GROSSI, Giovanni Battista Gennaro
Nacque ad Arce, nel Frusinate, il 24 giugno 1756 (non 1766, come in alcuni repertori), primogenito del primo matrimonio di Federico, medico come l'avo Alessio, con Marianna dei marchesi Bellucci, in una famiglia di buona distinzione che faceva uso dello stemma tuttora visibile sulla facciata del palazzetto da lui fatto erigere in Arce. Il padre, che morì nel 1799, da due matrimoni ebbe altri nove fra figli e figlie, alcuni dei quali eredi del G., che non risulta invece aver avuto discendenza né contratto matrimonio.
Svolti i primi studi in patria col sacerdote Nicola Grossi, suo zio paterno, all'età di undici anni fu mandato a Napoli per quelli superiori e universitari; tra i suoi insegnanti spiccano il letterato napoletano E. Campolongo, l'abate F. Longano, in odor di massoneria e, soprattutto, D. Cavallari, professore di diritto romano e canonico nell'università, presso la quale il G. conseguì ancora giovanissimo la laurea in utroque iure. Nel 1796, dopo aver praticato per alcuni anni l'avvocatura creandosi una certa fama, quando il principe Antonio Boncompagni Ludovisi duca di Sora dismise il suo "Stato" (costituito da molti feudi, fra i quali Arce e Sora), che il re volle aggregare al Demanio, il G. fu uno degli avvocati incaricati dai Comuni interessati di dirimere le spinose questioni sorte con l'ex feudatario, nonché fra i deputati inviati a presentare a Ferdinando IV la gratitudine delle Comunità. Originario di una zona di frontiera con lo Stato pontificio, quando i Francesi invasero per la prima volta lo Stato della Chiesa il G. fu incaricato di organizzare un corpo difensivo, i Cacciatori volontari del Liri, che ad Arce furono affiancati da otto compagnie del reggimento "Real Macedone" comandate dal ten. generale D. De Gambs e dal maresciallo G. Parisi, i quali nominarono il G. loro "assessore". Nel 1799, poi - abbattuta la Repubblica Partenopea, e rientrati in Napoli Ferdinando IV e Maria Carolina con propositi di vendetta -, il G. fu nominato segretario della "Reale Officina dell'amministrazione generale dei beni de' Rei di Stato", con l'ingrato e delicatissimo incarico di curare la gestione dei patrimoni confiscati a quanti avevano aderito alla Repubblica. Tale mansione, nell'ambito della sanguinosa repressione che l'accompagnò, fu tuttavia espletata dal G. con equilibrio e moderazione, per cui non risulta che nel periodo napoleonico gli abbia nuociuto. Nel 1801 passò un periodo a Roma, entrando in contatto con dotti ed eruditi, in particolare archeologi. In seguito, essendo l'abbazia di Montecassino tornata in possesso del suo immenso patrimonio feudale, che ne faceva il primo vassallo del Regno, e trovandosi a dover gestire quel vero e proprio "Stato", il G. ottenne nel 1802 l'ambitissima e onorifica carica di uditore generale, con funzioni di controllo sugli amministratori minori di ogni feudo e con poteri giurisdizionali di secondo grado.
Per tale impegno si portò a risiedere nella celebre abbazia per circa sette anni, fino alla soppressione dei monasteri voluta dai Francesi nel 1807. In quel periodo poté approfondire gli studi di erudizione storica che aveva sempre coltivato e raccogliere preziosi materiali in vista di future pubblicazioni, sfruttando i celebri archivi e la biblioteca dell'abbazia, appena riordinati dopo il saccheggio del 1799.
Il G. si ritirò quindi a Napoli, stabilendo il suo studio legale al n. 30 di via del Teatro S. Carlo, ma conservando stretti e continuativi rapporti, anche professionali, con la nativa Arce, come dimostra la cessione fattagli il 10 ag. 1803 da quella Comunità di 52 "tomoli" (circa 18 ettari) di terra in località Monte Piccolo, a titolo di onorari. Ad Arce intervenne anche su questioni urbanistiche: inglobando edifici preesistenti, nel 1811 fece edificare sull'attuale piazza Umberto I il palazzetto di famiglia già menzionato. Quando, nel 1806, aveva avuto luogo l'abolizione della feudalità erano sorte innumerevoli controversie fra gli ex feudatari e i Comuni, cosicché il governo aveva istituito una commissione feudale sedente in Napoli, davanti alla quale il G. - forte dell'esperienza coltivata un decennio prima in quel campo - patrocinò i comuni di Arce, Rocca d'Arce e Roccasecca.
Sembra che la sua prima pubblicazione sia stata La patria di Cicerone (non se ne rinvengono però copie, né notizie più precise), a confutazione di un articolo anonimo apparso sul Corriere di Napoli del 27 sett. 1808; essa "gli meritò i suffragi di tutti i letterati" (Minieri-Riccio). Tale materia fu comunque trattata più ampiamente in un'opera successiva. Nel 1813 il G. pubblicò a Napoli il primo dei tre volumi di un lavoro in forma epistolare di storia e di erudizione locali, col titolo I Volsci indi Lazio Nuovo. Lettere con annotazioni, che fornisce dati e notizie generali sui territori anticamente abitati dai Volsci e su quel popolo, prefigurando anche una sorta di piano dell'opera, che sarebbe dovuta continuare con l'illustrazione e le storie di tutti i centri di quei territori, sia nel Regno di Napoli (Arce, Arpino, Sora, Atina, Cassino, Interamnia Lirinate, Regali, Aquino e Fregelle) sia nello Stato della Chiesa (Anzio, Circelli, Terracina, Piperno, Sezze, Sermoneta, Norma, Cori, Velletri, Segni, Ferentino, Frosinone e Falvaterra). Questo piano non fu rispettato che in parte: il vol. II, Lettere istorico-filologiche-epigrafiche e scientifiche illustrative delle antiche città dei Volsci indi Lazio Nuovo (Napoli 1816), raccoglie articoli pubblicati nel Giornale enciclopedico di Napoli (IX [1815], 7-9) ed è dedicato ad Arce, Rocca d'Arce e Colfelice; il vol. III (Napoli 1816), col medesimo titolo, si occupa esclusivamente di Cicerone e di Arpino, al cui sindaco e decurioni è dedicato (cosa che gli fruttò il 10 genn. 1816 la cittadinanza onoraria di quella città), e raccoglie anch'esso articoli apparsi in precedenza sul Giorn. encicl. di Napoli (IX, 10-12; X [1816], 1-2). La documentazione su Cicerone fu considerata assai utile e interessante, specialmente per la parte archeologica, e "di squisita erudizione" (v. Biblioteca italiana, 1816, vol. I, Appendice, p. 266); esso contiene però anche iscrizioni latine per la morte della regina Maria Carolina (pp. 139-148), e altre per l'incoronazione della miracolosa immagine di Maria Vergine nella collegiata di Arpino (pp. 149-156). Sempre nel 1816 il G. pubblicò a Napoli il volumetto Carmina et inscriptiones. Un'altra opera di erudizione di un certo rilievo, frutto del periodo cassinense del G., apparve sempre a Napoli nel 1820, con dedica al Parlamento nazionale: La scuola e la bibliografia di Monte Casino [sic]. Saggio istorico con annotazioni, suddivisa in Della città di Casino e sua religione (cap. I); Stato della letteratura e del costume quando s. Benedetto capitò in Monte Casino, Fondazione della scuola cassinense e sue vicissitudini (cap. II); La bibliografia di Monte Casino (cap. III, che contiene anche alcune Annotazioni, fra le quali: L'idolatria, La medicina stabilita das. Benedetto, Saggi e poesia latina secolo per secolo, La scuola di linguagreca, La musica, Poesia e musica). L'interesse del G. per le belle arti si rinviene nelle Ricerche sull'origine, progressi e decadimento delle belle arti, inserito nel vol. VII della Biografia degli uomini illustri del Regno di Napoli… compilata da diversi autori per D. Martuscelli, Napoli 1820 (pp. n.n.), lavoro piuttosto abborracciato che, dando molto spazio ai musicisti, venne pubblicato anche con il titolo Opuscoli storici musicali (I-II, s.l. né d.). Dello stesso genere fu la sua collaborazione alla Biografìa degli uomini illustri del Regno di Napoli ornati dei loro rispettivi ritratti, I-III, Napoli 1819, per la quale curò principalmente (ma non solo) elogi di maestri di cappella e cantanti celebri. Ancora, fra le pubblicazioni minori del G.: Ferdinando IV regi D.G. feliciter reduci (Napoli 1815) e In occasione del fausto ritorno della maestà del re delle Due Sicilie Ferdinando IV sul trono di Napoli (ibid. 1821), oltre a diciotto iscrizioni dello stesso tenore in appendice alle Lettere istorico-filologiche…, II, pp. 181-200.
Forse tutto questo zelo legittimista doveva servire a far dimenticare che nel periodo napoleonico si era mostrato molto conciliante con i nuovi governi, e che suo fratello Eugenio si era arruolato nell'esercito bonapartista. Nel 1821 il G. ottenne la carica di regio istoriografo, essendo socio dell'Accademia Pontaniana, della Volsco-Veliterna e della Reale Ercolanense.
Il G. morì a Napoli "d'inattesa morte" il 23 marzo 1823.
Molti scritti inediti, di cui non si sono rinvenute tracce, sono elencati in una notizia sul G. apparsa in Poliorama pittoresco e dal Minieri-Riccio. Fra questi: una raccolta, compilata su incarico dell'Accademia Pontaniana, di circa 2000 iscrizioni di Napoli suddivise in otto periodi e ordinate per materia; I viaggi di Apollonio Evandro il giovine daRodi tradotti dal greco nell'italiana favella; Descrizione generale dellacittà ed impero del Messico; Le notti cassinesi cioè monoduzione [sic] per ben leggere, interpretare e comporre le antiche iscrizioni latine, ricavata dalle leggi romane ed applicata alle iscrizioni di Casino e d'Interamnia Lirinate, in due volumi (il primo con sette dissertazioni su altrettante controverse antiche iscrizioni e il resoconto di due viaggi di studio in Campania e nel Sannio; il secondo con iscrizioni di Cassino, Sessa, Teano e Venafro).
Fonti e Bibl.: Arce, Palazzetto Grossi, Archivio privato di F. Corradini, b. Grossi; C. Minieri-Riccio, Memorie storiche degli scrittori nati nel Regno di Napoli, VI, Napoli 1844, ad vocem; Poliorama pittoresco, IX (1845), 43, pp. 343 ss. (principale fonte sul G.); F.-J. Fétis, Biographie universelle des musiciens…, IV, Paris 1874, p. 121; R. Eitner, Biographisch-bibliographisches Quellen-Lexikon der Musiker und Musik gelehrten, IV, Dresden 1901, ad vocem; A. Lauri, Diz. dei cittadini notevoli di Terra di Lavoro antichi e moderni, in Itala gens (Sora), 1915, n. 103, p. 94; F. De Negri, La reintegra al demanio dello Stato di Sora: un momento del dibattito sulla feudalità nel Regno di Napoli alla fine del '700, in Viabilità e territorio nel Lazio meridionale, Frosinone 1992, pp. 73 ss.; F. Corradini, Giambattista G. G., un borbonico ma non troppo, in L'Inchiesta, 5 genn. 1997, p. 14; Id., Giambattista G. G., in Arch. stor. del Lazio meridionale, I (2001), in corso di stampa; Catal. dei libri italiani dell'Ottocento, Autori, III, p. 2283.