CAVALLETTO (de Cabaleto, de Capalitis), Giovanni Battista
Figlio di Francesco, cittadino bolognese, fu pittore, scultore, musicista, poeta, ma, soprattutto, miniatore. La sua attività è documentabile dal 1486 al 1523, nel periodo, quindi, in cui le arti, a Bologna, furono particolarmente incoraggiate dal mecenatismo dei Bentivoglio.
Una canzone intitolata Contro la desperata, unica sua composizione letteraria pervenutaci e dedicata ad Annibale Bentivoglio, figlio di Giovanni II, autorizza la congettura che il C. abbia lavorato per la loro corte e che, di conseguenza, opere sue siano andate distrutte nel "guasto" del palazzo, perpetrato dal popolo bolognese. In tale canzone il C. fa mostra del suo temperamento esuberante ed artistico e chiude l'ultima delle 47 terzine che la compongono con il verso: "Io degli alegri porto il confalone". Oltre che manoscritta nel Cod. Sessorianus 413 (Roma, Bibl. naz.), la canzone apparve, vivente l'autore, in due raccolte pubbl. a Venezia: Fioretto de cose nove nobilissime e degne de diversi autori, 1510, e Sola Virtus. Fior de cose nobilissime e degne de diversi autori, 1514. E che dai suoi contemporanei il C. fosse tenuto in tutta considerazione è dimostrato dal fatto che già il poeta portoghese Enrico Cajado lo celebrò nelle sue Aeclogae et Silvae et Epigrammata pubblicate nel 1501 a Bologna.
Verso la fine del sec. XV il C. abitava sotto la cappella di S. Giuliano, nei pressi della porta S. Stefano e teneva bottega, unitamente a Felisio de Senis, legatore di libri, sotto la cappella di S. Andrea degli Ansaldi in pieno centro della città.
Scipione, figlio del C., anche lui miniatore, abitava nella casa del padre, dove soggiornò brevemente Benvenuto Cellini, quando si recò a Bologna nell'anno 1516 a "imparare a suonare" (La Vita, a cura di P. D'Ancona, Milano 1926, p. 22). Si deduce da ciò che la bottega dei Cavalletto, padre e figlio, aveva una portata artistica più ampia e non limitata alla scuola di miniatura. Sembra, tuttavia, che il figlio si sia dedicato esclusivamente a questa attività, del resto in posizione nettamente subordinata rispetto al padre. Collaborarono con Scipione i miniatori Giovanni Battista Trombetti, bolognese, e Damiano, parmense.
Nella sua principale attività di miniaturista il C. fuse lo stile tradizionale della scuola bolognese con indubbie ispirazioni di origine ferrarese e fu certamente anche influenzato da Martino da Modena, assieme al quale lavorò ai libri corali della chiesa di S. Petronio. È del 1486 la miniatura rappresentante i SS. Fabiano e Sebastiano, nella prima pagina della Missa Sanctae Crucis et Beatae Mariae Virginis et Angelorum et aliorum Sanctorum (Bologna, Museo della Fabbrica di S. Petronio, Corale XII).
Dai libri dei pagamenti della Fabbrica di S. Petronio risulta che il C. ricevette pagamenti il 27 ott. 1509 e il 6 maggio 1511 probabilmente riferentisi al Corale XIV (Messa di S. Petronio),conservato nel Museo della stessa fabbrica, il 27 nov.1522 e il 2 marzo 1523 probabilmente per il Corale XV (Vespri nella solennità del Santo). Negli stessi libri sono ampiamente documentati pagamenti anche a Scipione e ai suoi collaboratori. Ben poco differenziabile dallo stile del C. è quello del figlio Scipione che ne fu ovviamente il più vicino collaboratore. Tuttavia, come anche i minori importi e il maggior numero dei mandati di pagamento a suo favore fanno presumere, la collaborazione di Scipione deve essersi prevalentemente limitata, oltre che alle lettere capitali, in unione con Damiano, alla ornamentazione delle bordure assieme al padre. Queste recano quadretti rappresentanti i Miracoli di s. Petronio, Storia della vita dis. Giovanni Battista e altri episodi religiosi: in essi l'autore rivela, oltre alla diligenza del miniaturista, anche una buona mano di disegnatore. Particolarmente interessanti sono i Miracoli di s. Petronio che, negli sfondi, presentano vedute della Bologna medievale, con torri e mura merlate. Una mano diversa (o di Damiano, o del Trombetti) è individuabile nei margini delle carte 7v e 8r del Corale XIV che raffigurano in toni leggeri insetti e fiori, di tutt'altra maniera.
Il 1° febbr. 1523il C. pose l'unica firma e datazione che di lui conosciamo alla miniatura con l'Incoronazione di Maria nella prima pagina degli Statuti dell'arte dei mercanti e drappieri di Bologna (Museo civico): Dio e la Vergine troneggiano su un podio in una sala a colonne e, ai loro piedi, stanno due Angeli suonanti il liuto e quattro Santi, due per parte.
Al C. è anche attribuita la miniatura del frontespizio degli Statuti del Collegiodei giuristi di Bologna (Arch. di Stato) rappresentante l'Assunzione di Maria fiancheggiata dai ss. Pietro e Paolo in ginocchio, in uno spazioso paesaggio e, in primo piano, su un terreno nettamente diviso da quello dello sfondo, le figure di dodici giuristi, con i loro manti di ermellino, in posizione adorante (1502). A un Ufficio della Settimana santa proveniente dall'abbazia lateranense di S. Salvatore e conservato nel Museo civico di Bologna probabilmente collaborò con il C. anche il figlio Scipione.
Nel campo della miniatura rinascimentale spetta al C. un posto di notevole importanza, soprattutto per il raffinato buon gusto figurativo e la grandiosità delle sue composizioni. Come si rileva in modo particolare nella Incoronazione della Vergine, egli conferì alle sue miniature l'ampio respiro delle pitture su tavola; e infatti Arslan gli attribuisce due tavole con S. Pietro e S. Giovanni Battista e un trittico (ad eccezione del timpano) rappresentante la Vergine con il Bambino, un Santo vescovo e S. Giovanni Battista, esistenti nel Museo della basilica di S. Stefano in Bologna. Le bordure e le ornamentazioni, che si osservano nei libri che al C. sono attribuiti e che è difficile stabilire quanto siano opera sua e non piuttosto del figlio, rivelano una straordinaria eleganza e una piacevole varietà di motivi: giochi di nodi di stile moresco alternati con cornici architettoniche e altri elementi classici, il tutto ravvivato da medaglioni con profili, stemmi, motti, cartigli e fiori. Èindubbio che il C. abbia avuto diretto contatto con Lorenzo Costa e, attraverso costui, abbia sentito influenze derivanti da Filippino Lippi suo maestro. Contatti l'artista deve avere altresì avuto con Francesco Francia e con gli altri pittori bolognesi; ed è probabile che in certe sue composizioni di piena grandiosità rinascimentale, egli si sia ispirato a Giovanni Bellini e forse anche a Raffaello (Arslan). Non è conosciuta nessuna opera che ci permetta di giudicare dell'attività di scultore del Cavalletto (cfr. Thieme-Becker).
Bibl.: A. Masini, Bologna perlustrata, Bologna 1666, p. 627; Bologna, Bibl. com. dell'Archiginnasio: M. Oretti, Notizie de' profess. del disegno...(ms. sec. XVIII), I, p. 409; P. A. Orlandi, Abecedario pittorico, Bologna 1704, p. 194; F. Malaguzzi Valeri, La collez. delle miniature nell'Arch. di Stato di Bologna, in Arch. stor. dell'arte, VII(1894), pp. 12-16; Id., La miniat. in Bologna dal XIII al XVIII sec., ibid., s. 2, II (1896), pp. 283, 308 s., 314 s.; L. Frati, I Corali della Basil. di S. Petronio, Bologna 1896, pp. 27 ss., 31, 70, 79 s., 97 s., 100-105; Catal. della mostra di arte sacra, Torino 1898, pp. 91, 95, 107 s.; Monumenta paleographica sacra, Torino 1899, pp. 56, 60 s., tavv. CV, CXIII-XV; H. J. Hermann, Zur Gesch. der Miniat. Maler am Hofe der Este in Ferrara, in Jahrbuch der kunsthistor. Sammlungen des Allerhöchsten Kaiserhauses, XXI(1900), p. 196 n. 1; W. Arslan, G. B. C. in Il Comune di Bologna, XVIII(1931), 2, pp. 19-22; 8, pp. 3-5, ill.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, pp. 218-220 (con bibl.).