BASILE, Giovanni Battista Filippo
Nacque a Palermo nel 1825 da famiglia modesta. Compiuti gli studi classici e laureatosi (1846) in architettura alla università di Palermo, fu aiutato a recarsi a Roma dove seguì corsi di matematica idraulica e costruzioni alla Sapienza e di disegno all'Accademia di S. Luca. Sotto la guida del Sarti, del Poletti, del Canina, si dedicò ai rilievi dei monumenti antichi. Nel 1848 partecipò al movimento rivoluzionario di Palermo (fu incaricato di costruire le fortificazioni e la polveriera del Sacramento) e nel 1860 fu garibaldino, alternando imprese patriottiche con lo studio dei monumenti antichi della Sicilia.
Sin dall'inizio della sua attività di architetto i motivi ideologici che lo avevano indotto a impegnarsi attivamente nella lotta per l'unità nazionale si fusero con una religiosità romantica di tipo giobertiano, ispirata inoltre alla concezione del Ruskin di un messaggio architettonico tipicamente cristiano da reintegrare e rendere di nuovo attuale nei suoi valori mistico-sociali. Tale ideologia, d'altra parte, veniva a scontrarsi con l'educazione classicistica ricevuta, introducendo peraltro in questa una viva componente di libertà che si espresse felicemente in tutte le sue opere neoclassiche e segnatamente nel Teatro Massimo di Palermo (1864). Le sue prime esperienze si ispirano comunque all'architettura siculo-normanna in chiave romantica (camposanti di Caltagirone e di Monreale, 1853); nel progetto di Museo per Atene (1859) l'ansia di rinnovamento culturale su cui si fondano le sue esperienze lo conduce a concepire una nuova tipologia funzionale basata su di un accrescimento indefinito dell'organismo.
Nel 1863 venne nominato professore di architettura decorativa e composizione presso l'università di Palermo e capo dell'ufficio edile del Comune: il B. sviluppò quindi il piano regolatore cittadino, impostato dal governo di Garibaldi, sistemando la piazza Pretoria insieme col Damiani e col Patricolo e costruendo numerosi villini (Bonanno, Garibaldi). Nel 1864 partecipò al concorso per il Teatro Massimo di Palermo, per il quale ebbe il primo premio nel 1868; dovette interromperne la costruzione, iniziata nel 1875, per invidie locali e la riprese solo nel 1890, avendo come collaboratore il figlio Edoardo, ingegnere, che doveva morire pochi anni dopo. Per nuove beghe i lavori furono interrotti di nuovo: sarà il figlio Emesto a compiere l'opera, mantenendo, del progetto paterno, il libero linguaggio neoclassico, strumentalizzato nella definizione dei nuovi nessi distributivo-funzionali introdotti nell'edificio.
Dopo aver partecipato con Ernesto al concorso per il monumento a Vittorio Emanuele II in Roma (1877), il B. nel 1878 progettò la facciata del padiglione italiano alla Esposizione universale di Parigi e nel 1889 iniziò la costruzione della villa Favaloro (oggi Di Stefano) a Palermo, nella quale si esprimono con rinnovato linguaggio formale i suoi motivi ideologici.
Già in una polemica sostenuta con il Di Bartolo il B. aveva rivendicato la libertà di scelta per uno stile congeniale, svincolato dalle misure classicistiche, ormai non più aderenti al nuovo clima sociale e culturale scaturito dalla lotta risorgimentale. Egli affermava quindi l'assoluta necessità di un radicale rinnovamento dell'architettura italiana, individuandone le basi nella spregiudicata adesione a un linguaggio antitradizionale anche se storicamente meditato.
La villa Favaloro, sua ultima opera (alla quale in seguito il figlio aggiunse la torretta ottagona), rappresenta quindi il punto di arrivo del suo pensiero, nel superamento dello stilismo, sia pure raffinato, delle sue precedenti realizzazioni; i mezzi ancora tradizionali adottati, infatti, implicano tuttavia la visione di un nuovo ideale figurativo che esprime la profonda aderenza del B. al mito romantico-nazionalistico della libertà.
Il B. morì a Palermo il 16 giugno 1891, l'anno medesimo del compimento della villa, lasciando tra l'altro una vasta produzione storica e critica nella quale si puntualizza il suo pensiero teorico e da cui si può giudicare l'ampiezza dei suoi interessi e l'attenzione spregiudicata con la quale egli osservava il panorama architettonico europeo che in quegli anni subiva vasti rivolgimenti e che il B. cercò di assimilare, dimostrando, con la sua ultima opera, la fecondità operativa della sua teorizzazione critica.
Tra gli scritti del B., tutti pubblicati a Palermo, si ricordano: I camposanti di Caltagirone, 1856; Metodo per lo studio dei monumenti, 1856; Principi di assuetismo architettonico con applicazione ad un progetto di Museo per Atene, 1871; Osservazioni sugli svolgimenti dell'architettura odierna all'Esposizione universale del 1878 in Parigi, 1879; Sulla costruzione del Teatro Massimo Vittorio Emanuele in Palermo, 1882; Curvatura delle linee dell'architettura antica con un metodo per lo studio dei monumenti, 1884; Discorso pronunziato in occasione dell'inaugurazione del Circolo artistico di Palermo, 1885; Gli ordini architettonici della scuola italica, Palermo 1887.
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