BORELLI, Giovanni Battista
Nacque a Villars del Varo il 20 febbraio 1639. Suo padre, Giacomo, dei signori di Lessola e Castellamonte, primo chirurgo della corte sabauda dal 1644, lo avviò agli studi di legge, che il B. concluse all'università di Torino nel 1662. Esercitò quindi la professione forense nella capitale subalpina, Prima di esser nominato, il 16 dic. 1675, giudice della città di Torino. Da alcuni anni aveva cominciato, del resto, ad apprestare pareri e memorie confidenziali su questioni di procedura e di amministrazione interna, relative per lo più all'attività del Senato di Piemonte, per conto del marchese di San Tommaso; la protezione accordatagli dal segretario di Stato gli valse anzi, in prosieguo di tempo, l'incarico di raccogliere e di ordinare gli editti ducali comparsi dal 1416 in avanti.
Durante la reggenza di Giovanna Battista di Nemours si era cominciato a porre mano in Piemonte a una prima sistemazione del vasto complesso di leggi ereditate dal passato: un ammasso svariato e multiforme di norme, in cui coesistevano, in maniera eterogenea e confusa, diritto comune e diritto canonico, istituti feudali ed editti ducali, statuti autonomi di città e privilegi regionali e territoriali, sentenze del Senato e di altri consessi camerali e amministrativi. Era intenzione della reggente non tanto pervenire a una vera e propria codificazione organica e unitaria, quanto piuttosto rimuovere gradualmente gli ostacoli che di fatto, proprio per le difficoltà pregiudiziali di corretta conoscenza e di sicuro orientamento formale fra un coacervo di leggi accumulatesi via via disordinatamente lungo tre secoli, inceppavano il lavoro dei tribunali sabaudi e la pratica di interpretazione forense e di applicazione giuridica. In questa prospettiva, che comprendeva accanto alla catalogazione delle vecchie disposizioni la pubblicazione delle norme più recenti, erano state edite nel gennaio 1667 le Costituzioni criminali, composte di quarantatré articoli e rinnovanti in parte le norme emanate da Vittorio Amedeo I; seguite tre anni dopo, nell'aprile 1680, dagli Editti civili, relativi alle cause dei poveri, ai feudi, ai testamenti, al giuramento decisorio, all'inventario legale, alla legittima, alla primogenitura. Contemporaneamente era stato affidato incarico all'avvocato Gaspare Bally di raccogliere tutti gli editti principeschi concernenti la Savoia promulgati dal 1559 al 1679, il regolamento del Senato di Savoia e una serie di sentenze del medesimo consesso, in una vasta opera antologica comparsa nel 1679.
E appunto in quegli stessi anni il B. portava a termine l'altra parte del lavoro di ricerca e di catalogazione di tutti gli editti sabaudi: quella relativa ai territori del Piemonte, rielaborata e composta definitivamente entro il febbraio 1681 nella raccolta edita (in 4º e per 1287 pagine) a Torino presso lo stampatore Bartolomeo Zappata, sotto il titolo di Editti antichi e nuovi de' Sovrani Prencipi della Real Casa di Savoia,delle loro Tutrici,e de' Magistrati di quà da' Monti.
In fase preparatoria il B. si era servito dei registri conservati negli archivi di Torino e di altre località piemontesi; il materiale raccolto era stato poi controllato dalla segreteria di Stato, che aveva disposto di concerto anche i criteri generali di distribuzione delle materie e di compilazione dell'opera. Sotto il profilo formale, l'opera del B., comparsa sotto l'autorizzazione ufficiale e con una dedica alla stessa reggente, è divisa in tre parti, con doppio indice dei libri e dei titoli e delle materie: la prima parte, di quarantuno titoli, contiene le procedure relative alle cause civili; la seconda, di ventidue titoli, quelle di natura criminale; la terza, composta di quindici libri, una serie di "regole fatte secondo l'esigenza dei casi in ordine al pubblico governo": procedure e norme in materie ecclesiastiche, demaniali, fiscali, amministrative, di giurisdizione feudale e di regolamento delle "arti liberali e meccaniche", di contratti, successioni e registrazioni notarili, oltre a disposizioni più particolari concernenti le comunità, lo stato giuridico degli ebrei e dei valdesi, la milizia e i delitti di lesa maestà, l'amministrazione dalla città di Torino e il governo politico dello Stato. I vari editti sono elencati in ordine cronologico sotto le singole rubriche; nella prima e seconda parte, tuttavia, gli editti tolti dagli Ordini nuovi di Emanuele Filiberto precedono tutti gli altri, data - a giudizio dell'autore - la loro maggior importanza e perché "atti a illuminare le norme legislative date dai principi anteriori e successivi". Le norme sono riportate integralmente nella loro stesura originale in latino, in italiano e anche in francese (soltanto dal regno di Carlo Emanuele II, era stato ordinato che "tutte le dimande, cedule et altre scritture, per le quali si deduce alcuna cosa in giudizio, debbano esser dettate, in buona lingua volgare, cioè italiana, nei nostri Stati d'Italia").
Sotto il profilo giuridico, l'opera del B. non supera peraltro i limiti, già insiti in altre raccolte private precedenti di Giovanni Nevizzano e di G. Antonio Sola, di una pura e semplice catalogazione delle specie giuridiche più varie, senz'altra finalità che quella di rendere più accessibile ad avvocati e magistrati un materiale non sempre disponibile all'occorrenza in forma completa o andato soggetto col tempo a successive e disperse aggiunte o manipolazioni. Ma anche quest'ultimo obiettivo non risulta sempre raggiunto appieno. In fase di rielaborazione non corrispose infatti al paziente e minuto impegno di raccolta della documentazione un lavoro altrettanto sistematico di revisione critica del testo nello sciogliere le contraddizioni là dove le disposizioni si presentavano ispirate nei tempi più diversi da esigenze talora divergenti o più lontane le une alle altre, e nell'introdurre opportune correzioni ed emendamenti. Per altra parte, l'opera del B. - che conferma su un piano più generale la mancanza, ai vertici, di un disegno politico coerente e unitario inteso ad una nuova sistemazione ideologica dell'ordinamento giuridico (né, del resto, le stesse successive costituzioni del 1723, elaborate in epoca vittoriana, approderanno a un vero codice di tipo moderno) - denuncia chiaramente anche non pochi difetti di impostazione formale: nella distribuzione delle materie, soprattutto (molte norme di diritto civile si trovano disseminate, nelle varie sezioni, invece che raccolte sotto un unico titolo), e in secondo luogo, nella stessa economia interna della compilazione, che, mentre dà eccessivo spazio a semplici regole procedurali, risulta appesantita da disposizioni di scarso rilievo o di indole semplicemente economica e amministrativa, affastellate insieme con le norme di legge in senso sostanziale. "A ciò si aggiunga - osserva il Viora - che non pochi editti di non lieve importanza furono dal Borelli omessi per considerazioni di vario ordine. Ed infine si converrà che la compilazione, lungi dall'eliminare le numerose disformità della legislazione, le aveva poste meglio in evidenza, avvicinando editti discordanti". Di fatto, la raccolta del B. servirà piuttosto come manuale di uso corrente nella pratica forense. In questo senso l'opera (integrata fino al 1740 da una successiva raccolta di editti stampata nel 1800, a Torino) sarà poi continuata a partire dal 1818, sotto il patrocinio di Vittorio Emanuele I e di Carlo Felice, dall'avvocato Domenico Cauda e quindi da P. Onorato Duboin e dal figlio Camillo, e pubblicata a Torino in trenta volumi nel 1868.
A compenso dei suoi servigi, il B. era stato designato fin dal febbraio 1679 a senatore alla prima vacanza che si sarebbe verificata tra i membri del Senato di Piemonte: ciò che avvenne nel febbraio 1682, dopo il rientro del B. da Nizza dove aveva esercitato nel frattempo, accanto alla carica di senatore, anche quella di consigliere del Consolato del mare. Fu anche vicebailo di Aosta; altre sue opere di carattere legale andarono disperse.
Il B. morì a Torino il 10 genn. 1704.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Torino, Lettere particolari, B, mazzo 107 (corrispondenza dal 1675 al 1682); C. Dionisotti, Storia della magistratura piemontese, II, Torino 1881, p. 332; D. Berti Scrittivarii, I, Torino 1892, p. III; A. Manno, Il patriziato subalpino, II, Firenze 1906, p. 372; M. Viora, Le costituzioni piemontesi, Torino 1928, pp. 40-43; G. Quazza, Le riforme in Piemonte nella prima metà del Settecento, II, Modena, 1957, p. 347 n.