MARTINETTI, Giovanni Battista.
– Nacque a Bironico, nel Canton Ticino, il 24 dic. 1764 da Giovanni Antonio e da Lucia Leoni, originaria di Locarno (Chierici Stagni, p. 30), secondo di cinque figli.
Nel 1775 il M. raggiunse il padre, costruttore e riparatore di ponti, a Bologna dove poté contare subito sulla protezione del conte Iacopo Zambeccari, matematico.
Diciottenne, ultimate le scuole superiori, fu eletto priore della nazione alemanna, prestigiosa carica che ricoprì per due anni. Negli anni Ottanta progettò la facciata di casa Cipollato, già Fabbri; mentre la passione per gli studi ingegneristici lo portò a vincere (1780-83) in Accademia il premio Fiori, quello di architettura di seconda classe con un Progetto di una cavallerizza e quello Marsili di prima e seconda classe. Prima del 1795, anno di morte di Zambeccari, aveva progettato villa Ravone (oggi Spada, Museo della tappezzeria), edificio in perfetto stile neoclassico sorto lungo la strada collinare che porta a S. Luca. In quegli anni, oltre a partecipare ai concorsi indetti per il completamento della facciata del duomo milanese (Fabbri, 1979, p. 272), il M. figurava anche tra i membri costituenti della Deputazione d’ornato, importante istituzione culturale cittadina (Chierici Stagni, p. 38).
Risalgono al 1797 l’intervento in palazzo pubblico, in collaborazione con Giovanni Bassani, e il progetto della facciata per la chiesa di Roncastaldo presso Loiano (ibid., p. 133). Tra 1796 e 1805 si collocano, invece, i lavori di ricostruzione e rinnovamento di palazzo Sanguinetti già Riario Aldini in strada Maggiore (ora sede del Dipartimento di musica e spettacolo dell’Università).
L’edificio, venduto dai Riario Sforza al ministro napoleonico Antonio Aldini, assunse nuova e grandiosa forma grazie ai sottili interventi di ristrutturazione e di ampliamento (aggiunta di una porzione dell’attigua casa Uccelletti) condotti dal M. sul cinquecentesco corpo di fabbrica: tale soluzione sacrificò gli affreschi di G.B. Cremonini (Malvasia, p. 226), sostituiti con più moderne pitture di Felice Giani, Antonio Basoli e Gaetano Bertolani.
Il ministro si avvalse ancora della consulenza del M. per la realizzazione di villa Aldini.
La residenza, che per dissacrante volontà di Napoleone fu costruita sul colle dell’Osservanza, là dove si venerava l’effigie della Madonna del Monte, è un lavoro di équipe: il progetto fu messo a punto, oltre che dal M. e da Giuseppe Nadi, l’ideatore, prematuramente scomparso, del maestoso pronao ottastilo posto su un alto podio, anche da Leopoldo Cicognara (Bosi).
In occasione dell’entrata trionfale di Napoleone a Bologna, il Dipartimento del Reno fece realizzare la Colonna della Pace in piazza Galvani (nota da una stampa di F. Rosaspina del 1801): del M. il progetto scelto per esaltare le speranze, ben presto deluse, nella forza pacificatrice francese, glorificata l’8 giugno 1805 lungo le vie principali di Bologna con una straordinaria macchina scenografica disegnata in collaborazione con Giuseppe Tubertini e G. Bassani (Chierici Stagni, pp. 44 s.), il cui fulcro era l’arco di trionfo di porta S. Felice, in stile ionico con pitture e bassorilievi di F. Giani e ornamenti di G. Bertolani.
Il 24 febbr. 1802 il M. si era intanto sposato, nella chiesa cittadina di S. Lorenzo di Porta Stiera (demolita nel 1824), con la più giovane Cornelia Rossi (nata nel 1781), originaria di Lugo di Romagna, figlia del conte Domenico e della marchesa bolognese Marianna Gnudi.
Autrice del romanzo Amélie (Roma 1823), Cornelia, donna colta e raffinata fu, per il suo indiscusso fascino, profondamente amata anche da A. Canova e U. Foscolo per il quale divenne una delle ispiratrici delle Grazie (Orioli, 1955). Le sue frequentazioni prestigiose e altolocate avevano come scenario la suggestiva abitazione situata in via S. Vitale, n. 56 (odierno palazzo Scagliarini Rossi), una sontuosa e stravagante casa reinventata completamente dal M. (1799-1806) e destinata a divenire uno dei salotti culturali più celebri d’Europa (Lui, pp. 378-380). Essa comprendeva l’area del monastero delle benedettine, chiuso nel 1796, con l’annessa cripta della chiesa dei Ss. Vitale e Agricola; il M. trasformò il monastero in palazzo, la cripta romanica, a tre absidi semicircolari, in una grotta con stalattiti artificiali e l’orto in un giardino all’inglese con statue neoclassiche, fontane, colonne, tempietti immersi in una ricca vegetazione.
Membro della rinnovata Accademia di belle arti (1803) e professore d’architettura (1804), si dedicò anche al restauro del convento dei celestini e del collegio Montalto, rispettivamente sedi nel periodo napoleonico del Consiglio maggiore e di quello minore della Repubblica (Ceccarelli, p. 142). Nel 1805 si occupò della riorganizzazione spaziale di aule e laboratori dell’«Alma Mater studiorum».
Il progetto di una moderna città degli studi era incentrato sull’unione del cinquecentesco palazzo Poggi (già sede del marsiliano Istituto delle scienze), della bentivolesca palazzina della Viola e dell’ex noviziato gesuitico di S. Ignazio. Il riassetto del quartiere nordorientale della città prevedeva anche un originale collegamento all’orto botanico e a quello agrario, anch’essi integrati nelle strutture dedicate alla ricerca scientifica (1804).
Negli stessi anni, insieme con Tubertini, disegnava i viali per il pubblico passeggio lungo le mura e i giardini della Montagnola (1809) concepiti nell’ambito di un’ampia strategia di riqualificazione urbana dell’area adiacente la nuova piazza d’Armi (oggi piazza 8 agosto).
Il riassetto prevedeva anche varie attrezzature per il pubblico svago, tra cui spiccavano l’arena per il gioco del pallone e quella del Sole, teatro diurno erroneamente attribuito al M. (questi, insieme con Tubertini, lo aveva solo ispezionato per conto del Comune), ma progettato da Carlo Asparri.
Tra 1810 e 1817 si colloca la tormentata vicenda della strada porretana. I lavori, avviati nel periodo napoleonico, vennero di fatto realizzati sotto il governo pontificio.
Il progetto del M., nominato il 6 maggio 1812 ingegnere in capo delle opere straordinarie e ingegnere-architetto del Comune di Bologna (1816), a differenza di tutti i lavori vagliati dal compartimento per le Acque, strade e porti marittimi, privilegiava la linea di fondo valle, anziché quella che correva sui crinali dei monti, evitando così le corrosioni delle fiumane adiacenti e lo scoscendimento delle impervie montagne (Orioli, 1869).
Tra il 1811 e il 1814 diresse i lavori di costruzione del teatro Contavalli di via Mentana e, poco prima del 1816, progettò il grande giardino dei conti Marescalchi (Matteucci, 2002, pp. 94 s.) e palazzo Albergati di via Saragozza.
Chiamato a Roma nel 1818 dal cardinale E. Consalvi come ingegnere ispettore del Consiglio d’arte, ricevette poi l’incarico da Leone XII di riedificare il grande macello presso il foro Boario (1824-29), opera assai lodata dall’amico letterato Salvatore Betti (1830). Fra i lavori eseguiti durante il soggiorno romano ricordiamo la partecipazione ai progetti di bonifica dell’Agro pontino (delegazioni di Civitavecchia, Viterbo, Frosinone e Benevento). Nel 1821 sul Giornale arcadico (Chierici Stagni, pp.143s.) compariva una lettera del M. indirizzata all’archeologo Giuseppe Tambroni riguardo al ritrovamento di due ponti romani: il cosiddetto Sanguinario sul torrente Tescino presso Spoleto e quello nelle vicinanze del Velino presso le cascate delle Marmore.
Soldini e Fabbri segnalano anche i suoi studi su questioni agrarie relative alla necessità di incrementare la coltura dei foraggi (1810) e della patata (1813).
Il M. morì a Bologna il 10 ott. 1830 e fu sepolto nella chiesa di S. Gerolamo alla Certosa.
Fonti e Bibl.: S. Betti, Elogio di G.B. M. ingegnere e architetto…, in Giornale arcadico di scienze, lettere ed arti, XLVIII (1830), pp. 105-110; C. Rossi Martinetti, Alla memoria di G.B. M., Bologna 1831; C.C. Malvasia, Felsina pittrice, I, Bologna 1841, p. 226 n. 1; S. Bosi, Archivio patrio di antiche e moderne rimembranze felsinee, I, Bologna 1853, pp. 8-10; F. Orioli, G.B. M., in L’Educatore della Svizzera Italiana, 15 maggio 1869; G. Orioli, Biografia di una sacerdotessa delle Grazie: Cornelia Rossi Martinetti, Firenze 1955, pp. 2-8, 31, 67-69; A. Soldini, Un ingegnere: G.B. M., in Scuola ticinese, 1979, n. 78, p. 30; R. Fabbri, G.B. M., in L’arte del Settecento emiliano. Architettura, scenografia. Pittura di paesaggio (catal.), a cura di A.M. Matteucci et al., Bologna 1979, p. 272; M.L. Boriani - A. Segre, Un architetto paesaggista dell’Ottocento G.B. M., in Il Carrobbio, XV (1989), pp. 27-41; M.T. Chierici Stagni, G.B. M. ingegnere e architetto: «un bolognese nato a Lugano», Bologna 1994; F. Lui, Casa Martinetti, in I decoratori di formazione bolognese tra Settecento e Ottocento. Da Mauro Tesi ad Antonello Basoli, a cura di A.M. Matteucci, Milano 2002, pp. 378-380; A.M. Matteucci, Uno sguardo ai committenti, ibid., pp. 94 s.; F. Ceccarelli, Bologna e la Romagna, in Storia dell’architettura italiana. L’Ottocento, a cura di A. Restucci, Milano 2005, pp. 142, 144, 146-149, pp. 163 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 167.