GIOVANNI BATTISTA da Udine
Ignoti sono gli estremi biografici di questo pittore friulano, figlio del falegname Giovan Francesco, abitante in Sacile, e di Antonia (Joppi). In una sua opera firmata ma non datata - la Madonna col Bambino del Petit Palais di Avignone - G. si definisce allievo di Alvise Vivarini.
Per quanto non altrimenti documentabile, l'alunnato vivariniano rientrava nel cursus formativo dei pittori friulani dello scorcio del Quattrocento, il cui linguaggio figurativo, pur con diverse declinazioni, fondeva istanze padovane e muranesi, nella fattispecie secondo il mantegnismo di Bartolomeo Vivarini, integrate con riferimenti alla grafica tedesca.
Sulla base dell'indicazione della tavola di Avignone e del confronto con le poche altre opere firmate la critica ha recentemente proposto un allargamento del catalogo di G. e una più compiuta ricostruzione del suo percorso stilistico (Fossaluzza). Alla metà degli anni Ottanta del Quattocento dovrebbe risalire la Madonna col Bambino della cappella del castello di Rottenburg (Tirolo), il cui grafismo accentuato è ancora vicino alle formule di Gian Francesco da Tolmezzo (Giovanni Francesco Dal Zotto), ma con esito qualitativo inferiore. Una maggiore aderenza alle forme di Alvise Vivarini si riscontra, invece, in un gruppo di otto tavole raffiguranti la Madonna col Bambino, il cui identico schema compositivo, di matrice belliniana, lascia supporre l'uso di un unico cartone preparatorio: tra queste si segnalano la tavola del Museo di belle arti di Budapest e quella con fondo oro dello Stiftmuseum di Klosterneuburg, presso Vienna. Risale ai primi anni Novanta la Madonna col Bambino, già nella collezione Calligaris a Terzo d'Aquileia, dove il sottile linearismo dei tratti somatici, l'evidenza un poco schematica degli stacchi coloristici e il paesaggio strutturato sulla semplice divisione tra zona fluviale e piana pedemontana trovano un preciso modello in alcune opere di Alvise Vivarini, il cui linguaggio è però qui tradotto nella forma più sciatta divulgata in quegli stessi anni da Iacopo da Valenza. Nel 1493 G. eseguì a Sacile alcune pitture, perdute, in una casa di Giacomo de' Bonasiis, il cappellano della chiesa parrocchiale (Goi, p. 38). È probabile che subito dopo il pittore si trasferisse a Udine visto che nel 1494 lavorava nella bottega del pittore e intagliatore udinese Giovanni Martini (Joppi), col quale spesso è stato confuso. Tra il 1494 e il 1496 è documentato un suo intervento nella decorazione del duomo di Sacile (Goi, p. 43).
Si trattava di un lungo fregio ad affresco che correva sulla parte alta della navata maggiore sino all'arco trionfale, di cui oggi rimangono soltanto alcuni lacerti staccati e conservati nella sagrestia: nel fregio erano raffigurate le figure a mezzo busto di Sibille e Profeti inserite entro medaglioni impostati prospetticamente. L'opera era stata iniziata nel 1490 da Antonio Zago, che due anni dopo aveva abbandonato l'impresa. Se quel poco che è rimasto non facilita la distinzione delle due mani (ma l'intervento di G. è riconoscibile almeno nella figura della Sibilla Persica: Casadio, 1996), è tuttavia abbastanza per riconoscere il modello iconografico nella serie di incisioni con Sibille di Baccio Baldini. Il sistema, sicuramente originale nella scelta del prototipo fiorentino, non era però desueto in area friulana, come dimostra l'importante ciclo di affreschi di Gianfrancesco da Tolmezzo in S. Leonardo a Provesano, ispirato alle stampe di Martin Schongauer.
Il costante aggiornamento alvisiano, manifestato fin dalle prime opere e coinciso con il maggior stimolo ricevuto dall'ambiente udinese, è palese nella già ricordata Madonna col Bambino del Petit Palais di Avignone del 1495 circa, dove G. tentò di imitare la Madonna delle ciliege di Bartolomeo Vivarini, conservata presso l'abbazia di Westminster di Londra (Laclotte - Mognetti). Cronologicamente vicina è l'Imago pietatis della parrocchiale di Donji Stoliv alle Bocche di Cattaro, probabilmente cimasa di un attardato polittico, come lascia supporre il profilo trilobato della superficie pittorica: in questo caso il prototipo alvisiano, riconoscibile nel Cristo passo tra due angeli del Museo diocesano di arte sacra di Bergamo, è tradotto in un compiaciuto grafismo metallico che lo porta a una semplificazione esasperata del modellato, simile a quella visibile nella pala di Pellegrino da San Daniele nella parrocchiale di Osoppo (1494-95). In questi anni G. sembra avvicinarsi con curiosità, ma anche con superficialità, all'arte di Giovan Battista Cima da Conegliano. La scelta del nuovo modello è evidente nella Madonna col Bambino, già in collezione privata a Vienna, firmata e datata 1497 (Fossaluzza, pp. 50-52).
Le figure della tavola, forse ridotta sui quattro lati, sono foggiate pedissequamente sulla Madonna col Bambino realizzata da Cima nel 1496 per la chiesa di S. Maria delle Grazie di Gemona. Alla consueta base stilistica vivariniana si aggiungono qui le desinenze del linguaggio cimesco, riscontrabili nell'abbondanza delle pieghe del mantello di Maria, nei tratti più morbidi dei volti e dei capelli, nel paesaggio campestre, forse poco analitico ma felicemente armonizzato al gioco cromatico e chiaroscurale dei personaggi in primo piano.
L'anno 1496 o 1499 (l'ultima cifra non è leggibile) compare, insieme con la firma, nella Madonna col Bambino tra s. Giovanni Battista e s. Girolamo, conservata presso il Museo di belle arti di Budapest. La tavola mostra uno scarto stilistico evidente rispetto alla Madonna viennese nel proporre la ripresa del paradigma alvisiano: la buona qualità del modellato, la stesura cromatica ricca e inappuntabile, la ricerca di un'espressività altera e virile sono indizi di un aggiornamento su Alvise Vivarini non più mediato da Giovanni Martini, ma avvenuto direttamente sui testi pittorici del maestro. Identica formulazione, anche se a un livello realizzativo inferiore, si riscontra nella Madonna col Bambino della Public Library di Alexander City in Alabama (Kress Collection), anch'essa firmata e datata 1499. Si tratta di un frammento di una composizione di più ampio respiro, che doveva ricalcare la Madonna col Bambino e santi di Alvise Vivarini già in S. Cristoforo a Murano (Berlino, Gemäldegalerie). Il 1° sett. 1500 il tribunale ecclesiastico di Udine ordinò al pievano di Cormons di pagare a G. il saldo del prezzo di un'ancona da lui eseguita; il 2 dic. 1502 il cameraro della Confraternita dei calzolai di Udine lo pagò 14 soldi per aver dorato il Nome di Gesù sulla porta della loro camera del consiglio (Joppi): entrambe le opere non sono più rintracciabili.
Nella produzione del primo decennio del Cinquecento G. entra in una fase di confuso accostamento di modelli diversi, per cui alla base alvisiana e cimesca si aggiungono elementi dedotti indiscriminatamente da Giovanni Martini e Pellegrino da San Daniele. La grande tavola raffigurante la Madonna col Bambino tra s. Giacomo, s. Giorgio e un donatore (Londra, National Gallery), un tempo attribuita a Martini, abbina una soluzione di ascendenza mantegnesca, nel presentare il gruppo mariano su di un'alta base naturale, a una distribuzione delle figure di derivazione belliniana; mentre la sagoma di s. Giorgio è esemplata su quella del viandante del S. Giuseppe col Bambino del duomo di Udine eseguito da Pellegrino nel 1501, che costituisce anche un valido termine post quem per il dipinto londinese. Del tutto affine è il S. Giovanni Battista (Firenze, collezione della Confraternita della Misericordia), il cui paesaggio desertico trova un preciso riscontro nel trittico con S. Giovanni Battista, s. Benedetto e s. Giovanni Evangelista di Pellegrino da San Daniele (1501: Cividale, Museo archeologico). Una palese caduta del livello qualitativo si nota invece nella Madonna col Bambino tra s. Giacomo e s. Antonio abate (post 1504), apparsa sul mercato antiquario londinese nel 1988.
Intorno a questi anni si deve datare anche la lunetta con S. Benedetto che benedice un domenicano del Museo civico di Udine, proveniente da S. Pietro Martire, in genere assegnata alla bottega di Giovanni Martini, ma che meglio rientra nella produzione eclettica di G. nei primi anni del Cinquecento. Potrebbe essere sua anche la Trinità tra s. Francesco d'Assisi e s. Bernardino da Siena del Museo civico di Cremona, già attribuita a Vincenzo Civerchio o a Giovanni Mansueti. Il 14 sett. 1506 G. stipulò un contratto per la decorazione pittorica di un'ancona, perduta, per la chiesa dei Ss. Giovanni e Nicolò di Godia, presso Udine (Bampo). Con atto del 4 giugno 1508 il pittore concluse un contratto per eseguire degli affreschi, non più esistenti, nella cappella di S. Antonio a Fraforeano (Joppi). Il 14 marzo 1509 a Udine, in qualità di perito, stimò un'opera d'intaglio eseguita da Bartolomeo dell'Occhio per la chiesa di Ciconicco (Goi, p. 43). Nello stesso anno è segnalato a Ferrara, insieme con Pellegrino da San Daniele, per eseguire decorazioni e scenografie teatrali nel palazzo ducale. Tra il 1515 e il 1517 risulta abitare in Udine, in borgo di Grazzano.
Un documento del 5 maggio 1527 attesta che i camerari della chiesa di S. Leonardo di Ronchis di Monfalcone eleggevano a periti G. e Antonio doratore per stimare un'ancona eseguita dall'intagliatore Marco di Bartolomeo da San Vito (ibid.).
Dopo questa data non si hanno più notizie su Giovanni Battista da Udine.
Fonti e Bibl.: V. Joppi, Contributo quarto ed ultimo alla storia dell'arte nel Friuli, Venezia 1894, pp. 21, 72-74; V. Bampo, Contributo quinto alla storia dell'arte in Friuli, a cura di G. Fiocco, Udine 1962, p. 162; F.R. Shapley, Paintings from the Samuel H. Kress Collection. Italian schools XV-XVI century, London 1968, p. 61; M. Laclotte - É. Mognetti, Avignon. Musée du Petit Palais. Peinture italienne, Paris 1977, n. 86; C. Furlan, La pittura in Friuli nel Quattrocento, in La pittura in Italia. Il Quattrocento, Milano 1987, I, p. 221; P. Casadio, ibid., II, pp. 646 s.; Id., in La pittura nel Veneto. Il Quattrocento, II, Milano 1990, p. 749; Id., in La tutela dei beni culturali e ambientali nel Friuli Venezia Giulia (1986-1987), Trieste 1991, pp. 372-375; P. Goi, Gianfrancesco da Tolmezzo e la pala di S. Giustina, in Gianfrancesco da Tolmezzo e il restauro di S. Giuliana a Castello d'Aviano, Pordenone 1991, pp. 38 s., 43 s.; P. Casadio, Incisione e pittura nella seconda metà del Quattrocento nel Friuli occidentale: l'uso delle stampe come modelli, in Il Quattrocento nel Friuli occidentale, II, Pordenone 1996, pp. 211 s., 230; G. Fossaluzza, Pittori friulani alla bottega di Alvise Vivarini e del Cima, in Saggi e memorie di storia dell'arte, XX (1996), pp. 35-56, 59 s., 76, 81-86 (con bibl. precedente); U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, III, p. 48; Allgemeines Künstler-lexikon (Saur), VII, p. 494 (s.v. Battista da Sacile).