BERTANI (Bertano), Giovanni Battista
Non è da confondere con Giovanni Battista scultore e incisore della cerchia di Giulio Romano. La data di nascita, 1516 (a Mantova), dedotta dal documento che ne registra la morte all'anno 1576 dicendolo in età di sessanta anni, va probabilmente anticipata di qualche anno, dal momento che nel 1531 riceveva pagamenti per pitture che ornavano l'esterno della palazzina detta la "Paleologa" (cfr. Mantova, Le Arti,III, pp.9, 43, nn. 20, 21). Esordì perciò alle dipendenze di Giulio Romano, che fu l'architetto della palazzina. Nel suo trattato sull'ordine ionico (v. oltre) il B. parla di due viaggi compiuti a Roma sotto il pontificato di Paolo III (eletto nel 1534), in uno dei quali (presumibilmente verso il 1540) s'incontrò con l'incisore mantovano Giorgio Ghisi. Tre anni dopo la morte di Giulio Romano fu nominato, con decreto del 14 maggio 1549, prefetto delle fabbriche di Mantova, e fu così destinato a diventare il principale esecutore dei progetti architettonici del duca Guglielmo Gonzaga. Ma prima d'allora, come attesta lo stesso decreto ducale di nomina (cfr. D'Arco, II, pp. 132 s., doc. 172), egli aveva esercitato a lungo, soprattutto fuori di Mantova, la pittura, la scultura e l'architettura. Dallo stesso documento risulta che il B., dall'inizio dello stesso anno 1549, era già direttore della fabbrica del duomo, funzione che mantenne fino al 1563. Nel 1558 pubblicò a Mantova un trattato d'architettura, Gli oscuri et difficili passi dell'opera ionica di Vitruvio, dedicato al cardinale Ercole Gonzaga. Nel 1567 incorse, per motivi non chiari, nei rigori dell'Inquisizione e, dopo cinque mesi di carcere, fece pubblica abiura (16 maggio 1568). Nel 1570 venne consultato come teorico dall'architetto milanese Martino Bassi, a proposito di una sua controversia con P. Tibaldi in merito ad opere di quest'ultimo nella fabbrica del duomo di Milano: la risposta del B. fu poi pubblicata dal Bassi, assieme a quelle del Vignola, del Palladio e del Vasari, nel suo opuscolo intitolato Dispareri in materia di architettura e prospettiva (Brescia 1572). Secondo alcuni autori (Bettinelli, Lanzi), il fratello Domenico operò come pittore nelle fabbriche del Bertani. Continuatore di Giulio Romano, il B. compì le fabbriche lasciate interrotte dal maestro, come l'interno della cattedrale di Mantova. Nel complesso delle fabbriche del palazzo ducale, costruì il cortile della Cavallerizza, sviluppando su tre lati il motivo architettonico desunto dalla facciata giuliesca della cosiddetta "Rustica" che costituisce il lato meridionale del cortile stesso, e introducendo la variante di aperture rettangolari alternate alle arcate. Tra il 1561 e il 1573 si compì, probabilmente sotto la sua direzione, la decorazione delle stanze della "Rustica". Nel 1572 trasformò in galleria la preesistente loggia giuliesca detta dei Marmi.
Sono attribuite a lui le principali trasformazioni del palazzo ducale avvenute sotto Guglielmo (sale dei capitani, dei marchesi, dei duchi, di Manto, scalone della sala di Manto, nonché la cappella del Castello, nuove decorazioni nel castello stesso e il teatro di corte distrutto da un incendio nel 1588 o 1591). Alla concezione del B. spettano forse i loggiati di piazza Castello, sicuramente la basilica palatina di S. Barbara (1562 - 1564), con l'annesso campanile, terminato nel 1566.
Vengono attribuite al B. alcune case cittadine (per esempio l'edificio al n. 22 di via C. Poma). Singolare è la dimora dell'architetto (al n. 8 di via Trieste; adattata dal B., su una vecchia casa, tra il 1554 e il 1556) che ha in facciata due lapidi e due colonne ioniche: una completa, l'altra presentata in sezione, con notazioni a proposito del testo di Vitruvio.
L'attività del B. come pittore è piuttosto oscura: viene a lui riferita, oltre all'operosità giovanile nella cerchia giuliesca, l'invenzione di alcune composizioni pittoriche che ornano gli altari della cattedrale e della basilica di S. Barbara. Nulla si sa della attività di scultore, nota solo per essere menzionata nel decreto di nomina a prefetto delle fabbriche. Del resto anche la sua fisionomia di architetto, che oscilla tra precorrimenti barocchi e rigori classicistici, attende di essere ancora pienamente illuminata.
Morì a Mantova il 2 aprile 1576.
Se i meriti del B. quale architetto e pittore sono discutibili, più solidi sono quelli di trattatista dell'architettura classica. La sua erudizione archeologica ebbe due origini: da una parte i menzionati viaggi a Roma, nel quarto decennio del Cinquecento, dove poté avvicinare antiquari e studiosi di antichità, e dove misurò e disegnò pazientemente molti dei monumenti superstiti; dall'altra, le sollecitazioni e i consigli che gli vennero da quel vero erudito che fu il cardinale Ercole Gonzaga, al quale egli esprime la sua gratitudine nella lettera dedicatoria del suo trattato: Gli oscuri et difficili passi dell'opera ionica di Vitruvio, di latino in volgare et alla chiara intelligentia tradotti et con le sue figure a luochi suoi, Mantova 1558. Quest'opera non è una traduzione e commento del terzo libro del De Architectura di Vitruvio., ma è un tentativo, spesso felice, di chiarirne e interpretarne i punti più oscuri. I due passi sui quali egli maggiormente si sofferma sono quelli sulla formazione della voluta ionica e quello sugli scamilli impares. Del primo offre una interpretazione che è ancor oggi seguita dalla maggior parte dei commentatori di Vitruvio, fornendo un metodo nuovo e ingegnoso per descrivere la linea della voluta del capitello ionico. Nel secondo egli affronta la questione degli scamilli impari che per quattro secoli tenne desta l'attenzione di molti studiosi dell'architettura classica; le opinioni del B. in proposito furono controbattute dal letterato B. Baldi nello scritto Scamilli impares vitruviani, Augustae Vindelicorum 1612 (cfr. Mantova, Le. arti, III, p. 45 nota 40).
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