GABALEONE, Giovanni Battista
Figlio di Giovanni, un mercante chierese operante a Torino, nacque a Chieri fra il 1568 e 1570.
La carriera folgorante del G. può essere considerata esemplare di quella di numerosi mercanti-banchieri durante il ducato di Carlo Emanuele I: costoro, infatti, poterono percorrere il cursus honorum soprattutto grazie ai loro prestiti al sovrano per finanziare le sue campagne militari. Il G. iniziò la carriera d'appaltatore nel 1593 svolgendo tale attività insieme con il fratello Bernardino (1567-1644). Il 2 maggio di quell'anno Carlo Emanuele I lo autorizzò all'esazione di un sussidio nella zona di Torino per servire "in aiuto della guerra per pagamento de' soldati". Nell'agosto 1597 a estinzione d'un credito del G. per 350 scudi, Carlo Emanuele I ordinava che gli appaltatori del dazio di Susa scontassero tale somma sul passaggio delle merci del Gabaleone: in settembre questi dovevano scontargli già 2.000 scudi e il mese successivo la cifra aumentò di altri 1.048 scudi. È da mettere in relazione con tali continue concessioni di prestiti al duca l'emanazione - il 27 giugno 1597 - di patenti di nobilitazione per il G. e per il fratello Bernardino. I rimborsi ordinati dal duca in favore dei due fratelli crebbero continuamente negli anni successivi raggiungendo somme elevate, come nel maggio 1601, quando i Gabaleone anticiparono al generale delle Finanze Luigi ben 50.000 scudi. Nel 1611 un nuovo successo per il G. e per il fratello fu l'assegnazione dell'appalto del dazio di Susa (patenti ducali del 3 dicembre) ottenuto dietro versamento della somma di 21.000 scudi. Fra il 1612 e il 1615 i due fratelli prestarono al duca oltre 100.000 scudi d'oro: di poco dopo è l'ingresso a corte, in qualità di aiutante di camera del principe di Piemonte Vittorio Amedeo, del figlio del G., Giovanni Michele. Va poi ricordato che il G. era anche membro della Municipalità di Torino e nell'agosto 1606, eletto sindaco della città, ebbe l'incarico di accogliere i principi Vittorio Amedeo e Filiberto al loro rientro dalla Spagna.
Se già nel 1601 il G. era stato inviato a Lione per sovrintendere all'esecuzione di quanto previsto nei capitoli della pace, vero inizio dell'attività diplomatica del G. fu la sua missione a Londra, dove venne inviato nell'agosto del 1612 insieme con il suo segretario P. Novellino.
Sin dall'anno precedente erano state intavolate trattative fra i Savoia e gli Stuart per un duplice matrimonio, quello del principe di Galles, Enrico, con la principessa Maria, e quello fra il principe di Piemonte con una delle figlie di Giacomo I. Nonostante il progetto matrimoniale fosse contrastato da più parti, (soprattutto per l'implacabile opposizione di Paolo V) esso venne perseguito con determinazione e intelligenza dal G., che dovette soprattutto tenere testa all'azione degli inviati francesi e toscani, miranti anch'essi a porre una loro principessa sul trono inglese. Dopo aver superato vittoriosamente numerosi ostacoli, il 12 ottobre il G. poteva scrivere a Torino che il matrimonio era ormai concluso, ma il 6 novembre Enrico di Galles morì improvvisamente e il progetto andò a monte. Restava aperta la possibilità del matrimonio inglese per Vittorio Amedeo. Proprio quest'eventualità, per quanto remota, suscitò, tuttavia, forti proteste nel paese, che temeva un sovrano cattolico, e pertanto Giacomo I decise il matrimonio della figlia con l'elettore palatino.
Il G. fece allora brevemente ritorno in Piemonte e il 22 genn. 1613 venne nominato consigliere e mastro auditore ordinario nella Camera dei conti. Ritornato a Londra, il G. riprese l'azione diplomatica con la speranza di accasare Maria con il nuovo principe di Galles, Carlo, ma l'età di questo (di quattro anni più giovane della principessa sabauda) costituì un impedimento insormontabile. Nonostante il G., ottenuta carta bianca da Torino, aumentasse l'offerta sabauda di dote sino a 800.000 scudi, le offerte francesi ebbero la meglio e il 16 febbr. 1614 venne annunciato il matrimonio fra Carlo d'Inghilterra e Cristina di Francia. Anche questa unione però era destinata a non realizzarsi, e pochi anni dopo proprio al G. sarebbe toccato il compito di recarsi in Francia per trattare le nozze fra la secondogenita di Maria de' Medici e Vittorio Amedeo.
Rientrato in Piemonte, il G. fu da allora impiegato per diversi anni nel servizio diplomatico e sempre in missioni di particolare rilievo. Nel 1614, per far fronte al riavvicinamento franco-spagnolo, Carlo Emanuele I decise di tentare la carta dell'alleanza con le potenze protestanti, le quali erano ben disposte verso il Ducato ma ritenevano fosse necessario arrivare a un accomodamento fra il duca e i Cantoni svizzeri (in particolare Ginevra). A tale scopo Carlo Emanuele inviò il G. a Lucerna, ove giunse il 19 febbr. 1615. Qui egli si poté giovare dell'aiuto dell'agente inglese Isaac Wake, che operò con lui in qualità di mediatore. Rientrato per alcuni mesi a Torino, nell'aprile 1616 fece ritorno a Lucerna ove rimase sino a settembre. Dopo aver compiuto una breve missione in Francia, rientrò a Torino per l'intero inverno e il 2 genn. 1616 venne nominato generale delle Poste. Nel marzo 1617 riprese la via per la Svizzera, questa volta con destinazione Berna. Le trattative, che continuavano ormai da quasi due anni, si conclusero finalmente il 23 giugno, quando il G. ricevette l'assenso del duca alla rinuncia, in cambio della sperata alleanza, a ogni diritto sabaudo sul Cantone di Vaud. Il G. si trattenne in Svizzera sino a metà luglio e, dopo una missione a Grenoble fra ottobre e dicembre, fece infine ritorno a Torino.
Nel gennaio del 1618 fu inviato a Parigi con l'incarico di presentare soluzioni ragionevoli per la pace con la Spagna e per riproporre nuovamente il matrimonio del principe di Piemonte con la principessa Cristina. Nonostante l'abilità del G. la missione non ebbe successo, e ciò soprattutto per l'opposizione del duca di Luynes Charles d'Albert (le trattative matrimoniali furono poi coronate da successo e il cardinale Maurizio di Savoia firmò il contratto l'11 genn. 1619).
In ottobre il G. ebbe ordine di trasferirsi in Inghilterra, ove era stato destinato in qualità di ambasciatore in sostituzione di A. Ponte di Scarnafigi; ammalatosi, si trattenne a Parigi fino al 26 genn. 1619 quando lasciò finalmente la Francia rammaricandosi per il mancato accoglimento della richiesta d'esser accompagnato dal figlio Giovanni Michele, che aveva avuto l'ordine di tornare a Torino. Il G. giunse a Londra ai primi di febbraio, e si mise immediatamente in contatto con G.F. Biondi (dal 1617 agente ducale nella capitale inglese), che aveva ricevuto l'ordine di porsi al suo servizio. Al suo arrivo venne bene accolto da Giacomo I; al G. furono riservati gli onori per gli ambasciatori reali: la qual cosa non mancò di suscitare proteste da parte degli altri diplomatici (in specie dall'ambasciatore veneto).
Nelle istruzioni era previsto che il G. ringraziasse re Giacomo dell'assistenza, sia in denaro sia in armi, portata allo Stato sabaudo durante la guerra contro la Spagna, e che tentasse nuovamente di giungere a un accordo per il matrimonio del principe di Galles con Maria di Savoia.
In quello stesso anno il G. acquistò il feudo di Andezeno con signorato. Il centro, che fino ad allora era stato feudo di Chieri, si oppose all'acquisto e presentò ricorso presso la Camera ducale, ma tale ricorso non ebbe successo. Secondo il Plebano il 3 apr. 1619 il G. entrò in Andezeno prendendo possesso del suo nuovo feudo; tuttavia, siccome a tale data si trovava in Inghilterra, è probabile che a ricevere l'omaggio feudale fosse il figlio Giovanni Michele.
La seconda missione inglese del G. durò circa due anni, restando egli in carica come ambasciatore sino alla fine del luglio 1621. Lasciata l'isola il 13 ag. 1621, giunse a Parigi e, dopo una breve sosta, varcò le Alpi ai primi del mese successivo. Rientrato in patria, il G. non ebbe più incarichi diplomatici permanenti e, per quasi un decennio, la sua carriera si svolse esclusivamente all'interno dell'amministrazione ducale, ove conseguì incarichi via via più importanti. Il 10 ag. 1623 fu nominato sovrintendente generale delle Finanze e il 29 apr. 1627 ottenne la carica di "veedore generale di tutta la gente di guerra" prendendo il posto di C. Taffino - veedore dal 1619 -, divenuto governatore di Torino. Il G. ritornò però all'attività diplomatica nei drammatici anni della seconda guerra del Monferrato (1628-31), ma questa volta senza lasciare lo Stato. Nel marzo 1629 fu inviato presso il conte di Guisa che, entrato nella contea di Nizza, era intenzionato a portare le sue truppe a Casale attraverso il Piemonte. Nel 1630 fu poi incaricato di recarsi a Susa, ove si trovava il card. Richelieu.
Dopo la grave sconfitta subita dallo Stato sabaudo, aggravata dall'improvvisa morte di Carlo Emanuele I, l'attività dell'ormai sessantenne G. riprese nell'amministrazione dello Stato. Il 1 luglio 1633, dopo aver lasciato il posto di veedore, fu nominato secondo presidente del Consiglio di Stato con uno stipendio di 1.200 scudi annui (cui s'aggiungeva una pensione di altri 800 scudi).
Da questo momento le notizie su di lui sono scarsissime. Il Manno ne pone la morte al 19 febbr. 1634, quando si rifiutò di pagare la cavalcata non avendo ancora ricevuto il pagamento di alcuni suoi crediti. È assai probabile che la morte sia avvenuta l'anno successivo.
Per almeno tutto il XVII secolo la famiglia - divenuta dal 1655 Gabaleone di Salmour - continuò a mantenere la propria residenza a Chieri (in un palazzo che gli studiosi di storia locale ritengono sia quello che sorge attualmente fra piazza Gebrido e via S. Giorgio) e qui il 30 ott. 1644 morì il fratello Bernardino. Dal matrimonio con Laura Chiabergia (dote stipulata il 17 marzo 1589) il G. ebbe cinque figli, di cui tre femmine: Diana (nata nel 1602), Bianca Maria (sposatasi nel 1616 con il capitano G.P. Ressano) e Francesca (sposatasi nel 1633 con l'uditore P. Gossio). Dei maschi, il minore, Bernardino, entrò a corte (divenendo nel 1638 cavaliere di camera) e nel 1625 fu nominato consigliere di Stato. Il primogenito Giovanni Michele fu uno tra i più fidati collaboratori di Vittorio Amedeo I, per cui compì diverse missioni segrete all'estero. Sposatosi intorno al 1620 con Luciana Allievi, nel 1627 divenne sovrintendente generale delle Poste e l'11 maggio 1629 fu nominato consigliere di Stato e "commissario generale delle truppe di ordinanza sia di cavalleria che di fanteria, tanto nazionali che straniere". Quest'ultima carica rimase a Giovanni Michele sino alla morte - avvenuta il 15 maggio 1651 -, passando poi al figlio Vittorio Amedeo, che dal 1655 fu conte di Salmour. Nel 1649 Andezeno e Baldichieri furono erette in comitato.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Torino, Archivio di corte, Lettere particolari, "G.", mz. 1, ins. 3 (1615-35); Negoziazioni, Francia, mz. 7, ins. 19; mz. 8, inss. 5 e 47; mz. 9, ins. 4; Lettere ministri, Francia, mz. 16 (anno 1618); Lettere ministri, Gran Bretagna, mz. 1 (1612-14), mz. 3 (1619-20), mz. 4 (1621); Lettere ministri, Svizzera, mz. 6 (1615), mz. 7 (1616-17) [Lucerna]; Negoziazioni, Svizzera, mz. 3, inss. 21 e 22; Trattati cogli Svizzeri, mz. 7, inss. 23 e 24; Negoziazioni, Gran Bretagna, mz. 1, ins. 8. Una trascrizione dei dispacci diplomatici inviati dal G. durante le sue missioni inglesi è conservata a Londra presso la British Library, Add. Mss., 32023 B. Sulla famiglia cfr. A. Manno, Il patriziato subalpino, vol. Gab-Gan, pp. 1-8 (in Bibl. reale di Torino). Dell'attività economica del G. si sono occupati: E. Stumpo, La vendita degli uffici nel Piemonte del Seicento, in Annuario dell'Ist. stor. italiano per l'età moderna e contemporanea, vol. XXV-XXVI (1973-74), pp. 173-263; Id., Finanza e Stato moderno nel Piemonte del Seicento, Roma 1979, pp. 107, 109, 136, 184 s., 232, 282, 286; W. Barberis, Le armi del principe. La tradizione militare sabauda, Torino 1988, pp. 91-101, 116; cfr. anche P.P. Merlin, Tra guerre e tornei. La corte sabauda nell'età di Carlo Emanuele I, Torino 1991, p. 157 (p. 151 sul figlio Giovan Michele); sull'acquisto dei feudi di Andezeno e Baldichieri cfr. T. Plebano, Statistica del mandamento di Baldichieri, provincia di Asti, Torino, 1832; Id., Statistica del mandamento di Riva presso Chieri… con note storiche, Torino 1836, p. 112; sull'attività diplomatica, in mancanza d'uno studio specifico, cfr. E. Passamonti, Le relazioni anglo-sabaude dal 1603 al 1625, in Boll. storico-bibliografico subalpino, XXXVI (1934), pp. 264-316, 488-543; XXXVII (1935), pp. 94-124; cfr. anche J. Orrel, The agent of Savoy at the Somerset Masque, in Review of English studies, n.s., XXVIII (1977), pp. 301-304; numerose notizie sulla ambasciata in Francia in La nunziatura di Francia del card. Guido Bentivoglio… Lettere a Scipione Borghese…, a cura di L. De Stefani, Firenze 1865, II, pp. 231, 233, 239, 397; particolari sul G. si rinvengono in lavori di ampio respiro sulla storia dello Stato sabaudo del XVII sec.: D. Carutti, Storia della diplomazia della corte di Savoia, Torino 1876, II, pp. 107-109 (Inghilterra); pp. 162 s. (Svizzera); E. Ricotti, Storia della monarchia piemontese, Firenze 1865, IV, pp. 110 s., 124, 292; G. Claretta, Storia della reggenza di Cristina di Francia, Torino 1868, I, p. 7; A. Bianchi, Maria Caterina di Savoia, Torino 1926, pp. 39-44; S. Foa, Vittorio Amedeo I, Torino 1930, pp. 25, 27; per la carica di sindaco di Torino cfr. D. Bizzarri, Vita amministrativa torinese ai tempi di Carlo Emanuele I, estratto dalla Rassegna Torino, Torino 1930 (numero speciale, settembre 1930), pp. 40-42.