CARACCIOLO, Giovanni Battista
Primogenito di Oliviero e Viola di Rostaino della Leonessa, nacque intorno alla metà del sec. XV. Fu al servizio dei re aragonesi, ai quali prestò la propria opera fedelmente, come egli stesso ebbe a dichiarare ai Savi della Repubblica veneta nel dicembre del 1500. Nel 1480-81 il C., che aveva già seguito il duca di Calabria in Toscana nel 1478 fece parte dell'esercito aragonese, che il 10 sett. 1481 rioccupò Otranto, conquistata dai Turchi l'8 ag. 1480. Il 15 sett. 1484 prese in consegna, insieme con Luise Pallavicini ed il conte Alberico di Lugo, la città di Gallipoli restituita dai Veneziani al re di Napoli, in seguito agli accordi stipulati nella pace di Bagnolo. Nel novembre dell'anno successivo, apertesi le ostilità fra Ferdinando d'Aragona ed il papa, schieratosi a sostegno dei baroni ribelli, il C. fu incaricato dal sovrano di assoldare per l'esercito regio fanti provisionati nelle terre di Virginio Orsini, il quale all'interno dello Stato pontificio si era dichiarato a favore del re di Napoli. Rimase evidentemente presso l'Orsini, poiché nel febbraio del 1486 era alla difesa di Civita Lavinia, quando questa si arrese alle truppe papali, guidate da Antonio Maria Sanseverino e da Prospero Colonna; il C., preso prigioniero insieme con Bartolomeo d'Alviano, fu condotto a Roma il giorno 20 e imprigionato in Castel S. Angelo. Tornato in libertà, quale aiutante di camera del duca di Calabria, nel 1487 fu incaricato di recare a Isabella Del Balzo, figlia del principe di Altamura, l'annuncio delle sue prossime nozze con Federico, secondogenito del re.
L'8 genn. 1494, poco prima della morte di Ferdinando e l'apertura ufficiale delle ostilità fra Carlo VIII ed il Regno, il C. era ancora al servizio degli Aragonesi e seguì pertanto Ferrandino in Romagna, ma nell'aprile dell'anno seguente, passato alle dipendenze del duca di Montpensier, otteneva dai Francesi la conferma di alcuni feudi.
Nel dicembre del 1498, dichiarato fuoruscito del Regno, circondato da una notevole fama di valor militare e considerato "huomo di farne conto", il C. passò ai servizi della Repubblica veneta, con 1.000 ducati annui di provvigione. Proveniva da Roma, dove nel maggio del 1497 pare fosse rimasto degente in seguito ad una grave ferita, ed aveva recato a Venezia l'offerta dei servizi di Prospero Colonna. Nel luglio del 1499 la Repubblica lo nominò capitano delle fanterie con lo stipendio mensile di 100 fiorini ed il comando di 500 provisionati e 50 balestrieri a cavallo.
Pieno di iniziativa e di energia, il C. assumendo la nuova carica prese vari provvedimenti amministrativi ed organizzativi, fece cambiare le forniture di armi, ottenne il potere di vita e di morte sui fanti. Nell'agosto l'esercito veneto, di cui il C. faceva parte, mosse verso la Lombardia, contro la quale avanzavano dall'altro lato le truppe francesi. Il 28 agosto contribuì alla caduta di Caravaggio rimanendo ferito da due colpi di spingarda; si oppose comunque al saccheggio della cittadina e fu favorevole poco più tardi alla concessione di una tregua di quattro giorni chiesta da Cremona.
Fuggito nel settembre Ludovico il Moro da Milano e installatisi subito dopo i Francesi nella città, la Signoria di Venezia si trovò a dover fronteggiare le scorrerie dei Turchi nel Friuli, provocate dai disperati inviti rivolti dallo Sforza agli infedeli, al fine di distogliere Venezia dall'azione antisforzesca. Il C. non ricevette certo gloria da questa campagna, poiché l'esercito veneto, comandato da Carlo Orsini (che fu licenziato subito dopo), non poté impedire che i Turchi compissero in tutto il Friuli una terribile scorreria di una settimana. Tornato a Cremona, alla fine dell'aprile del 1500 il C. scriveva alla Signoria dichiarandosi insoddisfatto della sua inattività e dicendosi pronto anche ad "andar in galia a manzar biscoto" pur di essere utilizzato. Nel dicembre ribadì alla Signoria questi concetti, chiedendo nel contempo licenza per andare a prendere a Urbino la promessa sposa Dorotea, figlia di Roberto Malatesta, nata nell'aprile del 1478 e dama di corte della duchessa di Urbino.
La mancata concessione di questo permesso da parte della Signoria fu per il C. e per la giovane gravido di conseguenze, perché a metà febbraio il C., che era in campo a Gradisca, ebbe la notizia del rapimento della fidanzata, avvenuto nei pressi di Cervia ad opera di un drappello spagnolo appartenente alle truppe del duca Valentino. Il, C. implorò invano licenza per poter compiere la sua vendetta. La Repubblica inviò invece lettere di protesta a Roma e in Francia; l'offesa subita da un capitano delle sue fanterie non poteva che essere intesa come fatta alla Signoria. Passarono tre anni prima che Dorotea fosse liberata, poiché soltanto nel dicembre del 1503 l'oratore veneto a Roma riusciva a ottenerne la restituzione.
Dopo aver ricevuto precise garanzie per la sua incolumità, la sposa raggiunse il C. nel febbraio del 1504 a Faenza; questi ottenne per il forzato ritardo del suo matrimonio un risarcimento dai beni appartenuti al Valentino, che nel novembre dell'anno precedente aveva visto compiersi lo sgretolamento del suo Stato.
Nel giugno del 1507 il viceré spagnolo a Napoli confermò al C. tutti i feudi che il padre, morto nel 1502, gli aveva lasciato in eredità.
Il C. rimase a Faenza fino all'agosto di quell'anno, quando fu chiamato a Venezia perché desse il suo contributo alla preparazione della guerra che si profilava fra la Repubblica e Massimiliano d'Asburgo. Trascorsa a Rovereto una breve convalescenza resa necessaria da una caduta da cavallo, prese parte ai fatti d'arme che al principio del 1508 segnarono l'inizio della guerra veneto-imperiale. Il 23 luglio era a Isola della Scala (Verona) e lì un napoletano, Alberico Dentice, suo parente, lo uccise pugnalandolo alle spalle.
L'assassino, fuggito nelle terre del marchese di Mantova, fu catturato e processato a Verona e - rimaste poco chiare le cause che ne avevano armato la mano - condannato a morte per squartamento.
Nel dicembre la moglie del C., che gli aveva dato quattro figli, Viola, Isabella, Battista e Marco Oliviero, ottenne un sussidio dalla Repubblica.
Fonti e Bibl.: Cronica di Napoli di notar Giacomo, a cura di P. Garzilli, Napoli 1845, pp. 309 s.; Codice aragonese..., a cura di F. Trinchera, II, 2, Napoli 1870, p. 41; M. Sanuto, Diarii, I-VII, Venezia 1879-1882, ad Ind.; N. Barone, Le cedole di tesoreria…, in Arch. stor. per le prov. napol., IX (1884), p. 622; O. Mastroianni, Sommario degli atti della cancelleria..., ibid., XX (1895), p. 60; Regis Ferdinandi primi imtruct. liber..., a cura di L. Volpicella, Napoli 1916, pp. 236, 282, 393; Il Diario romano di Gaspare Pontani, in Rer. Ital. Script., 2 ediz., III, 2, a cura di D. Toni, p. 58; Diario della città di Roma... di A. de Vasco,ibid., XXIII, 3, a cura di G. Chiesa, p. 537; F. Guicciardini, Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, II, Bari 1929, p. 51; F. De Pietri, Cronologia della famiglia Caracciolo, Napoli 1803, pp. 92 s.; F. Musoni, Le ultime incursioni..., in Atti d. Acc. di Udine, s. 3, I (1893-1894), p. 110; F. Caracciolo, Mem. della famiglia Caracciolo, II, Napoli 1897, p. 317; G. Cogo, L'ultima invasione de' Turchi..., in Atti della R. Univ. di Genova, XVII (1902), pp. 50, 70; O. Vancini, Diun rapimento attribuito al Valentino, in La Romagna, II (1907), pp. 491, 496-502; F. Fabris, La genealogia della famiglia Caracciolo, a cura di A. Caracciolo, Napoli 1966, tavv. XXXVIII.