, philosopho et physico ..." (p. 73). Questo dato potrebbe non essere privo d'un rapporto alle notizie, contenute nel Do resolutione..., sull'amicizia tra il B. e alcuni nobili spagnoli, che avevano dimorato a Venezia. La stessa prefazione all'opera suddetta è una dedicatoria dell'opera a Gabriele de Guzmán, abate di Pontelungo: un domenicano, che aveva ricevuto da Francesco I il beneficio di Pontelungo, come compenso per la parte avuta nelle trattative di pace tra il sovrano francese e Carlo V nel 1544.
Il B. affermava (ibid., in dedicatione) di avere appreso le doti e le azioni dell'abate de Guzmán dai racconti del cardinale Francesco di Tournon, del domenicano Vincenzo Poletino, di Gaspare Almunia, del domenicano Pietro Arches. I nomi di queste amicizie veneziane del B. acquistano rilievo sia per un breve accenno ad altre, dispersive amicizie: "ne tumultus urbani amicorumque frequentia (quibus ubi res vocat operam denegare inhonestum indecorumque est) animum in diversa traherent..." (ibid.), sia per l'esplicita affermazione del B., ch'egli non si valse né di maestri né di precettori: "progressus sum (Deo duce) sine monitore praeceptoreque ullo, nullum gymnasium umquam, nullamque scholam frequentavi..." (ibid.). Oltre ai nomi dei dotti spagnoli, la dedicatoria del De resolutione contiene solo il ricordo di N. Tartaglia: "Caeterum quia cuiusque quod suum est reddi debet et pium, et iustum. est, Nicolaus Tartalea, mihi quatuor primos libros solos Euclidis legit...". È, questa, l'unica fonte della quale risulti un rapporto scientifico tra il Tartaglia e il Benedetti.
Ventitreenne, il B. aveva pubblicato il De resolutione (1553). L'opera conteneva la soluzione di problemi, inerenti alla costruzione di figure geometriche piane con un compasso di apertura data. Allievo del Tartaglia, che nel 1547-48 aveva ricevuto da L. Ferrari sei "cartelli di matematica disfida" alla soluzione di problemi analoghi - "cartelli" cui erano seguiti sei "controcartelli" del Tartaglia al Ferrari, con le soluzioni richieste -, il B. continuava l'opera del maestro, e contribuiva per la sua parte all'istituirsi d'un atteggiamento analitico verso la geometria: atteggiamento analitico che sopperiva alla mancanza dello strumento algebrico con il virtuosismo costruttivo.
Nel 1554 il B. pubblicava la Demonstratio proportionum. Anche quest'opera era dedicata dall'autore all'abate di Guzmán, al quale egli l'aveva preannunziata nella dedicatoria del De resolutione: dove, anzi, erano già stati trattati alcuni argomenti meccanici. Ora il B. riprendeva quei pensieri, accentuandone il significato polemico verso Aristotele e verso i suoi commentatori proprio perché aveva appreso dall'Arches "quamplurimos Romae, conspecta mea illa propositione, quae ultra reliquas, tuae R. D. a me mittebatur, valde mirari solitos, me addidisse illam neutiquam esse iuxta mentem Aristotelis, idque ab eis dictum ubi meam demonstrationem attentiu sconsiderarunt" (Demonstratio proportionum, p. 1). Al principio della meccanica aristotelica, secondo il quale due corpi della stessa sostanza cadono con velocità proporzionali ai loro volumi, il B. oppose il teorema, "a me post longam meditationem excogitatum" (ibid., p. 2), che "corpora unius et eiusdem speciei, itidem et figurae, aequalia invicem, vel inaequalia, in codem medio, per aequale spatium, in eodem tempore ferentur ..." (ibid., p. 5). S'era così costituito il nucleo più originale del pensiero scientifico del B., e gli accenti giovanili di vivace polemica o di rivendicazione della propria autonomia da ogni magistero non giungevano a infirmarne l'intrinseco valore.
Verso il 1558 il B. si trasferì a Parma, nella corte del duca Ottavio Farnese. Nel De gnomonum... e nelle Diversarum speculationum... l'autore accenna al suo soggiorno parmense, omettendo, però, ogni menzione di esperienze veneziane successive al 1553: anno sul quale getta una certa luce la citata dedicatoria del De resolutione. Un'epigrafe, di cui riferisce il Claretta (pp. 13-14), fa ritenere che egli abbia avuto a Venezia una figlia, nata nel 1554 e morta di parto a ventisei anni, dopo aver sposato un Domenico Pipino dei signori di Carpeneto. Del resto, anche le su ricordate notizie concernenti il soggiorno parmense sono di scarsa importanza. Nel De gnomonum l'autore afferma di aver costruito una meridiana a Rupialba, castello di Giulio Rangone, nel 1559 (p. 70). Nel Diversarum speculationum ricorda, invece, le osservazioni astronomiche compiute durante il soggiorno a Parma: "sumpsi instrumenta, et ad experimentum me paravi, et ultima nocte mensis Augusti anni 1565 reperi Martem esse in dicto gradu geminorum ut scribebat Stadius. Deinde singulis ebdomadibus observans retrogradationem, vidi circa finem Octobris quod retrogradatio perseveravit usque ad medium mensem Ianuarium, aut circiter, anni 1566" (p. 235). Mediante ricerche negli archivi di Parma, il Bordiga (pp. 593 s.) ha potuto accertare che il B. ebbe l'ufficio di lettore di filosofia e matematica alla corte dei Farnese, che il soggiorno a Parma durò otto anni. e che, al termine di esso, egli partì "con bona licenza et gratia nostra", secondo quanto gli dichiarò il duca in una lettera di benservito, scritta nel gennaio 1567.
Da Parma il B. passò a Torino. Nella lettera al serenissimo duca Carlo Emanuele di Savoia, con la quale si apre il Diversarum speculationum, è detto: "Agitur nonusdecimus annus ex quo litteris Serenissimi patris tuae Celsitudinis, arcessitus ex urbe Parmensi in hanc me civitatem contuli" (p. 1). Poiché l'opera citata è del 1585, se ne desume che il B. giunse a Torino subito dopo aver lasciato Parma. È probabile che egli abbia insegnato nell'università di Mondovi, come afferma una biografia di Emanuele Filiberto (F. Tonso, De vita Emanuelis Philiberti, Augustae Taurinorum 1596, p. 141); è ancor più probabile, sulla scorta di testimonianze del tempo (Bordiga, pp. 596 ss.), che egli abbia insegnato nell'università di Torino.
I rapporti tra il B. e il duca Emanuele Filiberto furono cordiali. Il duca intratteneva corrispondenza con il B. e, quando era a Torino, lo voleva presso di sé. Le epistole del B., pubblicate nel Diversarum speculationum liber, permettono d'individuare alcune delle persone con le quali egli ebbe rapporti durante la sua permanenza alla corte sabauda: il letterato B. Trotto, P. Pizzamano podestà di Bergamo, D. Pisani, forse da identificarsi con l'omonimo provveditore della Repubblica a Rocca d'anfo, F. Mendoza, forse da identificarsi con l'omonimo cardinale, governatore di Siena; M. Muciasco, T. de Raisestain, P. Mellani, C. Neubart, P. Gothfried, L. Fenaroli e F. Trivulzio, non altrimenti identificabili, D. Morosini, ambasciatore della Serenissima e riformatore dello Studio di Padova; L. di Rochefort, riformatore dell'università di Torino, P. Catena, professore di matematiche a Padova. Nel 1570 Emanuele Filiberto creava "il detto Giovan Battista de Benedetti con tutti suoi figliuoli veri nobili del Sacro Romano Impero, et nostri", e gli vendeva per duemilacinquecento scudi un reddito annuale di cento scudi d'oro. Morto Emanuele Filiberto nell'agosto 1580, Carlo Emanuele I confermò il B. nella carica di matematico della corte. Morì a Torino il 20 genn. 1590 e fu sepolto nella chiesa di S. Agostino. Nel Diversarum speculationum, uscito cinque anni prima, il B. aveva tratto dal suo oroscopo la previsione che la sua morte sarebbe avvenuta "circa annum millesimum quingentesimum nonagesimum secundum" (p. 426). Sembra che l'erronea previsione non abbia mancato di suscitare polemiche (Bordiga, pp. 608 ss.) alla corte sabauda.
La storiografia della scienza prima del Libri e del Whewell aveva, per lo più, ignorato la personalità dei B. e il suo apporto alla nascita della meccanica moderna. Già nel 1752 il Davis (p. 130) notava il silenzio creatosi intorno a lui, e citava, a prova della sua affermazione, tanto l'opera biografica sui veneziani illustri di G. Alberici quanto la storia delle matematiche di G. H. Vossius. Tra le poche eccezioni, occorre ricordare le menzioni del B., che si trovano nella Cronica de' mathematici... di B. Baldi - dove l'autore gli imputa "di non haver osservato quel metodo e quella purità nell'insegnare, che ricercano le matematiche" (p. 140) - e nel Dictionnaire del Bayle sotto la voce di quel J. Taisnier, o Taisnerius (p. 730), che il B. aveva accusato di plagio: "Johannes Taisnerius Hannonius. Qui opusculum nostrum, demonstrationis motuum localium..., integrum sibi desumpsit" (De gnomonum..., ad lectorem). Poche righe dedicava al B. il Mazzuchelli nei suoi Scrittori d'Italia, qualificandolo come "intendente di musica e di astronomia" (p. 817). Più interessante la citazione che il Tiraboschi faceva d'un giudizio del cardinale M. Ricci ("aprì la strada più che ogni altro" al Galilei, p. 582). A questo tradizionale silenzio il Libri contrappose il suo convincimento che il B. "dont le nom est à peine prononcé aujourd'hui en Italie doit etre placé au premier rang des savants du. XVI.me siècle" (IV, p. 31), determinando il formarsi d'un giudizio storiografico, cui avrebbero contribuito in Italia L. Cremona, R. Caverni, G. Vailati, E. Passamonti, R. Marcolongo, G. Bordiga, e, all'estero, E. Mach, P. Duhem, M. Cantor, M. Boas, R. Dugas, E. J. Dijksterhnis.
Sebbene non molto ampia - solo il De gnomonum usu e il Diversarum speculationum liber costituiscono veri e propri volumi -, la produzione scientifica del B. toccò problemi attinenti alla geometria, all'aritmetica, all'astronomia e alla meccanica. Di gran lunga più importanti di tutti gli altri furono i suoi studi meccanici. Essi individuano un momento di grande importanza nel trapasso concettuale dalla meccanica peripatetica a quella di Galilei e di Newton.
È certo che Galilei non può aver ignorato il B., almeno nella citazione fattane dai contemporanei: I. Mazzoni, P. Sarpi, C. Clavio, J. Kepler e M. Mersenne, l'editore delle galileiane Méchaniques. Il Mazzoni, il quale era professore di filosofia a Pisa negli anni del lettorato del Galilei, cita il B. più volte nei suoi In universam Platonis et Aristotelis philosophiam praeludia sive de comparatione Platonis et Aristotelis (Venetiis 1597, pp. 189, 193, 195): opera, questa, ben nota al Galilei, che ne tratta in una lettera scritta da Padova al Mazzoni il 30 maggio 1597. Quanto al Sarpi, del quale Galilei scrisse che "niuno l'avanza in Europa di cognizione di queste [matematiche] scienze" (Difesa contro alle calunnie e imposture di Baldessar Capra milanese, in Opere [ed. naz.], II, p. 549), sue citazioni dei B. - dove, però, lo scienziato veneziano non èposto in particolare rilievo - si trovano nei Pensieri naturali e metafisici, rimasti manoscritti (Cod. It., II. 129 (4914), 324, 326, 466). Il Clavio, corrispondente del Galilei, polemizzò con il B. su problemi di gnomonica (cfr. Clavii Bamberglensis S. I. Opera mathematica, IV, Moguntiae 1612, passim). Una particolare importanza riveste la menzione del B. che si trova nell'epistolario di Keplero: "Itali somniant (praeter unum Grumandinum et Ioh. Baptistain Benedictum, Clavius enirn Germanus est)" (lettera a S. Hafemeffer, datata Praga 16 nov. 1606, in J. Kepler, Gesammelte Werke, XV, München 1951, p. 390).
Un primo contributo alla revisione della meccanica peripatetica si trova nella dedicatoria del De resolutione..., dove il B. dimostra, con argomenti teorici, che corpi della medesima sostanza, uguali o no, percorrono lo stesso spazio, nel medesimo mezzo, durante un dato tempo. L'argomento è ripreso nel Diversarum speculationum liber (p. 174), e si articola nel modo seguente. Siano due sfere omogenee g, o, la seconda quadrupla della prima, e i loro centri siano equidistanti dal centro della Terra. Si divida la sfera più grande o in quattro sfere uguali: h, k, l, m, i cui centri distino dal centro della Terra quanto i centri di g e di o. Ognuna di queste sfere percorrerà, in un dato tempo, lo spazio percorso da g. Il Galilei avrebbe poi fatto l'esempio analogo di due corpi di ugual peso che, lanciati dalla medesima altezza, scenderebbero con pari velocità, mentre, a voler ammettere il principio peripatetico della proporzionalità tra peso e velocità dei grave, se si unissero nella discesa, l'uno dei due dovrebbe raddoppiare la velocità dell'altro.
Secondo il Vailati (p. 570), il B. sarebbe giunto fino ad "affermare la completa indipendenza delle velocità dei gravi dal peso loro o, conferendo un più alto grado di esattezza alle nuove vedute sul moto gravitarío, di cui altri cenni si trovano nella letteratura del tempo. In modo più congruo al grado di chiarezza effettivamente raggiunto dal B. nell'individuazione dei concetti meccanici fondamentali, scrive il Bordiga (p. 707): "Il concetto fondamentale del B. è questo: la velocità che un corpo ha acquistato rimane anche se cessi la sua causa; e da ciò segue che il moto si accelera se la causa del moto rimane costante". In verità, il B. si trovava a dover analizzare la nozione meccanica dell'"impeto" per trarne i concetti di forza, velocità, accelerazione, e passare da un asserto qualitativo a relazioni quantitative; ma su questa via egli procedette non senza incertezze, forse anche per il fatto che la dinamica dell'"impeto" ebbe nel Cinquecento una fase di reviviscenza (M. Boas, p. 215).
Il B., come più tardi Galilei, subì l'influenza di Archimede. Egli cercò di ricondurre problemi dinamici a problenù statici, e giunse così a proporre una legge secondo cui le velocità assunte da un grave in uguali intervalli di tempo, quando il grave scende in mezzi di densità diversa, sono proporzionali agli sforzi che sarebbero necessari per sostenere il grave (Diversarum speculationum..., p. 169). Su questa legge, e sulla potenziale discordanza tra essa e altri principi della meccanica del B., ritorneremo tra breve.
Quanto al concetto moderno dell'inerzia, il B. contribuì alla sua scoperta postulando la tendenza di tutti i corpi a persistere nello stato di movimento secondo la tangente alla loro traiettoria: "quia quodvis grave corpus, aut per naturam, aut per vim motum, rectitudinem itineris naturaliter appetat" (ibid., p. 287). Tale postulato, di estrema importanza per la storia della meccanica, veniva enunziato in una lettera a G. P. Capra di Novara "de revolutione rotae putealis et aliis problematibus", ma ricorre anche altrove nel Diversarum speculationum liber (pp. 159, 161). Il Vailati considera come un ulteriore contributo del B. all'affermazione dei moderno concetto dell'inerzia il principio della persistenza della velocità acquisita, che è implicito in alcuni passi della stessa opera (pp. 159, 160).
Il significato storico dell'opposizione dei B. alle vedute di Aristotele sulla caduta dci corpi gravi risulta palese dal confronto t. gli argomenti del Diversarum speculationum liber e le dottrine dei contemporaneo G. Cardano. Il Cardano, riferendosi a convinzioni largamente diffuse negli ambienti scientifici anche durante la seconda metà del Cinquecento, aveva cercato di conciliare con i risultati di elementari esperienze le due tesi aristoteliche, che asserivano la proporzionalità diretta tra velocità e peso nel caso di gravi di peso diverso, che cadano nel medesimo mezzo, e la proporzionalità inversa tra velocità dei grave e densità dei mezzo, se il grave viene fatto cadere in mezzi di differente densità. Il Cardano (Opus novum de proportionibus, Basileae 1570, prop. 110), per salvare le tesi aristoteliche, aveva postulato l'esistenza di una proporzionalità diretta tra la resistenza opposta dal mezzo e il peso del grave. Il Cardano era stato seguito da P. Moleto, lettore di matematica a Padova dal 1577 al 1588. Le idee del B. sarebbero state, invece, accolte da I. Mazzoni, lettore di filosofia nello studio di Pisa e maestro dei Galilei, il quale gli avrebbe dato atto di avere diniostrato che non è vero "corpora, cadem specie et figura praedita, per ideni !nedium mota, candem plane proportionem in suoruni motuum velocitatibus, quam in suis magnitudinibus habent, retinere" (In universam Platonis et Aristotelis philosophiam, p. 192). Il Mazzoni, come abbiamo detto: poté essere un tramite tra il B. e il Galilei, la cui argomentazione intesa a confutare il rapporto tra velocità e peso del grave (Opere [ed. naz.], VII, p. 731) è certamente analoga all'elegante argomentazione formale, svolta dal B. (Diversarum speculationum..., pp. 174 s.). Nel B. vi fu tuttavia un'oscillazione tra vecchie e nuove vedute, messa in luce anche dalla critica, la quale ha fatto notare il contrasto tra la proposizione: "Quod in vacuo corpora eiusdeni materiae aequali velocitate moverentur" e l'altra, anche da lui formulata: "Corpora licet inaequalia eiusdem materiac et figurae, si resistentias habuerint ponderibus proportionales, aequaliter movebuntur" nella pagina successiva del Diversarum speculationum. Da questa seconda proposizione discenderebbe, infatti, che nel vuoto dovrebbe esser vera la tesi di Aristotele sul rapporto diretto tra peso e velocità dei grave.
Ma la personalità del B., oltre che per alcune proposizioni meccaniche, acquista singolare rilievo per il carattere logicoformale dei suoi argomenti e per la conseguente, coraggiosa confutazione di altri principi tradizionali non meccanici. Lo scoperto suo atteggiamento antiaristotelico si concretava, nel capitolo XXI del Diversarum speculationum, nella confutazione di un'altra tesi di Aristotele, secondo cui non esisterebbero attualmente l'infinito e l'infinitesimo fisici. Il B., con un rigoroso ragionamento logico-matematico, giungeva a negare che le parti di un tutto attuale potessero essere in potenza: "infinitas partes alicuius continui esse solum in potentia, non item in actu, hoc: non est illico concedendum, quia si omne totum continuum, et re ipsa existens, in actu est, omnes quoque eius pars erit in actu, quia stultum esset credere, ea quae in actu sunt, ex iis quae potentia existunt, componi. Neque etiam dicendum est continuationem earundem partium efficere, ut potentia sint ipsae partes, et omni actu privatae. Sit, exempli gratia, linea recta a.u continua quae deinde dividatur in puncto e per acqualia, dubium non est, quin ante divisionem, medietas a.e tam in actu (licet coniuncta cum alia e.u) reperiretur, quam totum a.u licet a sensu distincta non esset. Idemque affirmo de medietate a.e idest de quarta parte totius; a.u et pariter de octava, de millesima, et de quavis, ita ut essentia actualis infiniti hoc modo tota concedi possit, cum ita sit in natura" (p. 181) - Anche questo passo trova riscontro in uno, analogo, del Galilei (Opere [ed. naz.], VII, p. 746).
II B. si occupò anche di geometria e di prospettiva. La seconda sezione del Diversarum speculationum, intitolata De rationibus operationum perspectivae (pp. 119-140), tende a scoprire e a descrivere "veras internasque causas operationis perspectivae" (p. 119), poiché molti di coloro, "qui huiusmodi operationis regulas prescribunt, cum ipsius effectuum veras causas ignorent, varios diversosque errores committurit". Il capitolo VII della sezione è dedicato * Iacobo Soldato mediolanensi Serenissimi Ducis Sabaudiae Architecto peritissimo", e dimostra che l'interesse per i problemi della prospettiva fu suscitato nel B. dal contatto con artisti del tempo. Il B. era stato preceduto da E. Danti, che aveva "commentato" le regole prospettiche del Vignola (Le due regole della prospettiva pratica di M. Iacopo Barozzi da Vignola, Roma 1583), e sarebbe stato, invece, seguito, quanto alla distinzione da lui introdotta tra "figura corporea" e "figura superficialis", e tra le proiezioni dell'una e dell'altra, da Guido Ubaldo del Monte (Perspectivae libri sex, Pisauri 1600).
Ma, di là dalla trattazione dei problemi connessi con la prospettiva, il B. fu, secondo il Cantor (II, p. 521), "vero geometra". La sua maggiore opera geometrica è la Resolutio omnium Euclidis problematum: il primo lavoro pubblicato dal B. ventitreenne. Esso contiene la soluzione di problemi, euclidei e non euclidei, con una data apertura di compasso.
Lo studio di problemi siffatti - affrontato per "dilettos", come afferma il Cantor, (II, p. 522) da non pochi uomini di scienza del Rinascimento italiano - poté essere suggerito al B. dai famosi, "cartelli di matematica disfida", che s'erano scambiati tra loro L. Ferrari e N. Tartaglia dal febbraio 1547 al luglio 1548 (I sei cartelli di matematica disfida... intorno alla generale risoluzione delle equazioni cubiche di Ludovico Ferrari coi sei controcartelli in risposta di Nicolò Tartaglia... a cura di E. Giordani, Milano 1876): ma la tradizione era molto più antica di questi immediati predecessori del B., traendo le proprie origini dalla tecnica geometrica dell'antichità - basata sull'uso del regolo e del compasso - e, quanto alla condizione restrittiva dell'apertura fissa del compasso, risalendo, secondo lo stesso Cantor (recensione a I sei cartelli..., in Zeitschr. für Math. und Phys., XXII [1877], pp. 132-150), al matematico arabo Abú'l Wafa', attivo nella seconda metà dei sec. X. Il Tartaglia stesso, secondo l'avversario Ferrari, avrebbe risentito dei lavori del bolognese S. del Ferro; ma il Cantor ritiene (ibid.), che, nonostante la diretta influenza dei maestro Tartaglia, e l'influenza indiretta del Ferro e altri, il B. abbia dato "forma compiuta" al metodo di risoluzione dei problemi geometrici mediante regolo e compasso ad apertura fissa. I problerni, euclidei e non euclidei, contenuti nella Resolutio, sono tutti analoghi ai primi quattro: "Ab aliquo puncto datae lineae, cuin data circini apertura, lineani perpendiculareni super datani lineani elevare"; "Datam lineani quae minor sit data apertura in longum atque directuni producere, itaque pars protracta aequalis sit priori parti datae"; "Si data linea maior fúerit data apertura, idem facere"; "Datani lineam per aequalia dividere".
Nel Diversarum speculationum liber tornava a manifestarsi l'interesse del B. per la geometria, tanto nella parte dedicata alla prospettiva che nella parte dedicata alla matematica. In tale parte il B. seguiva un procedimento inverso rispetto a quello che sarebbe stato seguito dai fondatori della geometria analitica, tentando di risolvere problemi algebrici mediante costruzioni geometriche: esempio, trovare geometricamente il valore delle incognite nelle tre equazioni x + y = 50, y - z = 70, z + x = 60; oppure risolvere, sempre in modo geometrico, l'equazione x2 + Ax = B2.
I lavori geometrici del B. hanno soprattutto interesse in quanto mostrano, nella persona d'uno dei più significativi precursori dei Galilei, la nascita della nuova meccanica dal ragionamento geometrico applicato ai fenomeni del moto. Già nella Demonstratio proportionum Euclide e Archimede avevano offerto al B. i motivi per porsi "contra Aristotelem et omnes philosophos"; ancor più strettamente geometrica è la confutazione di alcune tesi della meccanica di Aristotele - per esempio, di quella che negava la possibilità di un movimento illimitato su una retta finita -, fatta dal B. nel Diversarum speculationum. Per questo il Dühring gli ha attribuito (p. 693) il merito d'aver posto le basi della moderna teoria dei momenti: di quelle grandezze, scalari o vettoriali, che si definiscono dal prodotto di un'altra grandezza per una distanza.
A volerne racchiudere la personalità in un giudizio conclusivo, il B. ci appare più efficace nel rompere gli argini intuitivi della meccanica antica, che capace di formulare, con la necessaria organicità, principi nuovi della scienza del movimento; più abile nell'introdurre il metodo della geometria nella meccanica, che disposto a enucleare i motivi logici del magistero di Euclide e dello stesso Archimede. Entro questi limiti, e per la tensione polemica della sua opera, il B. dev'essere, tuttavia, considerato uno dei più significativi predecessori di Galilei.
Opere: De resolutione omnium Euclidis problematum aliorumque ad hoc necessario inventorum una tantum modo circuli data apertura, Venetiis 1553; Demonstratio proportionum motuum localium contra Aristoteleni et omnes philosophos, Venetiis 1554; De gnomonum umbrarumque solarium usus liber, Augustae Taurinoruni 1574; Consideratione d'intorno al discorso della grandezza della terra et dell'acqua, del eccellentissimo sig. Antonio Berga filosofo nella università di Torino, Torino 1579; Lettera per modo di discorso all'ill. sig. Bernardo Trotto intorno ad alcune nuove riprensioni et emendationi contro alli calculatori delle Effemeridi, Torino 1581; Diversarum speculationum mathematicarum et physicarum liber, Taurini 1585; B. Peyron, citato dal Bordiga, elenca (Codices italici Bibliothecae Taurinensis, Torino 1904) i manoscritti del B., che esistevano nella Biblioteca Nazionale di Torino e furono distrutti da un incendio: Cod. LXXXIII. n. II. 50 (sec. XVI): Lettere di G. B. B. in risposta ai quesiti fattigli dal Duca e da altri personaggi intorno alla matematica, fisica, musica e filosofia (cod. non autografo); Cod. CXIV. n. III. 27 (sec. XVI): contiene altre lettere del B. (cod. non autografo, con annotazioni di mano dell'autore). G. Rodolfo., citato dal Bordiga, elenca (Di manoscritti e rarità bibliografiche appartenenti alla Biblioteca dei Duchi di Savoia, Carignano 1912) i manoscritti del B., che facevano parte della biblioteca dei Duchi di Savoia: Descrittione, uso e ragioni del triconolometro (ms. cartaceo di 94 fogli non numerati); La generale et necessaria Instruttione per l'intelligentia et compositione d'ogni sorte Horologij solari (ms. di fogli 46, attribuito al B. dal Rodolfo); Dechiaratione delle parti et uso dell'instromento chiamato Isogonio (ms. di fogli 24, attribuito al B. dal Rodolfo). Il in corso un'edizione critica della Demonstratio proportionum a cura di C. Maccagni.
Bibl.: L. Gaurico, Tractatus astrologicus, Venetiis 1552, p. 76; G. Tosi, De vita Emanuelis Philiberti, Augustae Taurinorum 1596, pp. 141; G. B. Ricciolì, Chronologia reformata, Bononiae 1669, III, p. 246; B. Baldi, Cronica de' mathematici..., Urbino 1707, p. 140; P. Bayle, Dict. histor. et critique, Basle 1741, IV, p. 314; C. Davis, Bibliothèque curieuse historique et critique, Göttingen 1752, III, p. 130; G. Mazzucchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 2, Brescia 1760, p. 817; G. Tiraboschi, Storia della letter. ital., VII, 2, Modena 1791, p. 582; G. Grassi, Dell'Università degli studi in Mondovì, Mondovì 1804, p. 53; T. Vallauri, Storia dell'Università degli studi del Piemonte, Torino 1875, p. XXII; A. Manno, II patriziato subalp., II, Firenze 1906, p. 238; A. Manno-V. Promis, Bibl. storica degli Stati della monarchia di Savoia, I, Torino 1884, p. 396; G. Claretta, I marmi scritti della città di Torino,Torino 1889, pp. 13-15; G. Libri, Histoire des sciences mathématiques en Italie, Paris 1840, III, pp. 121-131; IV, p. 31; W. Whewell, History of inductive sciences, London 18 5 1, II, pp. 17- 18; R. Caverni, Storia del metodo sperimentale in Italia, Firenze 1891, I, pp. 101-108; P. Duhern, Les origines de la statique, Paris 1894, pp. 1-34; Id., Etudes sur Leonard de Vinci, s. 1, Paris 1906, ad Indicem; s. 3, ibid. 1913, ad Indicem; J. E. Montucla, Histoire des Mathématiques, I, Paris 1758, pp. 693-694; K. E. Dühring, Kritische Geschichte der allgemeinen Principien der Mechanik, Berlin 1873, pp. 17, 693; M. Cantor, Vorlesungen über Geschichte der Mathematik, II, Leipzig 1892, pp. 521-525, 538-540; IV, ibid. 1908, pp. 584-585; G. Bordiga, G. B. B. filosofo e matematico veneziano del sec. XVI, in Atti del R. Ist. Veneto di Scienze, Lettere e Arti, LXXXV (1925-1926), pp. 585-754; G. Vailati, Le speculazioni di G. B. sul moto dei gravi, in Atti della R. Acc. della Scienze di Torino, vol. XXXIV (1897-98), pp. 559-583; G. Galilei, Discorsi e dimostrazioni matematiche intorno a due nuove scienze, a c. di A. Carugo e L. G. Geymonat, Torino 1958, ad Indicem; E. Wohlwill, Die Entdeckung des Beharrungsgesetzes, in Zeitschrift für Völkerpsych. und Sprachwiss., XIV (1883), pp. 365-396; P. Riccardi, Bibliotheca mathematica italiana, Modena 1870, coll. 110-112; E. J. Dijksterhnis, De Mechanijirung van het Wereldbeeld, Amsterdam 1950 (tr. inglese Oxford 1961), ad Indicem; R. Dugas, Histoire de la mécanique, Neuchâtel 1955, ad Indicem; M. Boas, The Scientific Renaissance, London 1962, ad Indicem.