ORSINI, Giovanni Battista
ORSINI, Giovanni Battista (Giambattista). – Nacque prima del 1450 in luogo ignoto, da Lorenzo, signore di Monterotondo (nei pressi di Roma), e da Clarice Orsini, sorella del cardinale Latino.
Cugino del cardinale Cosmo Migliorati, fu uno dei membri di spicco della famiglia Orsini e massimo rappresentante del suo ramo dinastico di Monterotondo.
Scarse sono le notizie sulla sua formazione e la sua giovinezza; le prime attestazioni sono del periodo di Sisto IV (1471-1484), papa al quale dovette la sua carriera, come chierico della Camera Apostolica, poi uditore della Sacra Romana Rota e canonico di S. Pietro. L’8 agosto 1477 divenne abate commendatario del monastero benedettino di S. Salvatore Maggiore di Castel Longone (oggi Longone Sabino, nei pressi di Rieti), grazie a Latino Orsini, dimessosi da quell’incarico in suo favore. Allo stesso modo, quando Cosmo Migliorati divenne prima arcivescovo di Trani e poi cardinale (1479-80), Orsini prese da lui l’incarico di abate commendatario della grande abbazia di Farfa, tradizionalmente esercitato dalla famiglia.
Non smise di accumulare prestigiosi incarichi ecclesiastici, come quello di protonotariato apostolico; arrivò al culmine della carriera con la nomina, avvenuta nel concistoro del 15 novembre 1483, a cardinale diacono di S. Maria in Domnica. In questa veste il 17 agosto assistette al solenne funerale di Sisto IV e partecipò, a fine mese, al conclave (unico rappresentante degli Orsini) conclusosi con l’elezione di Giovanni Battista Cibo (Innocenzo VIII); i suoi assistenti nel conclave furono due curiali minori, Francesco de Castello e Giacomo Alberini.
Con il nuovo papa, la Curia fu in gran parte dominata dalle famiglie Della Rovere e Colonna, con gravi conseguenze per gli Orsini. Poco meno di un mese dopo l’insediamento di Innocenzo VIII, Orsini fu nominato legato pontificio nella Marca Anconitana e costretto di lasciare Roma nel dicembre 1484, occupandosi poi della difesa del territorio contro un eventuale attacco degli Ottomani.
La guerra tra il papa e Ferdinando I, re di Napoli, scoppiata nel 1485, non fece che aggravare la posizione degli Orsini, costretti ad allearsi a Ferdinando e duramente attaccati dai Della Rovere e dai Colonna. La notte tra il 30 novembre e il 1° dicembre 1485, la residenza romana degli Orsini a Monte Giordano (dove abitavano sia Virginio Orsini di Bracciano sia Giovanni Battista stesso e che era il centro di un territorio orsiniano, da S. Pietro al Campo de’ Fiori) fu messa a fuoco dai seguaci dei cardinali Savelli e Colonna, e forse anche da truppe papali.
Orsini si trovò dunque in una posizione scomoda: da una parte, i suoi parenti come Virginio Orsini partecipavano alle operazioni militari condotte dagli Aragonesi intorno a Roma servendosi dei possedimenti della famiglia come base, e dall’altra egli rimaneva un cardinale della Chiesa e della Curia sottoposto al pontefice, con il quale peraltro non aveva cattivi rapporti. Inoltre doveva affrontare i conflitti tra i diversi rami della famiglia, tra i quali non sempre regnava l’intesa, come indica il disaccordo tra il fratello Giulio e Virginio, nel 1486, a proposito di una spedizione contro Siena. Vi fu certamente un’atmosfera di sospetto fra i tre rami di Bracciano, Monterotondo e Pitigliano, rappresentati da Virginio, Giovanni Battista e Niccolò, ciascuno aspirante al ruolo di guida della dinastia. Ma neanche dopo la morte di Virgino, nel 1497, Giovanni Battista riuscì a imporsi alla famiglia, come fece invece il cardinale Giovanni Colonna nella sua.
Questo spiega le ragioni delle trattative condotte da Orsini con Innocenzo VIII nel gennaio 1486 e che non sono da intendere come un tentativo di riconciliazione tra gli Orsini e il papa, ma come una pacificazione fatta a titolo personale e per conto degli Orsini di Monterotondo, i quali intendevano ritirarsi dalla guerra. L’accordo concluso con il pontefice fu un duro colpo per l’alleanza aragonese e costrinse gli Orsini di Bracciano e Pitigliano a più miti consigli. Dopo la prima pace conclusasi tra la Sede apostolica e gli Aragonesi nell’agosto 1486, la situazione politica interna del Patrimonio di S. Pietro tornò più favorevole agli Orsini, che riacquistarono peraltro una certa influenza nel contesto dell’alleanza tra Innocenzo VIII e i Medici.
Orsini, in gran confidenza con il papa, tornò dalla Marca Anconitana a Roma, dove nell’ottobre 1488 (o marzo 1489) passò dalla diaconia di S. Maria in Domnica a quella di S. Maria Nuova e ricevette, nel novembre 1490, l’amministrazione della vacante sede arcivescovile di Taranto: un incarico non senza risvolti finanziari che detenne sino al settembre 1498. Dopo la morte di Innocenzo VIII, il 25 luglio 1492, partecipò al conclave che si concluse con l’elezione di Rodrigo Borgia (Alessandro VI).
Come il suo predecessore, anche Alessandro VI, inizialmente ostile agli Orsini, inviò Giovanni Battista, poco dopo la sua elezione, come legato pontificio nelle province di Marca Anconitana, Massa Trabaria e Ascoli e, allo stesso momento, gli concedette l’amministrazione della propria diocesi titolare, Cartagena, rimasta vacante dopo l’ascesa al soglio pontificio. Orsini detenne questo incarico sino al marzo 1493, quando si dimise a favore di Bernardino López de Carvajal. Per ringraziarlo per il voto nel conclave, il papa gli concedette il possesso di Soriano e di Monticelli (quest’ultimo fu però subito revocato) e, nel 1493, gli diede i due terzi di Montalto: tutti possedimenti che dovevano servire a finanziare le sue attività (le rendite di Montalto rappresentarono un compenso per gli introiti di Cartagena).
Gli inizi del pontificato di Alessandro VI furono peraltro marcati da un’evoluzione nella carriera di Orsini, che il 27 febbraio 1493 da cardinale diacono di S. Maria Nuova divenne cardinale prete dei Ss. Giovanni e Paolo (fu ordinato il 12 marzo, il titolo di cardinale di S. Maria Nuova passò, nel settembre del 1493, a Cesare Borgia, figlio di Alessandro VI) e, nel marzo 1495, fu eletto camerlengo del Collegio cardinalizio e quindi responsabile delle sue finanze.
La benevolenza del papa potrebbe legarsi all’evoluzione della politica di Alessandro VI, che utilizzò gli Orsini nelle sue trattative con la Francia e apprezzò la loro alleanza con Cesare Borgia. Durante la discesa di Carlo VIII di Francia in Italia, Orsini seguì la linea di Alessandro VI di non opporsi ai francesi ma di non riconoscere i loro diritti sul Regno di Sicilia; accompagnò il papa, intenzionato a non incontrare Carlo, a Castel S. Angelo (gennaio 1495) e poi a Orvieto (maggio 1495). Il 9 dicembre 1494 ricevette nelle sue vigne presso la chiesa di S. Susanna (sulla via Salaria) il duca Ferdinando di Calabria, diretto con una comitiva verso i Palazzi apostolici.
Nel settembre 1498, dopo la morte del titolare Giovanni Battista Savelli, Orsini fu nominato arciprete di S. Maria Maggiore e nell’autunno 1499 Alessandro VI lo inviò come legato presso il nuovo re di Francia, Luigi XII, allora a Milano. Nel luglio 1500 passò dalla legazione della Marca Anconitana a quella bolognese, un incarico di primaria e delicata importanza visto il conflitto in corso tra i Bentivoglio di Bologna e Cesare Borgia.
Malgrado fosse all’apice della carriera, Orsini non poté evitare di soccombere alla nefasta influenza di Cesare Borgia sulla Curia pontificia e al clima di intrighi e violenze che aveva già provocato gravi danni alle famiglie patrizie romane come i Colonna e i Savelli. La vicenda che causò la sua caduta non è completamente chiara. Il 12 luglio 1502 si recò in udienza presso Alessandro VI chiedendogli l’autorizzazione per un nuovo incontro con Luigi XII a Milano, che non ottenne. Partì comunque da Roma il giorno successivo per il castello di Magione, nei pressi del lago Trasimeno. Lì partecipò alla riunione degli oppositori di Cesare Borgia nota come ‘Congiura di Magione’, con Paolo e Francesco Orsini, i condottieri Vitellozzo Vitelli, Oliverotto da Fermo, Giampaolo Baglioni e altri personaggi di guerra e politica, spesso ex alleati di Cesare Borgia ma ora intenzionati a frenarne le ambizioni e soprattutto a neutralizzare il suo piano finalizzato al possesso di Bologna. La riunione si concluse con la decisione di dare appoggio a Giovanni II Bentivoglio a Bologna e di allearsi con Firenze, Venezia e Urbino, ma i congiurati furono sconfitti a causa del sostegno dei fiorentini a Cesare Borgia, delle loro divisioni interne e dell’abile e perfida diplomazia del Borgia. Si ignora quale fu il ruolo di Orsini nella congiura: si può supporre che sia semplicemente stato una vittima della fine dell’alleanza tra i Borgia e gli Orsini, che spinse il papa a sradicarli da Roma (Shaw, 2007, p. 185).
Nel gennaio 1503, seguendo l’invito di Alessandro VI, Orsini si recò a Roma, dove fu arrestato e rinchiuso nel carcere di Tor di Nona e poi in Castel S. Angelo. Sua madre ottenne dal papa, pagandolo, il diritto di inviare al figlio del cibo in carcere, lì portato da Antonio de Pistoria. Il 18 gennaio Paolo e Francesco Orsini furono giustiziati a Castello della Pieve, nei pressi di Perugia, e quasi tutti i beni degli Orsini, compresa la dimora e altri possedimenti di Giovanni Battista, furono confiscati e concessi a Cesare Borgia (pochi anni prima era stato lo stesso Orsini a beneficiare della confisca delle terre dei Savelli).
Dopo il fallimento di un tentativo di comprarsi la libertà, Orsini morì il 22 febbraio 1503 a Castel S. Angelo, ufficialmente per una malattia subita per dodici giorni
Secondo voci insistenti che circolavano all’epoca, fu avvelenato su ordine del papa: «…ut a vulgo affirmabatur, biberat calicem ordinatione et jussu pape sibi paratum … ego nolens plus sapere quam oporteret, non interfui meque aliquo modo me intromisi » (Burchard, Liber Notarum ..., pp. 350 s.).
Fu sepolto con grande pompa; il funerale fu organizzato, su commissione del papa, da Bernardino Gutterio, maestro delle cerimonie e cubiculario del papa, nella chiesa degli Orsini a Roma, S. Salvatore in Lauro.
Fonti e Bibl.: J. Burchard, Liber Notarum ab anno 1483 usque ad annum 1506, a cura di E. Celani, in L.A. Muratori, Rerum Italicarum Scriptores, XXXII, Città di Castello - Bologna 1913, passim; L. Cardella, Memorie storiche de’ cardinali della Santa Romana Chiesa, III, Roma 1793, p. 225; J. Burchard, Diarium sive rerum urbanarum commentarii (1483-1506), a cura di L. Thuasne, Paris 1883-85, passim; F. Allegrezza, Formazione, dispersione e conservazione di un fondo archivistico privato: il fondo diplomatico dell’archivio Orsini tra Medioevo ed Età Moderna, in Archivio della Società romana di storia patria, CXIV (1991), 114, pp. 77-99; Id., Organizzazione del potere e dinamiche familiari: gli Orsini dal Duecento agli inizi del Quattrocento, Roma 1998; C. Shaw, The political role of the Orsini family from Sixtus IV to Clement VII: baron and factions in the papal states, Roma 2007; C. Eubel, Hierar-chia Catholica, II, ad nomen.