LULLI (Lully), Giovanni Battista (Jean-Baptiste)
Nacque a Firenze da Lorenzo e da Caterina del Sera (o del Seta) il 28 nov. 1632.
Di famiglia contadina, il padre era giunto a Firenze dal villaggio di Campestri, nel Mugello, non dopo il 1619, e nel 1620 vi aveva sposato la figlia di un mugnaio, trasferendosi in Borgo Ognissanti, sull'Arno. Divenuto mugnaio egli stesso e ben inseritosi nella piccola borghesia artigiana della città, Lorenzo raggiunse una condizione economica relativamente agiata che potrebbe aver reso possibile una buona prima educazione del L. e dei suoi due fratelli.
Secondo J.-L. Lecerf de La Viéville de Fresneuse (p. 183), il primo importante biografo del compositore, il L. avrebbe ricevuto i primissimi rudimenti di musica ancora fanciullo da un francescano che gli avrebbe insegnato a suonare la chitarra. Null'altro è noto di quegli anni. Alcuni particolari biografici successivi lasciano tuttavia pensare che tredicenne prendesse già parte, come violinista e comico, a spettacoli allestiti presso la corte granducale. Fu molto probabilmente nel corso dei festeggiamenti del carnevale 1646, a Firenze, che il giovane L. fu notato da Roger di Lorraine, cavaliere di Guisa, sulla via del ritorno in Francia da Malta. Questi, per esaudire il desiderio della nipote, Mademoiselle Anne-Marie-Louise d'Orléans, duchessa di Montpensier, d'avere presso di sé un giovane italiano per esercitarsi in quella lingua, propose al L. di seguirlo Oltralpe.
Partito da Firenze alla fine del febbraio 1646, il L. giunse a Parigi intorno alla metà di marzo. Al servizio di Mademoiselle, alle Tuileries, il L. ebbe modo di sviluppare il proprio talento per la recitazione comica e di apprendere la danza. Allo studio della musica sarebbe stato avviato in virtù delle sue ottime doti di violinista.
Non è dato sapere con certezza quali furono i maestri che gli insegnarono le regole dell'armonia e del contrappunto, e a suonare più strumenti. È tuttavia probabile che si sia trattato dei musicisti che a vario titolo frequentavano Mademoiselle, quali il marchese di Sourches, ottimo violinista dilettante, o che intrattenevano con lei rapporti professionali, come l'organista e compositore François Roberday, orafo di mestiere al servizio degli Orléans, alloggiato proprio nelle Tuileries, con cui il L. potrebbe aver studiato composizione e clavicembalo, o come Michel Lambert, apprezzatissimo autore e interprete di airs galanti e maestro di canto della duchessa, nonché di musica del padre Gaston. Una fonte del 1695 (La Gorce, 2002, p. 39) menziona tra i maestri del L., oltre a Roberday, anche gli organisti Nicolas Metru e Nicolas Gigault, il primo anche rinomato compositore, il secondo come didatta. Analogamente, il L. potrebbe aver beneficiato degli insegnanti personali di Mademoiselle anche per l'apprendimento della danza: Jacques Cordier detto Bocan, valentissimo coreografo e, forse ancor più, violinista, Jean Regnault, "maître à danser du roi", e Jean du Moustier, ballerino, compositore di danze e cantore della cappella reale.
Il L., che appare menzionato per la prima volta, con nome e cognome francesizzati, in un inventario dei beni di casa della duchessa redatto il 15 genn. 1652 ("Jean-Baptiste Lully, garçon de la chambre": ibid., p. 37), debuttò pubblicamente come compositore il 7 marzo di quell'anno, collaborando con Moustier alla realizzazione della Mascarade de la Foire Saint-Germain, fatta rappresentare alle Tuileries da Mademoiselle in onore di alcuni comandanti e ufficiali frondisti impegnati militarmente contro G. Mazzarino. In quell'occasione, oltre a comporre parte delle musiche, il L. ebbe modo di esibirsi danzando nei panni d'un venditore ambulante di dolci al formaggio. Quando in autunno, sconfitta la Fronda, Luigi XIV rientrò a Parigi e Mademoiselle fu costretta all'esilio, il L., onde evitare un ritiro forzato nella campagna di Saint-Fargeau, chiese e ottenne congedo dalla sua signora.
Al ventenne L., ormai violinista e ballerino esperto, e compositore di balletti, già prima della fine del 1652 si aprirono le porte della corte; le molteplici qualità artistiche, unite all'innata verve istrionica, si sarebbero rivelate altrettante risorse importanti nella costruzione della sua brillantissima carriera. Già il 23 febbr. 1653 poté infatti esibirsi di fronte al re interpretando, da ballerino e attore, ben cinque parti nel Ballet royal de la Nuit, lo spettacolo con testo di Isaac de Benserade e musiche di Jean de Cambefort, con cui la Corona festeggiava il trionfale ritorno al potere. Probabilmente grazie alle doti esibite in quell'occasione, il successivo 16 marzo il L. ottenne la sua prima carica ufficiale a corte, quella di "compositeur de la musique instrumentale du roi", da poco vacante. Nonostante tale ruolo, nei primi anni Cinquanta il L. è ricordato dalle fonti coeve solo per le molte parti, in genere comiche o grottesche, danzate nei ballets de cour, spesso fianco a fianco con il re ed esponenti tra i più in vista dell'aristocrazia.
Il Ballet royal de la Nuit segnò l'inizio di una lunga serie di spettacoli consimili, allestiti nelle residenze reali a esibizione e celebrazione della monarchia. Il L. dovette aver presto piena coscienza che contribuire alla perfetta riuscita di eventi che avevano come primo fine l'esaltazione della potenza del sovrano - a sua volta interprete in scena delle allegorie di se stesso - significava porre buone basi alla propria ascesa professionale: ogni suo passo successivo sembra esser stato orientato da tale consapevolezza. Inoltre, la complicità che in quei ballets sarebbe potuta maturare tra il giovanissimo sovrano e il poco più anziano musicista italiano, entrambi ottimi ballerini, potrebbe essere all'origine della benevolenza che il monarca avrebbe dimostrato nei decenni a venire verso quell'uomo tanto necessario al suo divertimento e alla glorificazione musicale e visiva della sua divinità terrena.
A partire dal Ballet du Temps (Benserade; Louvre, 3 dic. 1654), negli spettacoli rappresentati a corte e danzati dal re il L. ebbe quasi sempre la duplice funzione di compositore (inizialmente solo di alcune entrées, ma già dal 1655 anche di arie vocali) e di ballerino-attore. È il caso dei ballets, su testo di Benserade, Des Plaisirs (Louvre, 4 febbr. 1655), Des Bienvenus (Compiègne, 30 maggio 1655), De Psyché, ou De la puissance de l'Amour (Louvre, 16 genn. 1656).
Con la frequentazione delle residenze reali, il L. poté in quegli anni anche ampliare la propria formazione culturale e musicale grazie al contatto con i musicisti fatti venire da Mazzarino a più riprese dall'Italia per iniziare la corte di Francia ai piaceri dell'opera italiana. Tra questi Carlo Caproli, compositore e violinista giunto nel gennaio del 1654 per mettere in scena le sue Nozze di Teti e Peleo su testo dell'abate Francesco Buti, segretario di Mazzarino e sovrintendente per gli spettacoli di corte; e soprattutto i cantanti Atto Melani e Giuseppe Chiarini (entrambi castrati), Gian Francesco Tagliavacca e Anna Bergerotti. Fu probabilmente nel circolo italiano che si riuniva nella dimora della Bergerotti, e che annoverava anche comici famosi della Comédie-Italienne, come Tiberio Fiorilli e Domenico Locatelli, che il L. ebbe modo non solo di mantener vivo il suo italiano, ma anche affinare le doti di compositore e dare le sue prime prove di musica vocale.
Un successivo avanzamento di carriera il L. lo fece in occasione de La galanterie du Temps, una "mascarade" (Louvre, 3 febbr. 1656) da lui interamente composta su testo di Buti. Per quelle rappresentazioni gli fu concesso di organizzare e dirigere - e, secondo Lecerf de La Viéville (pp. 185 s.) di fondare, in opposizione ai 24 "violons du roi" di cui non avrebbe apprezzato la qualità esecutiva - l'orchestra d'archi detta dei "petits violons". Composta inizialmente, si ritiene, di 10 elementi, questa compagine strumentale si ampliò progressivamente fino a raggiungere, verso il 1661, il numero di almeno 18 elementi scelti. Con un'orchestra interamente a sua disposizione e da lui condotta con ferrea disciplina a livelli di precisione esecutiva fino ad allora inauditi, il L. ebbe maggior libertà non solo nella realizzazione delle proprie composizioni, ma anche nella sperimentazione di un personale stile strumentale, ponendosi così in aperta competizione con gli altri musicisti attivi a corte.
Il primo importante balletto interamente affidato al L., per la composizione e per la coreografia, fu l'Amour malade (Louvre, 17 genn. 1657), ancora su testo italiano di Buti. Con quello spettacolo il L. vedeva finalmente riconosciute le sue qualità di compositore. Tale riconoscimento fu entusiasticamente confermato gli anni successivi nei resoconti dei gazzettieri circa altri due balletti, entrambi su testo di Benserade, quello d'Alcidiane (Louvre, 14 febbr. 1658), e quello De la raillerie (Louvre, 19 febbr. 1659), composti in collaborazione con J.-B. Boësset e L. de Mollier il primo, e con il solo Boësset il secondo.
Il nuovo decennio s'aprì per il L. con una raffica di avvenimenti ed esperienze che ne avrebbero rafforzato sia le competenze musicali, sia la posizione professionale e sociale a corte; a cominciare dai festeggiamenti per la ratifica della pace dei Pirenei tra Francia e Spagna (7 nov. 1659) e per il conseguente matrimonio del re con l'infanta Maria Teresa. Il 29 ag. 1660, per l'arrivo a Parigi della coppia reale, il L. si presentò per la prima volta ai regnanti e al popolo di Parigi quale autore di musica sacra, dirigendo nella chiesa della Merci un grand motet, da lui scritto per l'occasione e menzionato nelle fonti coeve come Motet de la paix, oggi identificato con lo Iubilate Deo. Tale fu il plauso riscosso dalla composizione che il re volle ripetutamente ascoltarla al Louvre.
Anche in seguito il L. non mancò di partecipare con musiche di tal genere agli eventi dinastici o politici che scandivano la vita della famiglia reale e dello Stato, come il battesimo del delfino, avvenuto a Saint-Germain-en-Laye il 24 marzo 1668, in occasione del quale si eseguì il suo Plaude laetare Gallia. Privo d'una vera motivazione liturgica, il grand motet a due cori, orchestra e soli divenne uno strumento cosciente di innalzamento spirituale della monarchia: avvolto nella pompa di un apparato sonoro grandioso, fatto di poderose masse corali e di fragorose fanfare strumentali spesso caratterizzate timbricamente da trombe e timpani, strumenti marziali per eccellenza, il sovrano rendeva grazie all'Altissimo conservando nondimeno tutta la dignità d'un suo pari in terra.
In occasione delle nozze del re giunse da Venezia, per volere di Mazzarino, il più rinomato operista del momento, Francesco Cavalli (Pietro Francesco Caletti). Benché controvoglia, Cavalli aveva accettato di recarsi a Parigi per comporre e rappresentare alle Tuileries, con scene dei modenesi Gaspare, Carlo e Lodovico Vigarani, l'Ercole amante, un'opera tutta nuova su libretto, ancora una volta, di Buti. Per far fronte all'imprevisto protrarsi dei preparativi dell'opera, che poté debuttare solo il 7 febbr. 1662, Cavalli fornì un adattamento in 5 atti del suo Xerse, eseguito al Louvre con scene di fortuna il 22 nov. 1660. Grazie a quei festeggiamenti il L. ebbe modo non solo di comporre i balletti d'intermezzo agli atti delle due opere - che furono assai apprezzati, anche per contrasto con le interminabili e linguisticamente mal comprese opere in italiano -, ma soprattutto di conoscere a fondo dallo studio delle due partiture e, verosimilmente, dallo stesso Cavalli, l'uso articolato e di ampio respiro del recitativo lirico.
Quanto accadde dal 1661 nella vita del L. si lascia facilmente ricondurre all'interno di un complesso progetto esistenziale. Il primo passo fu il consolidamento della propria posizione a corte, giunto con la nomina, il 16 maggio 1661, a "surintendant de la musique de la chambre du roi". In quell'occasione, nella nota apparsa nella Gazette de France del 21 maggio il L. era qualificato quale "gentilhomme florentin" (La Gorce, 2002, p. 115): primo segno di come il L. avesse già avviato quella mistificante negazione delle proprie umili origini per cui sarà aspramente attaccato. A quell'avanzamento professionale il L. fece a breve seguire un profondo cambiamento del proprio status civile e familiare. Nel dicembre 1661 chiese e ottenne dal re la naturalizzazione francese come "Jean-Baptiste de Lully". Quindi, il 24 luglio 1662, pianificati con il futuro suocero i dettagli relativi alla successione delle rispettive cariche a corte e al contratto di matrimonio, il "noble homme Jean-Baptiste de Lully" figlio di "Laurent de Lully, gentilhomme florentin" (ibid., p. 119) sposò Madeleine Lambert, figlia ventenne di Michel, dalla quale nel volgere di sei anni ebbe almeno sei figli. Con tale atto il L. non solo rafforzava la propria posizione, alleandosi per via familiare con uno fra i più apprezzati musicisti della corte, ma smentiva, o almeno temporaneamente zittiva, le fondate voci circa la sua omosessualità. Inoltre, avendone sottoscritto - con le due regine e con J.-B. Colbert - il contratto di matrimonio, il re aveva di fatto certificato come attendibili le origini patrizie dichiarate dal Lulli.
Sovrintendente musicale del re, e ormai francese, il L. diede avvio a una progressiva rinuncia anche alla propria italianità artistica, volta a imporlo, forse più per le maggiori opportunità di carriera che per intima convinzione, come il campione della musica gallica. È nel quadro di autarchia e ricostruzione d'un orgoglio culturale nazionale - fortemente volute dal re e da Colbert - che scompaiono quasi del tutto scene e arie italiane dai suoi nuovi balletti e che vengono in auge forme spettacolari originalmente francesi, in primis la comédie-ballet.
Tipo di spettacolo privo d'una organizzazione formale ben precisa, inventato quasi per caso da Molière nel 1661 con Les fâcheux (musica di Pierre Beauchamp), la comédie-ballet vedeva alternarsi alla commedia di parola vera e propria ampie digressioni spettacolari con balletti, canti a solo o corali, e scene buffonesche recitate.
La prima comédie-ballet nata dalla collaborazione del L. con Molière fu Le mariage forcé, rappresentata al Louvre il 29 genn. 1664. Da quel momento fin quasi alla fine del decennio, il L. avrebbe composto oltre alle musiche per i ballets de cour, nei quali si sarebbe esibito il re, per lo più su testi di Benserade, quelle per le pièces del nuovo genere realizzate da Molière. L'unione in un solo spettacolo di competenze artistiche tanto eccellenti incontrò enorme favore da parte del re, e così, nel giro di poco meno di sette anni i due, presto appellati "les deux grands Baptistes", rappresentarono nella residenza reale del momento altre nove comédies-ballets, concludendo la parabola vitale di quel genere drammatico - dopo prove altissime come George Dandin (Versailles, 18 luglio 1668), Monsieur de Pourceaugnac (Chambord, 6 ott. 1669), Les amants magnifiques (Saint-Germain-en-Laye, 4 febbr. 1670) - con il capolavoro assoluto Le bourgeois gentilhomme, messo in scena a Chambord il 14 ott. 1670. Qualche mese più tardi, con la rappresentazione della tragédie-ballet di Psyché (Tuileries, 17 genn. 1671), per il cui testo Molière s'era dovuto valere della collaborazione di Pierre Corneille, di Philippe Quinault - già autore per il L. de La grotte de Versailles, églogue en musique, rappresentata nel 1668 nel parco di quella reggia - e dello stesso L., si concluse anche il sodalizio tra i due artisti.
Nella realizzazione delle comédies-ballets il L. ebbe parte non solo nelle musiche, ma anche nella concezione e nella stesura delle sezioni testuali propriamente destinate al ballet. Spicca la cerimonia turca de Le bourgeois gentilhomme, in cui l'intero monologo in lingua franca del Muftì, ricco di momenti nonsense (come il verso "Hu la ba ba la chou ba la ba ba la da"), sembra doversi attribuire alla vis comica del compositore: sommerso da un enorme turbante, il L. era stato il primo interprete di quel comicissimo personaggio.
La terza e ultima fase della vita del L. è intimamente legata alla sua creazione e conduzione dell'Académie royale de musique e alla sua attività d'operista. La refrattarietà del pubblico di corte all'opera italiana, strenuamente voluta da Mazzarino, e quindi la sua mancata diffusione, avevano creato in molti, musicisti e poeti, l'idea che quella forma di spettacolo fosse inadatta per la Francia. Tale opinione sarebbe stata condivisa anche dal L. che non fece alcun tentativo di realizzare un'opera in musica né in italiano né in francese. Il che non accadde fintanto che non ci riuscirono altri, con pieno successo di pubblico ed economico.
I primi esempi di opere in stile recitativo e in lingua francese apparvero a partire dal 1655. Fu tuttavia del compositore Robert Cambert il primo vero progetto volto alla creazione di "comédies en musique comme on faisait en Italie" (La Gorce, 2002, p. 174), tradotto in atto con la realizzazione, insieme con il poeta Pierre Perrin, di una pastorale rappresentata nell'aprile 1659 a Issy (Issy-les-Moulineaux), villaggio appena fuori Parigi, nella residenza di René de La Haye, orafo del re. La pastorale, che avrebbe poi preso il nome dal luogo di rappresentazione, presentava già alcune delle caratteristiche formali che, proprie della drammaturgia francese tout court, si sarebbero poi ritrovate nell'opera francese più matura: durata e respiro ridotti rispetto alla coeve produzioni italiane, organizzazione narrativa in cinque atti, semplicità dell'azione drammatica e conseguente minor numero di personaggi. Fu tuttavia solo quando nel 1669 Perrin ottenne da Colbert di poter istituire un'Académie royale de musique improntata alla molte altre "académies royales" create in quegli anni per dare lustro alla cultura nazionale, che fu possibile dar consistenza a quel progetto: il 28 giugno il poeta ricevette le lettere patenti che lo autorizzavano alla creazione di accademie a Parigi e dove meglio avesse ritenuto nel Regno, e a riscuotere dagli spettatori una somma per l'accesso agli spettacoli prodotti. Si autorizzava dunque la creazione di teatri pubblici a pagamento dedicati a una forma di spettacolo che sino ad allora in Francia era stata appannaggio solo di pochi. Le nuove Académies, a onta del titolo di "royales" e a differenza di quanto accadeva per le altre istituzioni volute da Colbert, non avrebbero goduto di sovvenzioni statali. Il 12 dic. 1669, pertanto, Perrin si associò con Cambert; quindi, per necessità di denaro e per valersi delle sue eccellenti capacità di creatore di macchine sceniche, i due aprirono la società ad Alexandre de Rieux, marchese di Sourdéac, e con questo a Laurent Bersac, sedicente signore di Champeron: da questo gruppo di gestione dell'impresa il 3 marzo 1671 fu presentata al pubblico parigino la pastorale Pomone, con musica di Cambert e su un testo poetico di Perrin, in una sala, in origine destinata alla pallacorda, attrezzata a teatro.
Era la prima volta che una pièce in lingua francese veniva rappresentata in musica da cima a fondo, con soli, assiemi, cori, danze, scenografie cangianti a vista e macchine teatrali, davanti a un pubblico pagante. Il successo fu straordinario e, per gli otto mesi in cui rimase in cartellone, Pomone garantì pingui incassi ai direttori del teatro.
Tali esaltanti esiti non tardarono ad attrarre l'attenzione d'altri personaggi, tra cui il L. che, approfittando d'una complessa questione di debiti non pagati, vendite di privilegio, associazioni, esautoramenti, cessioni di quote più o meno forzate con metodi ricattatori, e avanzando insistenti richieste allo stesso re, ottenne nel marzo 1672 la revoca, con motivazioni di merito a dir poco discutibili, del privilegio concesso a Perrin, e il rilascio di un nuovo privilegio a suo esclusivo nome, vitalizio ed ereditabile (a differenza del precedente, che durava dodici anni). La cosa non gli evitò di finire in una complicata contesa legale avviata da Sourdéac e Champeron e da quanti altri erano stati fino a quel momento coinvolti nella faccenda, destinata a trascinarsi per anni e a raggiungere il massimo livello d'incandescenza in una causa promossa successivamente dal L. stesso, dopo che uno dei suoi avversari, Henry Guichard, aveva ottenuto il privilegio per la fondazione di un'Académie des spectacles pericolosamente affine alla sua.
Il privilegio ottenuto dal L. lasciava al detentore poteri enormi di controllo sulla musica drammatica in Francia, e consentì quell'autentica dittatura artistica che il compositore avrebbe esercitato fino alla morte. Tra i primi provvedimenti restrittivi voluti dal L. per la propria autotutela vi fu la limitazione dei mezzi musicali a disposizione delle compagnie teatrali, drasticamente ridotti a due voci e due violini. Il provvedimento colpiva principalmente la troupe du Roi, la compagnia di Molière, l'unica nella Parigi del tempo che avrebbe potuto mettersi, con le rappresentazioni di comédies-ballets, in seria concorrenza con l'Académie royale de musique. Molière, ancora benvoluto dal monarca, reagì contro quella dispotica riduzione di libertà musicale dei suoi spettacoli e ottenne un allargamento dell'organico consentito a sei voci e a dodici violini, con altri strumenti di complemento.
Per l'apertura del suo teatro d'opera il L. individuò uno spazio idoneo nella sala per la pallacorda situata in rue de Vaugirard. Quindi il 23 ag. 1672 associò all'impresa Carlo Vigarani, anch'egli ben protetto dal re e da Colbert, le cui competenze d'architetto teatrale erano necessarie sia alla creazione delle scene e delle macchine necessarie agli spettacoli, sia alla trasformazione della sala in teatro. Ciò avvenne in meno di tre mesi, e l'11 nov. 1672 il L. poté inaugurare la sua Académie con Les fêtes de l'Amour et de Bacchus, una favola pastorale messa insieme, date le ristrettezze di tempo, recuperando parti di alcune delle più fortunate comédies-ballets prodotte con Molière, e musicando ex novo i testi con cui Quinault le aveva cucite insieme per l'occasione. Il successo fu enorme, e verso la metà dell'aprile 1673 fu ripetuto con la rappresentazione di Cadmus et Hermione, opera d'un genere tutto nuovo e originale inventato dal L. e da Quinault, la "tragédie en musique".
A sancire la strepitosa affermazione anche di questa seconda opera, e a confermare pubblicamente la sua approvazione per l'attività del L., Luigi XIV assistette alla replica del 27 aprile. Ancora una volta la soddisfazione del re per lo spettacolo e la sua protezione furono dal L. abilmente sfruttate: il giorno dopo quella visita al teatro, il L. ottenne dal sovrano, con il pieno appoggio di Colbert, l'autorizzazione a utilizzare gratuitamente la più centrale sala del Palais-Royal, sede fino ad allora della troupe du Roi, orfana di Molière dal 17 febbraio, e della Comédie-Italienne. Inoltre, in seguito alla morte di Molière, il L. ebbe nuovamente buon gioco nell'ottenere che il 30 aprile un'ordinanza reale ridimensionasse nuovamente, questa volta a due voci, a sei violini e a nessun ballerino, il numero di interpreti di cui potevano valersi, per le parti musicali, le pièces drammatiche rappresentate fuori dall'Académie.
Fu probabilmente l'impopolarità raggiunta dal L. nell'ambiente teatrale parigino che innescò e alimentò l'accesa polemica con cui fu accolta qualche mese dopo Alceste, la tragédie, ancora su poesia di Quinault, con cui s'inaugurò, intorno al 18 genn. 1674, la nuova sede dell'Académie, detta da subito semplicemente Opéra.
La scelta d'un soggetto già trattato da Euripide aveva scatenato le accuse di quanti consideravano la tragédie en musique, alla luce delle norme che regolavano la drammaturgia tragica contemporanea, come un mostruoso ibrido poetico. La disputa, inserita nella più ampia e articolata contesa tra anciens e modernes, ebbe in Charles Perrault il più lucido difensore di parte operistica. Nella sua Critique de l'opéra questi riconosceva alla tragédie en musique il diritto a un'autonomia poetica ed estetica rispetto agli altri generi teatrali, e pertanto la necessità ch'essa fosse valutata non in quanto tragedia mal riuscita ma genere affatto nuovo dotato di dignità, regole e specificità proprie.
La tragédie en musique, pur nata idealmente a imitazione dell'opera italiana, presentava dal punto di vista morfologico non poche concessioni a forme di spettacolo o musicali preesistenti pressoché irrinunciabili in un teatro musicale francese. In essa confluirono generi drammatici come il ballet e, in misura più ridotta, la tragedia, trovando spazio il primo nei divertissements, ossia nelle ampie digressioni coreografiche e corali inserite nel prologo e in ognuno dei cinque atti, e la seconda nelle scene monologiche e nelle lunghe tirades, le quali, benché in musica, erano improntate alla medesima drammaturgia della parola, della declamazione e del gesto; forme musicali vocali come l'air, formalmente meno strutturata delle arie d'opera italiane coeve, che ben si inseriva nel flusso del recitativo attraverso il quale si dipana l'azione, o strumentali come la solenne ouverture "à la française", portata a perfetta maturazione formale, con la sua partizione in due tempi contrapposti (lento/valori puntati - veloce/stile fugato), proprio dal L. nei suoi ballets e comédies-ballets.
Vi riappariva, infine (attraverso soggetti della mitologia classica mediati dalle Metamorfosi ovidiane), il merveilleux allegorico dei balletti, delle opere mitologiche italiane volute dal Mazzarino, e della pastorale, che consentiva non solo di giustificare razionalmente l'uso del canto, ma anche di giovarsi appieno, rendendolo strutturale alla narrazione drammatica, del puro spettacolo visivo offerto dalla scenotecnica e dalla macchinistica teatrale moderne. E, una volta accettata come norma, tale spettacolarità sonora e visiva, pomposa e abbacinante, si rivelava perfettamente funzionale all'evocazione simbolica del sovrano e della monarchia, e alla loro glorificazione. Dal punto di vista musicale, le danze che animavano i divertissements erano le stesse che risuonavano nelle regge (minuetti, anzitutto, ma anche gavotte, sarabande, bourrées, gighe e le maestose, interminabili ciaccone e passacaglie), mentre le fanfare che accompagnavano i trionfali ingressi degli eroi mitici erano quelle che festeggiavano il ritorno del re da vittoriose campagne militari.
La lode evocativa, poi, assumeva nei prologhi i caratteri della lusinga verbale, fortemente allusiva o esplicita, del sovrano. Come in Cadmus et Hermione, dove Luigi XIV è allegorizzato nella figura del Sole benefico che incenerisce mostri e dissipa tenebre, o in Alceste e Thésée, in cui il sovrano vittorioso sui nemici della Francia è esplicitamente menzionato, rispettivamente, dalla Ninfa della Senna, che sullo sfondo del palazzo e dei giardini delle Tuileries si chiede se "le Héros que j'attends ne reviendra-t-il pas?", e da un Piacere che, mentre la scena s'apre sul parco e sulla reggia di Versailles, intona "le Maître de ces lieux n'aime que la victoire" (Recueil, I, pp. 153-157, 212, 275).
La tragédie del L. e di Quinault si inseriva dunque nel panorama dei generi spettacolari preesistenti, non già in contrapposizione a essi ma come commistione e reinterpretazione dei loro caratteri fondamentali, assumendone e rafforzandone le funzioni sia di piacevole passatempo spettacolare, sia di propaganda del potere assoluto del re. Sulla scena il sovrano e i cortigiani vedevano specchiato un compiacente riflesso del proprio mondo, mentre chiunque altro, pagando il biglietto dell'Opéra, vi avrebbe scorto l'immagine esibita del potere e dello sfarzo della più potente delle monarchie. Autenticamente francese nei suoi presupposti stilistici ed estetici, il nuovo tipo di spettacolo avrebbe dominato la vita operistica francese fino alla fine del Settecento, ponendosi in Europa come l'unica reale alternativa al dilagante dramma per musica italiano.
Di carattere eminentemente letterario, la critica ad Alceste mirava, tra le altre cose, a porre in cattiva luce Quinault, a vantaggio d'altri poeti esclusi dall'affare dell'opera. Jean de La Fontaine, Nicolas Boileau e Jean Racine si cimentarono di lì a poco con l'opera, ma, incapaci di soddisfare pienamente il L., abbandonarono la collaborazione, non senza acredine verso il compositore. La polemica su Alceste si dissipò quando il sovrano richiese che la nuova opera fosse rappresentata a corte, inaugurando così la consuetudine che le nuove produzioni, create annualmente dal L. per l'Opéra, debuttassero in anteprima nella residenza reale del momento, fosse Saint-Germain-en-Laye, come nel caso di Thésée (15 genn. 1675) o Versailles. Anzi, è attestato come, almeno dal 1675, in vista della creazione di Atys (Saint-Germain-en-Laye, 10 genn. 1676) il re prendesse parte attiva nella selezione del soggetto da mettere in scena.
Con l'indiscusso successo di Atys all'Opéra ogni residua riserva sulle ragioni di esistenza del nuovo spettacolo fu dissipata in modo pressoché definitivo. Ma la fronda contro Quinault e il L. si rifece viva con la presentazione, il 5 genn. 1677, sempre a Saint-Germain-en-Laye, della nuova opera, Isis. A corte girarono voci che tre dei personaggi della pièce altro non fossero che la rappresentazione del re, della sua vecchia favorita (Madame de Montespan) e della nuova in auge (Madame de Ludres). Vera o falsa che fosse, l'accusa valse a Quinault una lunghissima lontananza dalle scene, sì che per le due successive produzioni, che debuttarono con grande successo all'Opéra, Psyché (19 apr. 1678; adattamento operistico dell'omonima tragédie-ballet del 1671) e Bellérophon (31 genn. 1679), il L. dovette valersi della poesia di Thomas Corneille, coadiuvato dal poco più che ventenne nipote Bernard Le Bovier de Fontenelle. Il L. ebbe Quinault nuovamente al suo fianco solo dopo tre anni, per Proserpine, che - segno della piena riabilitazione a corte del poeta - fu data a Saint-Germain-en-Laye il 3 febbr. 1680.
Nel 1680 ebbe termine la società tra il L. e Vigarani, sostituito nel ruolo di scenografo, costumista e, successivamente, ingegnere per le macchine da Jean Bérain, già "dessinateur de la chambre et du cabinet du roi". Tra le altre novità che caratterizzarono in quegli anni la gestione dell'Opéra, vi fu l'introduzione di ballerine per le parti femminili dei balletti (fino ad allora spettanti a interpreti maschi), e l'arruolamento, tra i cantanti di punta dell'Académie, del soprano Marie Le Rochois e del tenore Louis-Gaulard Dumesnil, memorabili prime parti nelle ultime tragédies del Lulli. Risalgono a quegli anni anche i primi entusiasmi per le opere lulliane da parte del delfino di Francia, che con il tempo finiranno per compensare il sempre minore attaccamento del sovrano per il compositore: per i festeggiamenti organizzati in occasione delle nozze dell'erede al trono, il 21 genn. 1681 il L. presentò a Saint-Germain-en-Laye le ben venti entrées, su testi di Benserade e Quinault, del balletto Le triomphe de l'Amour.
Sempre nel 1681, il L. ottenne la nomina a "conseiller secrétaire du roi". Da tempo aveva respinto le lettere patenti con le quali il re intendeva nobilitarlo; tuttavia, il conseguimento della carica di consigliere - cui potevano accedere solo membri dell'aristocrazia - avrebbe comportato ipso facto l'implicito riconoscimento della sua condizione nobiliare.
L'occasione si presentò quando, per la morte d'un consigliere, uno dei posti si rese vacante. Ancora una volta il L. giocò d'abilità, traendo profitto dalle proprie doti di comico e dalla grande benevolenza che queste sapevano ispirare nel monarca. In dicembre il re volle assistere alla rappresentazione di Monsieur de Pourceaugnac e de Le bourgeois gentilhomme. In quest'ultima pièce il L. si esibì nella parte del Muftì, come già brillantemente aveva fatto nel 1670. Tale sarebbe stato il divertimento del re - fonti tarde narrano che per rendere più comica la scena, il L. sarebbe saltato su un cembalo fracassandolo - che, narra Lecerf de La Viéville (pp. 207-210), al sovrano che lo complimentava, il musicista avrebbe avanzato il desiderio della nomina a consigliere segretario.
Con il placet del re, il 23 dicembre il L. acquistò la carica dalla vedova del defunto consigliere. Il 29 perfezionò l'ammissione in seno al Consiglio con l'atto di sottomissione al nuovo incarico e il 31, non senza aver dovuto vincere le pregiudiziali resistenze di altri consiglieri, poté prendere ufficialmente parte alla seduta. Al di là dei reali poteri conferiti, quella carica rappresentava per il L. il raggiungimento dell'apice della sua scalata sociale a corte e nell'apparato statale.
Musiche del L. furono eseguite anche in occasione dei funerali della regina Maria Teresa, morta il 30 luglio 1683. Per l'ufficio solenne, che si tenne il 1( settembre nella chiesa parigina di St-Denis furono eseguiti un De profundis e un Dies irae di nuova composizione, che, secondo le testimonianze, suscitarono profonda commozione nei presenti. Tanto fu il gradimento che il re volle che i due grands motets, con altri quattro, fossero onorati con la stampa, fissando così il modello di composizione sacra a lui gradito.
Gli ultimi anni del L. furono tuttavia segnati dal progressivo distacco del sovrano. Dalla cronaca del marchese di Dangeau si apprende come una settimana dopo il debutto a Versailles di Roland (8 genn. 1685), a corte fosse in pieno corso uno scandalo che vedeva protagonista il L. (Masson, p. 197): invaghitosi di Brunet, paggio che le mansioni a corte gli assegnavano di diritto, il L. s'era abbandonato con il giovane, senza salvaguardare le convenienze, a comportamenti licenziosi poco consoni alla sua condizione di uomo sposato e alla sua posizione. Se per il passato l'atteggiamento a corte verso l'omosessualità era stato di indulgenza se non di indifferenza - se non altro perché omosessuali erano Monsieur, fratello del re, e molte fra le sue frequentazioni -, con l'insediamento nelle grazie del sovrano della nuova favorita, la devotissima Madame de Maintenon, la tolleranza verso comportamenti ufficialmente condannati dalla Chiesa s'era notevolmente ridotta. Fosse per la necessità di prendere le distanze da un musicista geniale ma riottoso a disciplinare in pubblico il proprio modo d'essere, o si trattasse degli effetti della condanna decretata dalla Chiesa contro il teatro d'opera, e ravvivata a corte dalla poco gioiosa devozione della Maintenon, Luigi XIV, pur continuando a selezionare in prima persona i soggetti delle tragédies che il L. avrebbe composto, cominciò a manifestare disinteresse per il musicista e la sua attività.
Nonostante lo scandalo, è attestata in quegli anni una ripresa della collaborazione tra il L. e La Fontaine, autore delle dediche apparse nelle partiture di due tragédies composte su libretti dell'ormai irrinunciabile Quinault, Amadis (Opéra, 16 genn. 1684) e Roland, e con Racine, di cui il L. intonò l'Idylle sur la paix, magnifico e costosissimo divertissement offerto dal marchese di Segnelay, figlio di Colbert, al re nella propria residenza di Sceaux il 16 luglio 1685. Può egualmente leggersi come un segno della riacquistata benevolenza del sovrano, il fatto che il debutto di Armide, la nuova opera per il carnevale 1686, fosse previsto a Versailles. Così però non fu, probabilmente a causa dei postumi di un'operazione subita dal L. (forse l'incisione di una fistola anale); come si evince dalla sua dedica al sovrano della partitura a stampa, il L. si era impegnato fino allo stremo per completare la partitura nei tempi sperati dal re, il quale come da consuetudine ne aveva scelto il soggetto (Masson, p. 198). Armide andò in scena all'Opéra il 15 febbraio e fu subito un trionfo.
L'entusiasmo suscitato nel pubblico fu tale che nel giro di pochi anni l'opera sarebbe stata universalmente considerata, in Francia come nel resto d'Europa, non solo come la più felice creazione del L., ma anche come l'espressione perfetta dell'arte lirica francese, e sarebbe divenuta il campione più osannato, analizzato e discusso della tragédie en musique, la più degna espressione scenica e musicale del grand-siècle di Luigi XIV. In modo particolare il monologo di Armide che concludeva l'atto II ("Enfin, il est en ma puissance"), affidato più alla recitazione declamata che al canto spiegato, avrebbe finito per rappresentare l'idea stessa del teatro lirico francese, che, fondato più di quello italiano sulla recitazione e sulla parola, mostrava ben evidente la sua discendenza dalla tragedia classicista.
Nonostante i buoni esiti, Armide segnò anche la fine della quasi ventennale collaborazione tra il L. e Quinault, che, colto anch'egli da scrupoli religiosi, decise di abbandonare il teatro. Il L. trovò un sostituto, non del tutto adeguato, in Jean Galbert de Campistron, autore della "pastorale héroïque" Acis et Galathée, frutto d'una commissione del duca di Vendôme (Anet, 6 sett. 1686), e di Achille et Polyxène, tragédie di cui tuttavia riuscì a terminare solo l'ouverture e l'atto primo: completata da Pascal Collasse, discepolo del L., Achille et Polyxène fu data all'Opéra il 23 nov. 1687.
L'8 genn. 1687, mentre nella chiesa dei Foglianti stava dirigendo il suo Te Deum (1677) di ringraziamento per la sopraggiunta guarigione del re, il L. si ferì un piede con la punta della pesante mazza usata per dare il tempo agli esecutori. Benché l'infezione provocata dalla ferita s'aggravasse progressivamente, il L. rifiutò ogni proposta di amputazione nella speranza d'una guarigione meno cruenta, finché, andata in cancrena l'intera gamba, non fu più operabile.
Morì a Parigi, dopo oltre due mesi di malattia, il 22 marzo 1687. Fu sepolto nella chiesa agostiniana di Notre-Dame-des-Victoire, dove tutt'oggi è visibile parte del monumento fattogli erigere dalla vedova.
Opere, oltre a quelle citate: Tragédies en musique in un prologo e cinque atti: Persée (Ph. Quinault; Paris, Opéra, 18 apr. 1682); Phaëton (Id.; Versailles, 8 genn. 1683). Balletti: tutti, ove non diversamente indicato, rappresentati a Parigi (fino al 1665 spesso in collaborazione con altri compositori): Le débris du ballet du roy ("mascarade", 1659); Ballet mascarade (Toulouse, novembre o dicembre 1659); La revente des habits du ballet et comédie (Benserade; Louvre, 15 dic. 1660); L'impatience (Ph. Quinault - F. Buti; ibid., 19 febbr. 1661); Les saisons (Benserade; Fontainebleau, 26 luglio 1661); Les arts (Ph. Quinault; Palais-Royal, 8 genn. 1663); Les noces de village ("mascarade ridicule"; Id.; Vincennes, 3 o 4 ott. 1663); Les amours déguisés (O. de Périgny; Palais-Royal, 13 febbr. 1664); Divertissement pour la collation (1ª giornata de Les plaisirs de l'Île enchantée; Versailles, 7 maggio 1664); Le palais d'Alcine (3ª giornata de Les plaisirs de l'Île enchantée; Molière; ibid., 9 maggio 1664); Entr'actes d'Œdipe (ouverture, 5 airs de danse per Œdipe di P. Corneille; Fontainebleau, 3 ag. 1664); La naissance de Vénus (Benserade; Palais-Royal, 28 genn. 1665); La réception faite par un gentilhomme de campagne à une compagnie choisie à sa mode, qui le vient visiter ("mascarade", Id.; ibid., febbraio 1665); Les gardes, ou Les délices de la campagne (per Le favori di M.me de Villedieu; Versailles, 13 giugno 1665); Le triomphe de Bacchus dans les Indes ("mascarade", hôtel de Créqui, 9 genn. 1666); Les muses (Benserade; Saint-Germain-en-Laye, 2 dic. 1666); Le carnaval ("mascarade royale", Id.; Louvre, 18 genn. 1668); Flore (Id.; Tuileries, 13 febbr. 1669); La noce de village ("mascarade", Versailles, marzo 1683); Le temple de la paix (Quinault; Fontainebleau, 20 ott. 1685). Comédies-ballets: tutte, ove non diversamente indicato, in collaborazione con Molière: La princesse d'Élide (2a giornata de Les plaisir de l'Île enchantée; Versailles, 8 maggio 1664); L'Amour médecin (ibid., 14 sett. 1665); La pastorale comique (Saint-Germain-en-Laye, 5 genn. 1667); Le sicilien, ou L'Amour peintre (ibid., 8 [?] febbr. 1667); Ballet des ballets (7 entrées per La Comtesse d'Escarbagnas; ibid., 2 dic. 1671). Mottetti: 7 grands motets: Miserere (1663); O lachrymae (P. Perrin; 1664); Benedictus (1663 o 1664); Domine salvum fac regem (1685?); Notus in Iudaea (1685 o 1686); Quare fremuerunt (1685); Exaudiat (1687); 10 petits motets (1685?): Anima Christi; Ave coeli munus supernum; Dixit Dominus; Domine salvum fac regem; Exaudi Deus deprecationem; Laudate pueri Dominum; O dulcissime Domine; O sapientia in misterio; Regina cœli; Salve Regina. Inoltre, 32 composizioni vocali diverse e 10 tra suites o singole composizioni strumentali.
Edizioni: Œuvres complètes, a cura di H. Prunières, Paris 1930-39; New York 1972 (interrotta; pubblicati solo 11 voll.); Œuvres complètes, a cura di J. de la Gorce - H. Schneider, Hildesheim 2001 (in 39 voll.; in corso di pubblicazione).
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