CENNINI, Giovanni Battista
Fiorentino, fu fonditore in bronzo e autore di commessi in pietre dure. Le fonti (riferite dal Tanfani Centofanti) lo riportano come figlio di Iacopo, ma la sua data di nascita rimane ignota. La prima notizia riguardante l'attività del C. risale al 1597, anno in cui venne eseguito dall'architetto Iacopo Lafri il coro della chiesa votiva della Madonna dell'Umiltà di Pistoia, costruita sul luogo ove - secondo la tradizione - un'immagine della Vergine col Figlio aveva trasudato, dando origine a un'intensa devozione. Le colonnine di bronzo che sorreggono gli stalli del coro sono ricordate come opera del Cennini. Pochi anni dopo il C. era impegnato, insieme con lo scultore Giovan Battista Caccini e gli allievi (Gherardo Silvani, Agostino Bugiardini), nell'esecuzione - durata sette anni, 1600-1607 - della complessa macchina dell'altar maggiore della chiesa agostiniana fiorentina di S. Spirito, comprendente anche il coro e il ciborio. Il C. eseguì per questa composita opera il tabernacolo del SS. Sacramento, formato da otto facce con quattro figurine di bronzo inserite nelle nicchie. Le facce sono separate da colonnine di bronzo rivestite di lapislazzuli, e posano su mensole modellate a teste di cherubini. L'intero complesso fu uno dei più ammirati lavori d'équipe del primo Seicento fiorentino: significativa ne è la commissione a opera di un rappresentante della nuova classe dirigente granducale, il senatore Giovan Battista Michelozzi (Bocchi-Cinelli). Altra opera di collaborazione è l'altar maggiore della Badia fiesolana, eseguito dal C. negli anni 1610-1612 su disegno di Pietro Tacca. L'opera gli fu commissionata dall'abate Marco A. Manetti da Massa, che la consacrò nel 1620 (Viti).
Sulla scorta cli questi riusciti impegni, una certa notorietà dovette contrassegnare l'attività del C., se il 22 luglio 1621 egli venne chiamato, insieme con un altro scultore fiorentino, Pier Maria di Giovan Francesco Ciottoli, a stimare in Pisa le operazioni di restauro che uno scalpellino, Bastiano di Lorenzo Bitozzi, aveva eseguito al fonte battesimale e al pulpito di Nicola Pisano nel battistero. Viene così ad avere riconoscimento la presumibile consolidata esperienza del C. nei lavori di commesso in pietre dure. Il ricordo di questa stima doveva essere ancora vivo a Pisa otto anni dopo, perché il suo nome viene fatto in una causa (registrata il 25 marzo 1629) che vede coinvolti da una parte l'operaio della primaziale pisana Curzio Cecchi e dall'altra lo scultore Chiarissimo Fancelli, che aveva composto un nuovo pulpito in duomo usando in parte elementi originali di sua esecuzione e in parte usufruendo di frammenti tolti dall'antico pergamo, opera di Giovanni Pisano.
Il procuratore Francesco Guadagni fa il nome del C. come possibile stimatore nella causa (si trattava di stabilire se il Fancelli era rimasto fedele al progetto da lui elaborato per l'opera), ma è probabile che vi possa esser stata confusione tra due persone di nome somigliante, perché negli atti del processo risulta invece che il perito nominato dal Fancelli per la sua parte non fu il C., ma Giovan Battista Cenni (Tanfani Centofanti).Probabilmente l'ultima notizia riguardante il C. è quella relativa all'esecuzione dell'altar maggiore di marmo e del ciborio in commesso di pietre dure della chiesa fiorentina di S. Simone in Piazza, il cui rinnovamento (comprendente anche un ricco soffitto ligneo intagliato, dorato e dipinto) fu intrapreso dal 1630 da fra' Bartolommeo Galilei, cavaliere dell'Ordine di Malta e maggiordomo del cardinale Leopoldo de' Medici; dopo questo lavoro tacciono le notizie riguardanti il Cennini. È ignota anche la data della sua morte. Suo figlio, Bartolommeo, fu anche fonditore.
Fonti e Bibl.: F. Bocchi-G. Cinelli, Le bellezze della città di Firenze..., Firenze 1677, pp. 142, 391; G. Richa, Not. istor. delle chiese fiorent. ..., Firenze 1754, p. 250; IX, ibid. 1761, pp. 29 s.; F. Tolomei, Guida di Pistoia, Pistoia 1821, p. 95; L. Biadi, Not. sulle antiche fabbriche di Firenze..., Firenze 1824, pp. 50, 160; G. Beani, S. Maria dell'Umiltà. Notizie storiche...,Pistoia 1890, p. 57; L. Tanfani Centofanti, Notizie di artisti tratte dai docum. pisani, Pisa 1897, pp. 69, 113; O. H. Giglioli, Pistoia nelle sue opere d'arte, Firenze 1904, p. 14; V. Viti, La Badia fiesolana, Firenze 1926, p. 92; W. ed E. Paatz, Die Kirchen von Florenz …, V, Frankfurt am Main 1953, pp. 109, 115 n. 1, 141; G. Marchini, Il tesoro del duomo di Prato, Milano 1963, pp. 85, 126 (viene menzionato un figlio del C. marmoraro, Cesare); P. Torriti, P. Tacca da Carrara, Genova 1975, pp. 92 s.; La Badia fiesolana, Firenze 1976, pp. 110 s.; U. Thieme-F. Becker, Künstlerlexikon, VI, p. 283.