Niccolini, Giovanni Battista
Scrittore (Bagni di San Giuliano, Pisa, 1782 - Firenze 1861). Trasferitosi a Firenze dopo la laurea in giurisprudenza a Pisa, fu professore di Mitologia e storia, segretario e bibliotecario dell’Accademia di Belle Arti. Nel 1812 entrò a far parte dell’Accademia della Crusca. Repubblicano in gioventù, tanto che nel 1799 fu arrestato, professò sempre apertamente idee liberali e anticlericali. Fu autore di moltissime liriche, prose critiche e storiche per lo più di natura accademica (le Lezioni di mitologia e di storia, gli scritti sulla lingua, quelli sul teatro greco, su Dante e su Michelangelo), tragedie e drammi in prosa e collaborò con l’«Antologia» di Vieusseux. Inizialmente seguì le tendenze classicheggianti allora in voga (il poemetto La Pietà, le tragedie Polissena, Medea, Ino e Temisto, Edipo al bosco delle Eumenidi e Nabucco, nel quale raffigurò le ultime vicende di Napoleone), ma ben presto si accostò al romanticismo (Matilde, 1815). La sua fama è essenzialmente dovuta alle tragedie di tema politico. In Antonio Foscarini (1827) e in Giovanni da Procida (1830) diede espressione a forti sentimenti patriottici ed esaltò la lotta contro la dominazione straniera, suscitando sospetti nei governi del tempo, specialmente in quello austriaco. L’esaltazione di personaggi in lotta contro il dispotismo e la teocrazia fu poi portata avanti nel Lodovico Sforza (1833) che, proprio per i suoi contenuti, inizialmente non poté essere rappresentato. La sua opera maggiore e più riuscita è ritenuta Arnaldo da Brescia (1843), nella quale Arnaldo è rappresentato come l’apostolo e il martire della libertà, in lotta contro la tirannide imperiale e papale. Più poema drammatico che tragedia, e dunque poco adatta alla scena, l’opera ebbe comunque, per i suoi contenuti e per l’ispirazione «neoghibellina», una grandissima popolarità, ammiratori in Italia e all’estero ma anche accaniti detrattori. Intendimenti politici ebbero anche le ultime tragedie: Filippo Strozzi (1847), che mette in scena le ultime lotte contro Cosimo I, e l’abbozzo di tragedia Mario e i Cimbri (1858).