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BRICHERASIO, Giovanni Battista Cacherano conte di

di Valerio Castronovo - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 14 (1972)
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BRICHERASIO, Giovanni Battista Cacherano conte di

Valerio Castronovo

Nacque a Bricherasio (Pinerolo) - il 14 nov. 1706 da Teodoro III, capitano del reggimento Monferrato, e da Laura Caissotti di Vigone, vedova del conte Chiaffredo Faletto di Villafaletto. Avviato alla carriera delle armi - come del resto i fratelli Filiberto, Carlo e Gianmatteo, che assumeranno nella seconda metà del Settecento il governo di alcune piazzeforti e città piemontesi -, levò a proprie spese, nell'aprile 1734, il "reggimento dei Valdesi", così battezzato perché i soldati erano stati reclutati nelle valli del Pellice, di Chisone e di San Martino. Ottenuta il 9 aprile la nomina a colonnello della brigata, che cambierà più tardi la sua denominazione in "reggimento della Regina" in onore di Polissena Cristina d'Assia, consorte di Carlo Emanuele III, partecipò alle ultime battute della guerra per la successione polacca in Italia. Ma soltanto più tardi, nel corso delle operazioni militari in difesa della Savoia e delle valli di Casteldelfino, durante la prima fase della guerra per la successione austriaca, il B. ebbe modo di porsi in luce presso il sovrano, ottenendo il 22 genn. 1744 il grado di brigadiere d'armata. Lasciate le valli del Pellice, dove in luglio era stato inviato per prevenire eventuali tentativi di sedizione filofrancese, egli partecipò poi, il 30 settembre, alla testa del suo reggimento alla sfortunata battaglia di Madonna dell'Olmo, presso Cuneo, in cui si comportò onorevolmente, rimanendo ferito sul campo con due suoi fratelli, Carlo e Gianmatteo. Carlo Emanuele III lo promosse, il 9 maggio 1745, a maggiore generale della fanteria trasferendolo l'anno dopo nell'Astigiano, quindi nel Piacentino. Da Piacenza, di cui aveva tenuto per qualche mese il comando militare, il B. muoveva nel gennaio 1747 alla volta di.Savona per ricongiungersi con il "reggimento della Regina" che aveva preso parte, agli ordini del fratello tenente colonnello Gianmatteo, all'assedio del castello, capitolato nel dicembre 1746. Richiamato dal governatore di Savona ed elevato innanzi tempo, per espressa volontà del sovrano, al grado di tenente generale di fanteria il 20 giugno 1747, il B. assumeva da allora il comando in capo delle truppe fatte affluire nelle valli di Susa e di Fenestrelle per la difesa delle frontiere contro i Francesi. E la scelta di Carlo Emanuele (altri uomini potevano venire impiegati sul momento, a cominciare dallo stesso governatore di Susa, marchese Alberico Balbiano, abile difensore di Valenza nel 1745 e comandante delle truppe piemontesi l'anno seguente nell'invasione della Provenza) doveva rivelarsi particolarmente felice nel corso dell'ultima fase del conflitto, segnata dalla famosa battaglia dell'Assietta.

Su questo fatto d'armi, che decise la sorte dell'ultima offensiva franco-spagnola in Italia e capovolse in favore dell'esercito austro-piemontese le fortune della guerra, si venne dibattendo a lungo, nella seconda metà dell'Ottocento, fra i maggiori storici piemontesi, in particolare intorno al ruolo effettivamente svolto nella circostanza dal Bricherasio. Le vicende salienti di quella giornata sono note. Appena avuta notizia certa della manovra diversiva dall'alto Delfinato in direzione di Exilles e Fenestrelle concertata dal maresciallo francese Belle-Isle (in difficoltà nella sua avanzata lungo la Riviera ligure) con il fratello Ch.-Armand de Fouquet, erano stati schierati sul confine delle Alpi dieci battaglioni piemontesi affidati al B. e quattro austriaci comandati dal conte di Colloredo, ai quali erano stati aggiunti all'ultimo momento da Carlo Emanuele III altri dodici battaglioni. Il cavaliere di Belle-Isle con ventinove battaglioni e sette pezzi da montagna, valicato il Monginevro e giunto il 18 luglio a Côte-Plane di fronte all'Assietta, s'era mosso all'indomani alla conquista dell'altura con due grosse colonne, mentre la terza avrebbe dovuto puntare, scendendo nel vallone dell'Assietta, sul Grand Serin, per aggirare gli avversari e tagliar loro la ritirata. Contro queste colonne il B. ne schierava altre tre di Austro-sardi: 5.400 Piemontesi nei trinceramenti allestiti all'Assietta e 2.000 Austriaci immediatamente a ridosso. Lo scontro aveva avuto fasi alterne: i Francesi erano parsi sul punto di travolgere le ridotte alla Testa dell'Assietta, ma alla sera i Piemontesi erano rimasti padroni del campo mentre l'esercito del Belle-Isle (caduto in combattimento) aveva dovuto ridiscendere la vallata in piena rotta, dopo aver subito perdite molto ingenti. Secondo il Dabormida, ma (sia pur con qualche variante) a giudizio anche del Manno e del Carutti, il merito principale dell'esito positivo della battaglia andava attribuito al conte Paolo Novarina di San Sebastiano, capitano dei granatieri del reggimento guardie, il quale per ben tre volte avrebbe rifiutato di eseguire l'ordine, impartitogli dal B., di ripiegare dai capisaldi della Testa dell'Assietta e del fianco occidentale dell'altopiano, investiti da ripetuti e massicci assalti nemici, verso il Grand Serin, la cui difesa era da lui ritenuta di importanza capitale per la salvezza delle truppe. Sarebbe stato, pertanto, in virtù di questa "sublime disubbidienza" del conte di San Sebastiano, che era poi riuscito a ricacciare indietro l'incursione dei Francesi, se le posizioni sull'Assietta erano state tenute e la vittoria era andata infine ai Piemontesi. Uno storico militare, l'Alberti, ricondusse nel 1902, sulla base di un'ampia documentazione d'archivio e di uno studio accurato delle varie fasi della battaglia, questi ed altri episodi alle loro reali proporzioni. Ma giunse a stabilire, soprattutto - a prescindere dall'opportunità di una ritirata del grosso delle forze piemontesi sul Grand Serin, ove la situazione fosse precipitata, data l'esigenza pregiudiziale di ritardare comunque la seconda fase del piano francese di sfondamento su Fenestrelle -, che nessun ordine di concentramento era stato impartito di fatto dal B., come del resto è confermato, per altri versi, dalla relazione ufficiale a Carlo Emanuele III, stesa qualche giorno dopo la battaglia dal conte Giuseppe Damiano di Priocca, e da tutti gli altri rapporti coevi di ufficiali piemontesi e austriaci, che ignorano la "triplice disubbidienza" del conte di San Sebastiano.

Ricompensato da Carlo Emanuele III con il collare della gran croce dell'Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro il 19 sett. 1748, quindi il 17 novembre con la commenda di Santa Fede di Vercelli e la pensione annua di 1.200 lire, il B. assumeva, l'11 maggio 1750, l'incarico di precettore del duca di Chiablese e l'anno seguente, con patenti del 3 sett. 1751, era nominato rappresentante del sovrano, con il titolo di viceré e di capitano generale, nell'isola di Sardegna, da cui ritornava quattro anni dopo per assumere, il 16 luglio 1755, la carica di governatore della città e del contado di Tortona. Ma è con il passaggio tre anni dopo, il 24 apr. 1758, al governatorato di Alessandria che il B. avrà modo di consolidare la sua esperienza politica e amministrativa, nell'ambito della linea segnata da Carlo Emanuele III di governo burocratico-militaresco, ma anche di rafforzamento delle istituzioni centrali dell'amministrazione e di limitazione dei privilegi del clero. Nei confronti di alcuni ordini religiosi, il B. ebbe a svolgere, in particolare, durante il suo lungo mandato ad Alessandria opera vigile ed attenta, anche se in quegli anni i problemi più immediati che si trovò a risolvere furono piuttosto quelli della lotta al contrabbando e ad altri abusi delle comunità locali in funzione delle nuove misure mercantilistiche adottate in Piemonte.

L'attività politica del B. si concluse peraltro con il richiamo a Torino nel 1763 e la nomina, il 15 ottobre, a governatore della cittadella di Torino, cui seguiranno ancora, il 4 dicembre, il conferimento del collare del supremo Ordine dell'Annunziata e la promozione, il 4 marzo 1771, a generale di fanteria e gran mastro delle artiglierie.

Il B., che aveva ereditato tutti i diritti paterni con l'investitura del feudo di Bricherasio (2 marzo 1737), una parte del quale apparteneva al ramo dei Cacherano di Osasco, cercò di ribadire i vecchi privilegi signorili, ottenendo nell'ottobre 1738 dalla Camera dei conti il richiamo all'osservanza dei pedaggi stabiliti nel dicembre 1713 sul transito di vini, sete, bestiame e pelli. Respinse quindi, in varie occasioni, qualsiasi richiesta della comunità locale di affrancamento da decime e altre prestazioni. Ma assai più puntigliosamente egli si impegnò in una lite con il comune, trascinatasi poi dal 1737 al 1765, in merito all'utilizzazione del canale derivato dal Pellice, di cui egli rivendicava il possesso, onde non venisse pregiudicata l'attività di una delle sue cartiere. D'altra parte, gli interessi manifatturieri del B. si ritroveranno in conflitto con il comune ancora qualche anno più tardi, quando quest'ultimo rifiuterà di cedere il terreno necessario per l'allargamento di un battitore da rusca e canapa, proprietà del B.; salvo a coalizzarsi insieme, come nel luglio 1768, nell'opposizione ad un progetto che avrebbe voluto drenare maggior quantità d'acqua dal Pellice a vantaggio dei comuni limitrofi di Fenile, Campiglione e Cavour. Tra il 1770 e il 1775 provvide a rimodernare la sua villa di Bricherasio, una dimora di fine Cinquecento conservatasi tuttora nello stile dell'epoca.Il B. morì a Bricherasio il 6 sett. 1782, lasciando nove figli, di cui quattro femmine, natigli dal matrimonio (avvenuto il 28 febbr. 1734) con Maria Vittoria Ripa di Meana.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Sezione I, Lettere particolari B., mazzo 120; C, mazzo 1; Ibid., Materie militari. Ufficio del Soldo, mazzo 2 di addiz.; Ibid., Sezioni Riunite, Guerra e Marina,Lettere del Re, 1745-1749, voll. 21º e 22º e Ruoli del reggimento Regina, 1744-1748; Ibid., Patenti Piemonte, reg. 175, 1º, f. 20; 182, f. 17; Ibid., Controllo Finanze, 1734, reg. 2º, f. 76; 1744, reg. 18, f. 44; 1745, reg. 19, f. 66; 1746, reg. 20, ff. 105 e 151; 1755, reg. 27, f. 129; 1758, reg. 30, f. 152; 1763, reg. 35, f. 116; 1771, reg. 44, f. 63; Torino, Bibl. Reale, Misc. 103/129; Torino, Bibl. Naz., ms.: A. Manno, Il Patriz. subalpino, III, 1, ad vocem Cacherano di B.; V. Galli della Loggia, Cariche del Piemonte, Torino 1798, II, app., parte I, p. 7; D. Carutti, Storia del regno di Carlo Emanuele III, Torino 1859, II, pp. 21 ss.; V. Dabormida, La battaglia dell'Assietta, Roma 1877, passim;A. Manno, Breve nota sulla battaglia dell'Assietta, in Atti dell'Accad. di scienze di Torino, XVII (1881-82), pp. 799-811; A. Alberti, La battaglia dell'Assietta. Note e documenti, Torino 1902, passim;F. Gabotto, La verità sulla battaglia dell'Assietta secondo la minuta della relazione Priocca, in Boll.stor. bibl. subalpino, XI (1906), pp. 227 ss.; 1706-1906. Bricherasio. Numero unico in occasione del bicentenario della nascita del generale G. B. Cacherano di Bricherasio, Pinerolo 1906; F. L. Peracca, La battaglia dell'Assietta. La pace, Torino 1909, pp. 31 ss.; L. C. Bollea, Storia di Bricherasio, Torino 1928, pp. 415, 596-599, 630-633; Id., Cartario di Bricherasio, Torino 1958, pp. 532 ss.; M. Bernardi, Piemonte eroico, Torino 1940, pp. 122 ss.; A. Pedrini, Ville dei secc. XVII e XVIII in Piemonte, Torino 1965, pp. 385 ss.

Vedi anche
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