MELLINI, Giovanni Battista
MELLINI (Millini, de Mellinis), Giovanni Battista. – Nacque l’11 luglio 1405 a Roma da Sabba (Savus; 1334-1424) e da Perna Ponziani, che oltre al M. ebbero tre figli (Francesco, Luca e Pietro) e due figlie, ma si hanno notizie solo per una, Maria.
La famiglia risiedeva nel rione Parione presso la casa con torre che dà il nome all’odierna via di Tor Millina e possedeva case nell’attuale via di S. Maria dell’Anima, allora via Millina. I Mellini appartenevano al gruppo sociale emergente dei bovattieri, mercanti di derrate e bestiame, che nel Trecento costituì la base dell’ascesa delle famiglie romane di origine popolare. La famiglia si rafforzò anche come cerniera e riferimento nel difficile equilibrio fra interessi cittadini e potere curiale. Sabba godette di ottima reputazione, ricoprì incarichi militari e politici nella magistratura dei Banderesi, svolgendo un ruolo determinante nella pace stipulata dal Comune per porre fine alla lunga guerra condotta dal conte Onorato Caetani ed ebbe poi parte nella disfatta di Francesco dei Prefetti di Vico, che aveva minacciato l’autorità del papa a Roma e nei territori del Patrimonio; lo stesso Sabba si fece garante, nel 1408, della difesa dei beni dei curiali durante l’occupazione di Roma da parte di Ladislao d’Angiò Durazzo. Francesco, il maggiore dei figli maschi, fu nominato da Urbano VI canonico di S. Giovanni in Laterano; entrò poi nell’Ordine dei frati eremiti di S. Agostino e dimorò presso la chiesa romana di S. Maria del Popolo; papa Martino V, che era stato con lui canonico di S. Giovanni, lo prepose alla guida del monastero di Grottaferrata, allora in decadenza, e gli affidò altri incarichi per la riforma dei monasteri in Italia; fu nominato infine vescovo di Senigallia (1428) e morì a 55 anni per un incidente occorso in S. Pietro durante il conclave del 1431. Luca fu abate dei celestini e si disse che la santità della sua vita indusse Alfonso Borgia, allora cardinale dei Ss. Quattro Coronati, a sceglierlo spesso come suo confessore; morì a 57 anni a L’Aquila.
Sul M. e la sua famiglia si hanno notizie dalla biografia offerta al nipote Celso Mellini dal Platina (Bartolomeo Sacchi), che con il M. ebbe rapporti di amicizia. È la prima biografia umanistica a carattere monografico dedicata a un cardinale.
Il M., destinato assai presto alla carriera ecclesiastica, a sette anni fu creato canonico di S. Giovanni in Laterano dall’antipapa Giovanni XXIII. Fu poi avviato, con il sostegno economico di Martino V, agli studi di diritto canonico presso l’Università di Perugia, che accoglieva molti rampolli delle famiglie romane.
Come gli altri membri della famiglia fece parte della Confraternita romana del S. Salvatore ad Sancta Sanctorum e della Confraternita di S. Maria dell’Anima. La famiglia fu devota a s. Nicola da Tolentino, cui fu dedicata a Roma la cappella di famiglia in S. Maria del Popolo e l’urna del santo nella basilica di Tolentino. Durante un’ambasceria a Eugenio IV, che dal 1434 si trovava a Firenze, il papa gli offrì un vescovato, ma il M. rifiutò di abbandonare il canonicato lateranense, atteggiamento duraturo che sottolinea nella vita del M. la preminenza degli interessi curiali e cittadini, anche connessi con le attività economiche della famiglia.
Il M. dovette svolgere un ruolo significativo durante l’assenza del papa che, tornato a Roma nel 1443 e, mal disposto nei suoi confronti (non ne sono noti i motivi), lo sottopose a un’indagine affidata a Tommaso Parentucelli (futuro Niccolò V), Pietro Barbo (futuro Paolo II) e Amico Agnifili, divenuto poi cardinale. Scagionato dai sospetti, il M. si pose al servizio del cardinale Marco Condulmer che sovrintendeva alla Cancelleria apostolica e divenne abbreviatore del Parco maggiore. Vicende rilevanti si intrecciano alla vita del M. durante il pontificato di Niccolò V, che lo nominò canonico di S. Pietro e vicario della basilica preposto alla gestione delle elemosine.
In quegli anni il papa decise importanti lavori di ristrutturazione della basilica affidati al progetto di L.B. Alberti e alla realizzazione del suo discepolo B. Rossellino, che dal 1451 diresse i lavori per la costruzione della nuova tribuna di S. Pietro ad ampliamento dell’abside preesistente. Il M., come riferisce Platina, si mostrò zelante amministratore: integrò le risorse papali anche con denari propri, per rinnovare i corredi e tutto quello che occorreva alla celebrazione degli uffici sacri.
Tenuto in grande stima dal papa, il M. probabilmente sarebbe stato creato cardinale se non fosse avvenuta la congiura di Stefano Porcari contro il pontefice (1453), fatto che fece allontanare la possibilità di un cardinale di famiglia romana. Durante il pontificato di Callisto III il M. partecipò, al seguito del cardinale Alain de Coëtivy, alla legazione in Francia per promuovere la crociata. Sembra che in quella occasione si sia guadagnato la fiducia del re Carlo VII che lo nominò suo procuratore a Roma. Dopo che E.S. Piccolomini fu eletto papa (Pio II), il M. coordinò a Roma il trasferimento della Cancelleria apostolica nel 1459, in occasione del congresso di Mantova, esercitando poi l’ufficio di correttore delle lettere apostoliche in sostituzione di Giovanni Rhode inviato in Germania. Dei lavori di restauro e conservazione nella basilica di S. Pietro il M. continuò a occuparsi anche durante il pontificato di Paolo II. Nel 1466, alla morte del vescovo di Treviso Teodoro Lelli, il M. entrò nel delicato ufficio della Segnatura apostolica diventando uno degli stretti collaboratori di Paolo II, che lo nominò referendario e poi datario. Nel 1469 compare come revisore degli Statuta Alme Urbis Rome di cui il fratello Pietro fu tra i redattori.
Il M. ottenne il riconoscimento della sua brillante carriera curiale nel 1468 con l’investitura dell’importante vescovato d’Urbino dal quale, però, si tenne lontano continuando a risiedere a Roma e lasciando le incombenze della carica ai procuratori e ai vicari Guido Bonclerici di Cagli e Giorgio Pancotti di Montecchio.
Di questa situazione si lagnò pure Federico da Montefeltro e, ancora nel 1480-82, il nuovo vescovo Lazzaro Recanelli dovette prendere provvedimenti perché, durante gli anni dell’episcopato del M., il clero di Urbino risultava insolvente nei confronti sia della Camera apostolica, sia dello stesso episcopato.
Il 18 dic. 1476 il M. fu creato cardinale del titolo presbiterale dei Ss. Nereo e Achilleo da Sisto IV, che lo impegnò subito nella delicatissima legazione a Milano dopo l’assassinio di Galeazzo Maria Sforza (26 dic. 1476).
La situazione politica era instabile sotto la reggenza – per la minore età di Gian Galeazzo Maria – di Bona di Savoia e del consigliere Cicco Simonetta; permaneva il conflitto sia con i fratelli di Galeazzo Maria – Sforza Maria, Ottaviano e Ludovico relegati in Francia ma capaci di fomentare le ribellioni di Genova e di Parma –, sia con Roberto di Sanseverino, nipote di Francesco Sforza. Il Platina, sempre attento agli interessi mantovani, nota la convergente preoccupazione di Ludovico Gonzaga, che è infatti ben documentata nei dispacci di Bartolomeo Marasca, inviato anch’egli dal papa a Milano, e nel carteggio di Marsilio Andreasi con la marchesa Barbara Gonzaga. Per proteggere il suo governo a Milano la duchessa Bona di Savoia fece pressioni sia sull’oratore napoletano sia sul M. affinché convincessero Federico da Montefeltro, gonfaloniere della Chiesa e capitano di re Ferdinando di Napoli, a trasferirsi a Milano per garantire la stabilità politica, un equilibrio che stava a cuore anche a Sisto IV in funzione antifiorentina e di protezione degli interessi familiari. La legazione milanese durò da gennaio a maggio 1477, poiché già il 9 di quel mese il M. era presente nel pubblico concistoro.
Nell’estate 1478, scoppiata a Roma la peste, il M. si ritirò nella villa di famiglia su Monte Mario, ma le precauzioni non lo salvarono dal contagio e dopo breve malattia morì il 21 luglio 1478.
La salma, date le condizioni in cui versava la città, fu traslata in S. Pietro senza cerimonia solenne. Le esequie ufficiali avvennero infatti nel novembre 1478 e la sepoltura, secondo le volontà del M., fu trasferita nella cappella di famiglia a S. Maria del Popolo, dove il fratello Pietro aveva fatto erigere, incaricando probabilmente la bottega dello scultore Andrea Bregno, il monumento funebre con epigrafe tuttora perfettamente conservato. Il Platina, che loda le doti del M., in grado di attirare l’attenzione di celebri giuristi come Ludovico Pontano e Antonio Roselli, ebbe certamente con lui un’assidua frequentazione in Curia e sembra che il M. lo protesse, insieme con altri, durante i mesi della carcerazione per la presunta congiura contro Paolo II. La vicinanza e l’apprezzamento degli umanisti sono pure confermati dal sodale del Platina Paolo Pompilio, che indirizzò versi in encomio della famiglia Mellini e di Giovanni Battista.
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M.G. Blasio