GIATTINI, Giovanni Battista
Nacque a Palermo nel 1601: i catalogi della Compagnia di Gesù, fonte pressoché unica per la sua biografia, non indicano né giorno né mese. Suo padre Vincenzo apparteneva a una facoltosa famiglia della nobiltà isolana.
Compì tutti i suoi studi nelle scuole dei padri gesuiti e il 13 ott. 1615 fu ammesso nell'Ordine. In tale data la Domus probationis palermitana lo accolse per i due anni di noviziato e, dal 1618, per il corso di retorica, pure biennale. Dal 1620 al 1626 fu presso il collegio di Palermo, dove dapprima seguì il corso di filosofia, quindi, dal 1623 al 1625, ebbe l'incarico di precettore di lettere umane, infine seguì il primo anno del corso di teologia. Suo insegnante di filosofia fu C. Ventimiglia. Alla fine del 1626 lasciò Palermo per Roma, dove frequentò i restanti tre anni del corso di teologia presso il Collegio romano. Qui suo maestro fu G. De Lugo. Probabilmente ebbe modo, inoltre, di seguire le lezioni di matematica superiore tenute da C. Grienberger. A questo primo periodo romano risale l'esordio letterario del G. con la raccolta di carmi Panaerides aedes (Romae 1627).
Per il 1629-30 il nome del G. non compare nei cataloghi della provincia romana, né in quelli della provincia siciliana, e quindi può darsi che in questo lasso di tempo effettuasse il cosiddetto terzo anno di probazione. Di certo alla fine del 1630 era di nuovo in Sicilia, nel collegio palermitano, dove insegnò retorica per due anni.
Nell'ottobre 1632 fece ritorno a Roma, e per il primo anno fu presso il Collegio romano con compiti imprecisati, per poi essere nominato, alla fine del 1633, lettore di matematica, incarico che tenne per due anni. La competenza matematica del G. è mostrata, oltre che da un inedito Tractatus de horologiis segnalato dal Sommervogel (III, col. 1400), anche da una serie di brevi "censure" manoscritte di opere matematiche, conservate presso l'Archivio romano della Compagnia.
Fin dai primi anni di permanenza nel Collegio romano il G. si dedicò alla direzione delle recite di teatro, scrivendo alcune tragedie. La prima a essere pubblicata fu uno Scenario del Theodoberto (Roma 1634), cui fecero seguito un Leo philosophus e una Cafres tragoedia (entrambe ibid. 1649), e quindi le più compiute Antigone (ibid. 1661) e Ariadna Augusta (ibid. 1662).
A queste vanno aggiunti una serie di lavori teatrali rimasti inediti. Le opere del G. ebbero una buona risonanza soprattutto nei paesi di lingua tedesca, ove furono riedite. Kristeller ha segnalato l'esistenza di una traduzione in lingua croata del Leo philosophus nel ms. 47 della Biblioteca Samostana Male Brace (Bibl. francescana) di Ragusa (Dubrovnik). Come autore di teatro gesuitico, il G. fu un tipico rappresentante della cosiddetta tendenza regolare che, opponendosi alla teatrale, limitava o sopprimeva elementi quali le allegorie, gli apparati scenografici "meravigliosi", le musiche e propugnava il rispetto rigoroso delle unità classiche.
Intanto, il 31 luglio 1634 professò i quattro voti e l'anno dopo divenne lettore di filosofia. Tenne tale cattedra per un decennio, con la sola interruzione del 1641-42, quando una lettera lo segnala come residente presso il Collegio germanico, forse per curare la traduzione italiana del manoscritto di un gesuita portoghese, A. Semedo, poi stampata in Roma nel 1643 con il titolo di Relazione della grande monarchia della Cina. Meno lineare il periodo tra il 1645 e il 1652, durante il quale il G. non fu tra i docenti del Collegio romano per gli anni 1645-47 e 1650-52, e tenne corsi solo nel triennio compreso tra queste date, prima di matematica e poi, nel 1649-50, di teologia morale. Per quanto sia possibile che, almeno per l'ultimo biennio, la sospensione dell'insegnamento sia stata motivata dalla necessità di preparare per le stampe i suoi trattati filosofici, il G. sembrò comunque manifestare in questa occasione una certa inquietudine, come si può desumere dalla sua richiesta, nell'ottobre 1650, di poter tornare nella città natale. La richiesta non venne accolta e a Roma uscirono due opere del G.: la Logica (1651) e la Physica (1653).
Entrambe si presentano nella forma tradizionale del commento ad Aristotele, suddiviso in questioni, nove per la logica, sedici per la fisica. Estremamente denso e minuzioso l'argomentare del primo trattato che, muovendo dalla consueta ricerca di definizione della disciplina e determinazione della sua materia subiecta, approda a un punto di vista vicino a quello ontologizzante di tipo realistico (Quaestio VIII). Quanto alla Physica, l'autore, pur operando entro un programma di ricerca in cui la finalità metafisico-teologica è dominante, lascia intravedere una curiosità spiccata verso i temi della scienza coeva. In particolare mostra interesse per i tre problemi, centrali per la meccanica dei novatori, dell'infinito attuale (Quaestio XI), della possibilità del vuoto (Quaestio XIII) e dell'esistenza o meno degli indivisibili nella realtà materiale (Quaestio XV), questioni risolte positivamente sul piano della infinita potenza di Dio.
Gli ultimi vent'anni di vita videro il G. prima lettore di teologia scolastica (1652-58), poi, fino alla morte, prefetto agli studi del Collegio. Risale a questo periodo la nomina a teologo della congregazione della versione araba della Bibbia, nonché l'incarico, affidatogli da Alessandro VII, di curare l'edizione latina della Storia del concilio di Trento di S. Pallavicino. Il lavoro, iniziato nel 1663 (cfr. Lettere edite ed inedite del cardinale Sforza Pallavicino [Bibl. classica sacra], I, Roma 1848, p. 70), fu stampato sette anni dopo, con il titolo di Vera concilii Tridentini historia (Antuerpiae 1670).
Il G. morì a Roma il 19 nov. 1672.
Fonti e Bibl.: La più importante fonte sulle vicende biografiche del G. sono i documenti dell'Archivum Romanum Societatis Iesu. In particolare si vedano: per la carriera scolastica e d'insegnante, Sic. 155, cc. 32r, 45r, 50v, 61r, 67v, 74r, 89v, 96v, 148v, 161v; Rom. 80, cc. 93r, 114v, 136v, 235v, 342r; Rom. 81, cc. 3v, 32v; Rom. 152a, cc. 18r-26r; per la professione dei quattro voti, Ital. 9, cc. 192r, 195r; per le lettere, Ital. 164, cc. 205r, 233r; per le censure manoscritte, F.G. 666, cc. 91r, 100r, 104r, 107r. V. Di Giovanni, Storia della filosofia in Sicilia, I, Palermo 1873, pp. 155-157; R.G. Villoslada, Storia del Collegio romano…, Romae 1954, pp. 220, 623; G. Marchi, Il mito di Roma in Francia, Roma 1978, p. 186; C. Dollo, Modelli scientifici e filosofici nella Sicilia spagnola, Napoli 1984, pp. 118, 199, 254; E. Benvenuto, Sviluppi della ricerca sui principî meccanici, in Atti del Convegno "Il Meridione e le scienze (secoli XVI-XIX)", Palermo… 1985, a cura di P. Nastasi, Palermo 1988, pp. 181-186; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, III, coll. 1394-1400; IX, col. 411 (per le opere edite e notizie su alcuni inediti); P.O. Kristeller, Iter Italicum, V, p. 427b; Dict. d'histoire et de géogr. ecclésiastiques, XX, coll. 1222.