FASCE, Giovanni Battista Francesco
Figlio di Filippo, nacque a Genova nel 1858; s'iscrisse nel dicembre 1869 all'Accademia ligustica di Genova, dopo un primo tirocinio nello studio di Lorenzo Orengo. All'Accademia frequentò il corso di elementi della figura, dove ottenne due menzioni onorevoli negli anni 1870-1872. Nel dicembre 1872 risulta iscritto alla scuola di nudo e anatomia e nell'aprile 1873 alla scuola del vero (cfr. Piantoni, 1988). Allievo in pittura di Girolamo Tubino, studiò scultura con Giovanni Scanzi, il quale contribuì con il suo insegnamento dal 1879 al 1892 a formare gli scultori liguri più significativi degli inizi del Novecento. In questo stesso periodo il F. frequentò Santo Varni, Santo Saccomanno e Agostino Allegro, di cui ereditò lo studio. Impegnato ugualmente nell'attività pittorica e in quella scultorea, si trasferì a Roma nel 1877, richiamato molto probabilmente dalle possibilità di lavoro nel campo della decorazione che la nuova capitale, con il fervore di cantieri edilizi pubblici e privati, offriva alle nuove generazioni di artisti.
Mantenne comunque rapporti con l'ambiente artistico genovese, come testimonia la presenza all'edizione del 1878 della mostra della Società promotrice di belle arti, dove espose la scultura In concerto e le partecipazioni nel 1881 al concorso di scultura Marcello Durazzo e nel 1886 a quello per la pensione Traverso.
A Roma, dove dal 1880 risulta abitare in via Capo le Case, s'inseri nella vita artistica della città, partecipando alle mostre della Società degli amatori e cultori delle belle arti del 1880 (Idillio, quadretto ad olio, disperso; cfr. catal., p. 12 n- 72) e del 1881 (Una ciociara, quadro ad olio, disperso; cfr. catal., p. 25 n. 174). Partecipò inoltre all'Esposizione internazionale di belle arti del 1883 dove, oltre ad alcuni "studi dal vero" ad acquerello, presentava due quadri ad olio: Una questione intricata e Flora (dispersi).
Sempre nel 1883 era stato invitato al V congresso artistico tenutosi a Roma per dibattere gli orientamenti di questa stessa esposizione ed in particolare l'indirizzo che doveva imprimersi all'arte "nazionale".
L'assenza di documentazione sulla produzione pittorica di questo periodo permette di fare soltanto delle ipotesi sulla linea di ricerca artistica del F., che doveva essere orientata tra lo studio dal vero, il quadro di genere e il dipinto decorativo mitologico, in linea con il gusto corrente del nuovo ceto borghese. Egli appartiene, infatti, a quella generazione di artisti che, formatasi nel clima genovese del realismo degli anni Settanta dell'Ottocento, smorzò le istanze realiste, fondendole a notazioni di genere, interpretando così i nuovi orientamenti del gusto.
Questa garbata capacità di proporre piacevoli figurazioni di genere si riscontra nella produzione di pitture decorative del F.: si ricordano quelle realizzate intorno al 1886 per uno degli ambienti di rappresentanza del villino del conte Giuseppe Gamberini, in via Palestro, angolo via Gaeta (oggi sede dell'ambasciata di Turchia) e quelle eseguite nel 1888 per la sala Luigi XVI e il salone di rappresentanza del palazzo Menotti in Prati (via Vittoria Colonna, già via Reale).
Nel villino Gamberini il F. dipinse al centro del soffitto di una delle sale (su cui si legge la firma "F. Fasce") un incontro amoroso tra una fanciulla e un giovane semidisteso accanto a lei, alla scena situata in un rigoglioso boschetto assiste un amorino che spia tra i cespugli. La resa del nudo e del paesaggio risulta particolarmente riuscita, l'invenzione compositiva è tutta giocata sull'inserimento dei due nudi nello scorcio paesistico, realizzato con una notevole sensibilità coloristica. Qui come nella pittura raffigurante Leda col cigno, realizzata per il soffitto della sala Luigi XVI di palazzo Menotti, sono espliciti i rimandi agli orientamenti di Nino Costa e ai suoi insegnamenti sullo studio dal vero e sulla pittura di paesaggio che, motivata da una attenzione costante alla natura, doveva restituire gli, stati emozionali provocati dal contatto con il luogo. Leda col cigno, peraltro, può essere messa in relazione per analogie iconografiche e di ispirazione con il dipinto dello stesso soggetto del Costa (1870-75; cfr. Piantoni, 1988, p. 81) e anche con La ninfa (Roma, Gall. naz. d'arte moderna), opera centrale nella produzione del medesimo pittore, assai nota nell'ambiente artistico romano e realizzata in più riprese dagli anni Settanta fino al 1895. Per il palazzo Menotti il F. realizzò inoltre le pitture delle lunette nella sala Luigi XVI - tre scene mitologiche con sfondo paesaggistico ispirate al tema dell'amore - ed il ciclo decorativo del salone di rappresentanza con le Allegorie del Sapere, della Scienza e del Progresso, celebrazione del progresso scientifico ed economico del nuovo Stato unitario, del quale il proprietario del palazzo, l'imprenditore Carlo Menotti, si sentiva fautore. Nelle diverse raffigurazioni allegoriche, suggerite probabilmente dallo stesso committente, il F., pur riferendosi alla tradizione della pittura decorativa classica e rinascimentale, tentò una attualizzazione, nella necessità di interpretare e celebrare le nuove mitologie della nazione.
L'attività di decoratore del F. fu prevalente nella seconda metà degli anni ottanta. In qualità di pittore decoratore risulta infatti citato - come Francesco F. - nelle edizioni della Guida Monaci dal 1887 al 1891, dove pure è indicato lo studio di via Gaeta 26, insieme col pittore decoratore Gherardo Pineschi; dal 1891 al 1901 la Guida Monaci lo indica come scultore. Nel corso degli anni Novanta dell'Ottocento il F. si dedicò, infatti, con successo all'attività di scultore. Nel 1890 partecipò al concorso per il monumento funerario di G. Mameli con un bozzetto positivamente notato da Ugo Fleres (cfr. Per il concorso…, 1890) e al concorso per il bassorilievo del padiglione della Clinica medica del Policlinico. Nel 1892 fu premiato con medaglia d'argento all'Esposizione nazionale di Palermo, dove presentò il gesso Catone morente e il bronzo Savoia, opere di soggetto storico e ancora di impronta verista, come si deduce dalle recensioni dell'epoca (cfr. catal. generale, nn. 45, 103). Nel 1896 realizzò a Modena il monumento a Nicola Fabrizi, dopo aver vinto il relativo concorso.
L'opera, inaugurata il 3 febbr. 1896, presenta un ritratto a figura intera, realizzato in bronzo e posto su un basamento di granito, e due bassorilievi pure in bronzo, raffiguranti Nicola Fabrizi in carcere e un episodio della giornata di Mentana (fig. in L'Illustrazione italiana, 9 febbr. 1896, p. 92).
La produzione scultorea successiva del F. dovette rimanere fedele ad una accezione verista, come testimonia la testa Bebè (cfr. Sborgi, 1989, p. 382 fig. 507) premiata alla Promotrice di Genova del 1900 e riprodotta in terracotta come dono ai membri della Società. Nel campo della scultura funeraria il F. realizzò la tomba Balestrino a Staglieno e il monumento Leandri nel cimitero del Verano di Roma; quest'ultimo raffigura in marmo Gesù benedicente ai cui piedi si abbandona una figura muliebre simboleggiante l'anima umana. Tra le altre sculture del F. si ricorda una statua di Guglielmo Tell, che si trovava nel ridotto del distrutto teatro Carlo Felice di Genova. Nello stesso teatro aveva modellato Per il carnevale del 1881 una colossale statua della Beneficenza insieme con lo scultore P. Calvi (cfr. A. Brocca, Il teatro Carlo Felice di Genova [1898], Genova 1981, p. 113).
Il F. morì a Roma il 12 giugno 1902, mentre lavorava alle sculture per i frontoni del palazzo dell'Esedra in piazza della Repubblica.
Fonti e Bibl.: Necr. in Il Giornale del popolo, 14-15 giugno 1902; Il Caffaro, 15-16 giugno 1902; Il Secolo XIX, 15-16 giugno 1902; Per il concorso del monumento al Mameli. Cronache d'arte, in Capitan Fracassa, 28 maggio 1890; L'arte a Roma, ibid., 24 giugno 1890; L'Esposiz. nazionale 1891-92. Cronaca illustrata, n. 38, Palermo 1892; G. Brenna, Al palazzo delle belle arti. La scultura, in Fanfulla della domenica, 6 maggio 1893; Genova. La Superba. Guida genovese. Artistica, storica, descrittiva..., Genova 1900, p. 74; G. Piantoni, Iconografia e iconologia nei temi decorativi degli affreschi, in Carlo Menotti e la sua dimora, Roma 1988, pp. 64, 68-71, 76 s., 80 s., 84 s., 88, passim (con ulteriore bibliografia); F. Sborgi, in La scultura a Genova e in Liguria dal Seicento al primo Novecento, II, Genova 1989, pp. 382, 480; A. Del Bufalo, Il Verano. Un museo nel verde per Roma, Roma 1992, pp. 66, 110 fig. 100.