MERCATI, Giovanni Battista. –
Nacque a Borgo Sansepolcro nel 1591 da Raffaele e fu battezzato il 1° ottobre dello stesso anno (Giannotti, p. 185 n. 9).
Fino agli anni Novanta del Novecento il M. era quasi ignorato dalla storiografia, da cui era possibile evincere solo pochi parziali dati che ne accreditavano per lo più il ruolo di incisore: di questa sua attività Bartsch aveva redatto un catalogo di circa sessanta incisioni.
Il M. si formò presso il pittore e incisore Raffaello Schiaminossi, di cui era anche nipote. A conferma della presenza del M. nella bottega dello zio sta la sua prima impresa, la decorazione della sacrestia della chiesa di S. Francesco a Borgo Sansepolcro nel 1608, condotta proprio in collaborazione con Schiaminossi.
Secondo una parte della critica, la collaborazione fra i due artisti sarebbe confermata anche dalle quattro allegorie incise dal M. nel 1616, rappresentanti la Modestia, la Sorte, il Contento amoroso e la Spia, che sarebbero da interpretare come continuazione di una serie realizzata da Schiaminossi nel 1605. Altri ritengono invece che la distanza cronologica, ma soprattutto la differenza di dimensioni e di costruzione delle allegorie, siano indicative di un lavoro autonomo sia pure stilisticamente debitore ai modi del maestro. È certo in ogni caso che, da un punto di vista iconografico, si tratti di derivazioni dall’Iconologia di Cesare Ripa nell’edizione del 1613, l’unica contenente tutti i quattro soggetti riproposti dal Mercati.
Nel secondo decennio del secolo il M. intraprese il tradizionale viaggio di formazione artistica a Roma, insieme con lo zio. Il soggiorno romano fu però interrotto nel 1622 quando, in seguito alla morte di Schiaminossi, il M. tornò a Borgo Sansepolcro per fare una stima delle opere lasciate dal maestro. Si trattò di un ritorno temporaneo, in quanto già da tempo il M. si era creato una clientela romana.
Il M. fu di certo a Roma a partire dal 1620, anno della dedica a Lelio Guidiccioni di una incisione raffigurante il Matrimonio mistico di s. Caterina da un dipinto di Antonio Allegri, detto il Correggio.
Poeta e collezionista di antichità e dipinti, originario di Lucca, Guidiccioni era giunto a Roma nei primi anni del Seicento ed era dapprima entrato a servizio del cardinale Scipione Borghese e poi del cardinale Antonio Barberini. Era amico di molti nobili romani, tra cui Paolo Giordano Orsini e Marcello Sacchetti, oltre che di numerosi artisti; è verosimile quindi indicare in lui il fautore del successo del M. nell’ambiente romano. Il legame con il M. è inoltre confermato dal testamento del 1643 dello stesso Guidiccioni nel quale lasciava la propria raccolta di stampe, medaglie antiche e trenta disegni a «Raffaello Mercati, figlio di Giovan Battista», di cui era stato anche padrino (Giannotti, p. 187).
La prima opera pittorica nota del M. a Roma è datata 1624. Su commissione del cardinale Scipione Borghese realizzò, infatti, una pala a olio su muro raffigurante S. Carlo Borromeo per uno degli altari della chiesa di S. Crisogono. Nel 1626 si colloca l’incisione con S. Bibiana che rifiuta di adorare gli idoli, dedicata a Marcello Sacchetti, che deriva dall’affresco di analogo soggetto realizzato da Pietro Berrettini da Cortona e da poco portato a termine, nella chiesa di S. Bibiana. Sempre a Pietro da Cortona il M. sembra essersi ispirato per la realizzazione dell’incisione con la Decollazione del Battista dedicata a Nicolò Alemanni, custode della Biblioteca vaticana, bibliotecario e filologo al servizio della famiglia Barberini.
Ancora all’ambito barberiniano riconducono: l’incisione di invenzione del M., di cui si conserva anche il disegno preparatorio, dedicata a Cassiano Dal Pozzo nel 1627, in cui il tema del Battesimo di Cristo è risolto con semplicità e con un’accentuazione patetica nell’umiltà con cui il Cristo accoglie il sacramento rivelatore della sua divina natura; e l’incisione con S. Antonio da Padova donata ad Antonio Barberini nel 1637 che riproduce in controparte un quadro dello stesso M. realizzato per uno degli altari della chiesa della Maddalena di Sansepolcro, non più in loco.
Nel 1629 il M. eseguì la raccolta di cinquantadue incisioni, pubblicata a Roma con il titolo Alcune vedute et prospettive di luoghi dishabitati di Roma (edizione anastatica a cura di S. Settis, Milano 1995).
Caratterizzata da un’estrema precisione topografica e da un’accuratezza nella trascrizione delle vedute dal vero che tende a evidenziare la massa delle murature e il gioco delle linee architettoniche, l’opera porta la dedica al granduca di Toscana Ferdinando II. Forse proprio il legame con qualche personaggio del seguito del granduca potrebbe giustificare la presenza, secondo Lanzi, di opere del M. a Livorno.
Entro il 1631, datazione di un ciclo di affreschi in Sansepolcro, si colloca la sua opera più importante dal punto di vista pittorico: la decorazione della cappella degli Orsini di Pitigliano nella chiesa romana di S. Bartolomeo all’Isola con affreschi raffiguranti Storie della Vergine, commissionata probabilmente da Paolo Giordano Orsini, appartenente all’entourage di Guidiccioni e di Alemanni (Giannotti, p. 190 n. 39).
Le storie si dipanano con ritmi lenti di didascalica evidenza, memori di soluzioni cortonesche. Alcune scene risultano quasi identiche a quelle realizzate dal M. per la chiesa di S. Chiara a Sansepolcro, anche se una certa approssimazione nell’esecuzione fa propendere per una realizzazione posteriore agli affreschi romani. In S. Bartolomeo emerge, infatti, un più diretto rapporto con le opere di Pietro da Cortona sia per l’impianto architettonico delle scene sia per la forza del disegno; gli affreschi in Sansepolcro risultano più sommari e con una evidente riduzione degli elementi scenografici, sacrificati a una maggiore imponenza delle figure serrate in un ritmo di relazione più stretta.
Sempre per la città natale il M. realizzò la Madonna che offre il Bambino a s. Felice da Cantalice in S. Michele Arcangelo e l’Immacolata Concezione e santi, oggi nel locale Museo civico.
Una preziosa notazione cronologica data al 1633: a quest’anno, infatti, risale un pagamento per la tassa di immatricolazione all’Accademia romana di S. Luca. Si tratta di un’appartenenza che coinvolse molto il M., che fra il 1637 e il 1643 risulta presente a numerose riunioni degli accademici.
Nel 1639 realizzò il quadro raffigurante il Noli me tangere per la chiesa di S. Maria delle Vergini a Roma e al 1642 risalgono le incisioni di quattro degli otto tondi adrianei dell’arco di Costantino dedicate a Paolo Giordano Orsini, Francesco Borromini e Carlo Paolucci conte di Calboli, decano di Segnatura.
Ancora all’interesse per l’antico è possibile far risalire la riproduzione della fronte di un sarcofago romano raffigurante un tiaso marino, da riconoscere nel sarcofago che un tempo era nella chiesa di S. Francesco a Ripa e oggi è al Louvre; quest’ultima opera potrebbe forse rientrare nell’ambito delle scelte di Cassiano Dal Pozzo per il suo Museo cartaceo, dove compaiono tre disegni tratti da questa fronte conservati nella Royal Library di Londra.
Il M. morì a Roma presumibilmente nel 1645, anno del suo testamento stilato in gennaio (Silvi).
Fonti e Bibl.: L. Lanzi, Storia pittorica della Italia, VII, Bassano 1809, p. 285; A. Petrucci, Le acqueforti romane di Giambattista M., in Dedalo, XII (1932), 6, pp. 477-489; W. Kroenig, Storia di una veduta di Roma, in Bollettino d’arte, LVII (1972), p. 170; L. Mortari, in Restauri della Soprintendenza alle gallerie e alle opere d’arte medioevali e moderne per il Lazio (catal.), Roma 1972, p. 45; D. Bodart, Dessins de la collection Thomas Ashby à la Bibliothèque Vaticane, Città del Vaticano 1975, pp. 65-68; A. Silvi, Prospero Fagnani: una storia per il collezionismo, in Notizie da Palazzo Albani, XVI (1987), 2, p. 101; La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, p. 814; A. Giannotti, G.B. M., in Notizie da Palazzo Albani, XX (1991), 1-2 (Studi in onore di Carlo Bo), pp. 183-197; C. Witcombe, G.B. M.: notizie sui dipinti e sulle incisioni, in Bollettino d’arte, s. 6, LXXVII (1992), 76, pp. 53-70; A. Antinori, I dipinti murali degli altari di S. Crisogono per Scipione Borghese: G.B. M., Bernardino Parasole, Ippolito Provenzale, in Arte e immagine del papato Borghese (1605-1621), San Casciano Val di Pesa 2005, pp. 91-105; A. Bartsch, Le peintre graveur, XX, Vienne 1820, pp. 138-148; The Illustrated Bartsch, XLIV, New York 1983, pp. 365-432; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, p. 407.
N. Mandarano