BOTTERO, Giovanni Battista
Pubblicista, nato a Nizza il 16 dicembre 1822, morto a Torino il 16 novembre 1897. Lasciata la medicina, a cui si era dedicato dopo aver frequentato le scuole dei gesuiti, fu attratto ben presto dalle lotte politiche. Quando in Piemonte fu accordata maggiore libertà alla stampa periodica, egli, insieme con altri amici, fondò il giornale L'Opinione, che abbandonò ben presto per pubblicare con il Govean e il Borella la Gazzetta del Popolo (giugno 1848). Le vivaci polemiche con i rappresentanti del gretto conservatorismo, con i clericali de L'Armonia, con i municipalisti, la difesa appassionata dei principî liberali procurarono al giornale largo favore. Il B., polemista ardito e pericoloso, fu acerrimo avversario dell'arcivescovo Franzoni e del clero piemontese, contro i quali avventò gli strali del suo Sacco nero che era una rubrica della Gazzetta del Popolo. Fedele monarchico, e dapprima giobertiano convinto, fu però contrario alla proposta d'intervento in Toscana; più tardi divenne fido seguace del Cavour. Sulla fine del '58 egli fece della Gazzetta un centro per l'arruolamento dei volontarî. Protestò con accorata passione per la cessione alla Francia della sua Nizza, che l'aveva voluto ripetutamente suo deputato, ma seppe far tacere il proprio dolore di fronte alle superiori esigenze della patria, e accettò incarichi delicati dal Cavour, che lo inviò in Sicilia al Depretis con istruzioni per l'annessione, e più tardi al Farini. Morto il Cavour, il B. gli succedette nel I Collegio di Torino, ed appoggiò il Rattazzi. Combatté la convenzione di settembre; promosse con patriottica ingenuità un consorzio nazionale per pagare con offerte private il debito pubblico; fu tra gli organizzatori della campagna garibaldina nell'Agro romano, che difese poi con nobiltà di passione in vari articoli. Propugnò la creazione di una "lega pacifica", i cui soci dovevano impegnarsi a non acquistare merci francesi, finché Roma non fosse stata libera. Combattuto dai clericali, lasciò nel '70 il collegio al Sella, e non tornò più alla Camera, né chiese seggio in senato.