PAGGI, Giovanni Battista
PAGGI, Giovanni Battista. – Nacque a Genova nel 1554 da Pellegro, esponente dal 1567 della nuova nobiltà.
Sin dai primi anni della formazione, «applicato dal Padre allo studio delle lettere, diede in esse i primi saggi del suo raro talento» (Soprani - Ratti, 1768, p. 113) iniziando anche a realizzare «varie statuine in cera, e diversi paesetti toccati di penna, ne’ quali si vedevano animali, cappannucce, alberi, e somiglianti cose con molta grazia figurate» (ibid.). Indirizzato dal padre verso la professione della mercatura, grazie all’amicizia che lo legò allo scultore lucchese Gaspare Forlani e alla frequentazione delle migliori botteghe di pittori genovesi, riuscì ad arricchire il proprio bagaglio culturale attraverso lo studio delle opere «de’ Pittori, e degli Scultori più celebri» (ibid., p. 114), tra i quali Luca Cambiaso (Galassi, 1999, p. 402).
La prima attività da pittore, avviata, sulla base di quanto ricordato da Soprani, intorno ai 25 anni, fu indirizzata alla realizzazione di dipinti destinati principalmente a una stretta cerchia di conoscenti. Questa fase risulta documentata da rare testimonianze, tra cui un dipinto con Ester e Assuero, in collezione privata, firmato e datato 1575 (ibid.), e un disegno raffigurante Marsia sconfitto da Apollo realizzato nel 1577 (Newcome Schleier, 1991, p. 14), relativo a un dipinto segnalato da Soprani (1674, p. 94) tra le opere giovanili.
Nel 1581, condannato «a perpetuo bando» (Soprani - Ratti, 1768, p. 119) a causa dell’omicidio, per legittima difesa, di un nobile, fuggì prima ad Aulla, in Lunigiana, e poi a Pisa, dove conobbe Isabella d’Appiano, principessa di Piombino, che contribuì a introdurlo alla corte fiorentina di Francesco I (Bartoletti, 1989, p. 832). Per la nobildonna Paggi realizzò un dipinto raffigurante il Compianto di Adone morto, ricordato da Soprani (1674, p. 98) e noto attraverso un disegno (Linz, Stadtmuseum) recante la data «1581» e l’indicazione «Alla Signora di Piombino» (Newcome Schleier, 1991, p. 15; Id., 1995, p. 20, n. 10; Boccardo, 1992, pp. 36 s.).
Trasferitosi a Firenze, «dove fu benignamente accolto dal granduca Francesco I» (Soprani - Ratti, 1768, p. 121) e dove ebbe modo di frequentare alcuni nobili genovesi (Galassi, 1999, p. 402), sin dai primi mesi del suo soggiorno ottenne varie commissioni, tra le quali, nel 1582, grazie a Niccolò Gaddi, l’esecuzione dell’affresco con un Miracolo di s. Caterina da Siena nel chiostro grande di S. Maria Novella a Firenze. Ai primi anni della presenza del pittore nella città medicea risale il Ritorno della Sacra Famiglia dall’Egitto (Firenze, Palazzo Pitti, proveniente da un altare di S. Maria degli Angeli e commissionato dall’abate e letterato fiorentino Silvano Razzi; Lecchini Giovannoni, 1985; per le repliche e i disegni preparatori: Id., 1986, pp. 30 s.).
Nel 1583 fu iscritto all’Accademia del disegno di Firenze, nei cui registri è ricordato anche nel biennio 1595-96 (Contini, 1992, p. 230); nel 1584 eseguì un dipinto, disperso, con «l’ultima sessione del concilio fiorentino» (Baldinucci [1681-1723], 1846, p. 586) e quattro Apostoli, ad affresco, nella chiesa della Concezione (Galassi, 1999, p. 402); al 1586 risale il pagamento per i ritratti diPiero il Gottoso e di Piero di Lorenzo (Firenze, Galleria Palatina), richiesti sempre da Gaddi (Gli Uffizi, 1979; Galassi, 1999, p. 402), mentre è perduta l’effige di Bianca Capello. Nello stesso periodo accettò di realizzare numerosi dipinti inviati in vari centri toscani, come la pala con i Ss. Andrea, Clemente, Francesco da Paola e Andrea Albertani (Colle Val d’Elsa, chiesa di S. Agostino), firmata e datata 1586 e quella, datata 1590, raffigurante lo Sposalizio mistico di s. Caterina d’Alessandria e altri santi (Pisa, Museo Nazionale di Palazzo Reale), destinata alla chiesa di S. Sisto a Pisa (Contini, 1992, pp. 232 s.), coeva al dipinto con l’Immacolata conservato nella cattedrale di San Gimignano.
Nel 1588, anno in cui data un’Adorazione dei pastori, in collezione privata (Newcome Schleier, 1995, p. 15), Paggi risulta affittuario nella casa fiorentina di Federico Zuccari (Lecchini Giovannoni, 1986, p. 31). Nel 1589 dipinse il ritratto dello scultore Pietro Francavilla (coll. priv.), con il quale collaborò, in quello stesso anno, alla creazione degli apparati effimeri destinati a celebrare le nozze di Ferdinando I de’ Medici con Cristina di Lorena (Lecchini Giovannoni, 1986, p. 31; Galassi, 1999, p. 402); in particolare, Paggi realizzò un dipinto con Il concilio di Firenze (Pesenti, 1986, p. 18). Sempre al 1589 risale l’Annunciazione, firmata e datata, nella chiesa della Ss. Annunziata del Chiappeto di Genova (Cataldi Gallo, 2003).
Tra l’ottobre 1590 e il febbraio dell’anno seguente potendo godere della protezione di Giovanni Andrea Doria e di Zenobia Doria dei Carretto, dai quali fu ospitato (Boggero, 1999, pp. 64 s.), rientrò in Liguria. In quello stesso anno eseguì, su commissione del principe Doria, il Martirio di s. Andrea per la chiesa di S. Agostino a Loano, saldato il 16 febbraio successivo (Boggero, 1999). Destinata alla residenza di Fassolo era invece la Flagellazione di Cristo (Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola), firmata e datata 1591 (Zanelli, 2007A), anno in cui Paggi realizzò per gli stessi mecenati un ulteriore dipinto, oggi disperso, con la «gloriosissima Vergine con N.S. Giesu Christo che dorme nella cuna con S. Gio. Batta e S.ta Elisabet fatto per mano di Gio Batta Paggi», opera alla quale è stato accostato un disegno (Porto, Escola Superior de Belas-Artes), datato 1591 e recante la scritta «[Pri]ncipe Doria a Genova» (cfr. Stagno, 1999, p. 48).
Al 1590 risale la celebre disputa nata intorno alla riforma degli statuti dell’arte genovese, nell’ambito della quale Paggi, attraverso il fratello Girolamo, ebbe un ruolo principale, sostenendo con fermezza «la liberalizzazione della professione artistica dagli anacronistici vincoli statutari dell’Arte dei pittori, all’epoca ancora legati ai doratori» (Galassi, 1999, p. 402; Farina, 2002, pp. 97-104), posizione documentata attraverso numerose lettere inviate al congiunto (Barocchi, 1971).
Il 31 dicembre 1591 ilfratello del pittore, il quale era rientrato nel mese di febbraio a Firenze,ricevette un acconto per la consegna della tela con La Vergine incoronata dalla Trinità (Genova Pegli, chiesa di Nostra Signora delle Grazie), saldato il 5 agosto 1592 (Boggero, 1999, p. 71). Sempre nel 1591 il nome di Paggi compare nel testamento di Gaddi quale possibile esecutore di una pala d’altare destinata alla cappella di famiglia ubicata nella chiesa fiorentina di S. Remigio (Neuburger, 1981; Lecchini Giovannoni, 1986, p. 33 n. 8).
Nel 1592 si colloca la realizzazione della Probatica Piscina (Firenze, chiesa di S. Egidio), affidata a Paggi da Giovanni Battista del Milanese, spedalingo di S. Maria Nuova dal 1588 al 1594, soggetto che ebbe notevole fortuna, come dimostrano le ulteriori versioni note (Benassai, 2002, p. 154); in relazione alla pala destinata a S. Egidio sono due disegni di pertinenza delle collezioni del Gabinetto disegni e stampe degli Uffizi (Newcome Schleier, 1989, n. 24). Sempre nel 1592 Paggi eseguì la Madonna in trono con il Bambino, s. Francesco, angeli e santi (Firenze, cenacolo di S. Salvi; Padovani - Meloni Trkulja, 1982) in origine esposta nella chiesa di S. Lucia in borgo San Frediano; la stessa data compare inoltre in un disegno (coll. priv.), attribuito all’artista, recante l’iscrizione «Al M. Alessandro Testini in Firenze ritratti naturali della moglie e dei suoi filioli» messo in relazione con un dipinto conservato presso l’oratorio della Misericordia di Pisa (Newcome Schleier, 1995, pp. 15 s.).
Al 1593 risale il pagamento di 508 scudi per la pala raffigurante l’Assunzione della Vergine destinata a ornare l’altare della cappella Pappagalli nella cattedrale di S. Zeno a Pistoia (Ceccanti, 2010, p. 83), mentre un ulteriore compenso di 548 scudi risulta erogato per nove tele con Episodi della vita di s. Felice realizzate dall’allievo Giovanni Battista Baldano (ibid.). Datata 1593 è ancora una piccola pala con Cristo e la Samaritana (coll. priv.; Newcome Schleier, 1995, p. 15) e una Susanna e i vecchioni (coll. priv.; Bartoletti, 1989, p. 833).
Nel 1594 realizzò l’Annunciazione conservata nella chiesa di S. Stefano e Niccolao a Pescia (Pistoia) (Pesenti, 1986, p. 24); l’anno successivo inviò a Genova la tela con Gesù consegna la propria immagine ad Anania per la chiesa di S. Bartolomeo degli Armeni (Parodi, 2004, pp. 299, 302), seguita, nel 1596, dall’Assunzione della Vergine per la chiesa di Nostra Signora del Carmine e S. Agnese(Galassi, 1999, p. 402). Nel 1596 datò anche la pala con la Trasfigurazione in S. Marco a Firenze (Bartoletti 1989, p. 833). Secondo Galassi (1999, p. 402) al 1597 risale, verosimilmente, la realizzazione dell’Annunciazione e della Natività della Vergine per il duomo di Lucca; allo stesso momento è ascritto il dipinto raffigurante la Vergine con s. Giacinto in S. Domenico a Pistoia (Pesenti, 1986, p. 25). Datata 1598 è la tela con il Presepe destinata alla cappella del Giambologna nella tribuna della Ss. Annunziata a Firenze. Nello stesso anno si colloca anche la commissione di due tele, disperse, per la certosa di Pavia (ibid.) e l’intervento negli apparati effimeri allestiti a Firenzeper le esequie di Filippo II, con la composizione raffigurante Filippo II viene accolto a Genova dal doge (Firenze, Depositi delle Gallerie; Zanelli, 1999).
Nel 1599 Paggi rientrò definitivamente a Genova, pur mantenendo ancora stretti rapporti con la committenza toscana. Risalgono infatti a questo periodo la Resurrezione (datata 1600) della chiesa di S. Francesco a Pisa, l’Esaltazione della Croce e santi del duomo di Pisa, commissionata nel 1606 e pagata nel 1611, la Flagellazione di s. Sebastiano per la cappella Pucci nella chiesa della Ss. Annunziata di Firenze, ivi collocata intorno al 1608 (Galassi, 1999, p. 402). Di poco precedente al ritorno nella città nataleè documentata l’esecuzione del Martirio di s. Orsola (Savona, cattedrale).
Nei primi anni del nuovo secolo dipinse per la propria città la Sacra Famiglia (Torino, Pinacoteca dell’Accademia Albertina) recante l’iscrizione «g. batt. paggi / f. 1601» (Sanguineti, 2004), l’Annunciazione (Genova, Cattedrale), la Lapidazione di s. Stefano per la cappella di Stefano Doria nella chiesa del Gesù (Boccardo, 2007), datata 1604, l’Adorazione dei pastori nella chiesa di Nostra Signora del Carmine (Galassi, 1999, p. 402).
Prima del 1604 si colloca l’esecuzione per Gio. Carlo Doria della monumentale tela con la Strage degli Innocenti, già ricordata in un inventario del 1617, di cui è emerso un frammento (Colle di Val d’Elsa, Museo civico e diocesano di arte sacra).
La composizione, in relazione alla quale è noto un bozzetto preparatorio (Londra, coll. priv.), fu ricordata da Giovanni Soranzano nel poema Dell’Adamo, stampato a Genova nel 1604, che fornisce, in questo modo, un utile riferimento cronologico (Galassi, 2000; Farina, 2002, pp. 34-40; L’Età, 2004, pp. 224-227, n. 37).
I forti legami che in quel periodo instaurò con il doge Agostino Doria, furono «essenziali per la sua definitiva affermazione» (Galassi, 1999, p. 402). Non ancora emerso il ritratto di quest’ultimo (Boccardo, 1995), esempio della sua capacità anche nel campo della ritrattistica è il Ritratto del doge Lorenzo Sauli con il figlio (Genova, coll. priv.; Cataldi Gallo, 2003, pp. 36 s.).
Tra il 1602 e il 1604 sono registrati alcuni pagamenti effettuati da Gio. Francesco Brignole per sei dipinti, tra cui un Ritrovamento di Mosè (L’Età, 2004, p. 492, n. 127). Nel 1603 il pittore donò alla Repubblica la pala con la Madonna con il Bambino e i ss. Giovanni Battista e Giorgio, destinata a decorare la cappella Ducale (Di Fabio, 1994; Boccardo, 1997, p. 33, per i rapporti con la famiglia Doria, sottolineati anche in Farina, 2002, pp. 97-107). Nel 1606 eseguì la Pentecoste (Genova, Galleria di Palazzo Bianco, già nella chiesa di S. Francesco di Castelletto), mentre due anni dopo dipinse le Stimmate di s. Francesco per la chiesa del Carmelo di Loano (Pesenti, 1986, p. 27) su commissione di Andrea Doria II e della moglie Giovanna Colonna (Galassi, 2006).
Nel 1607, data che compare in un Cristo alla colonna (coll. priv; Galassi, 2006), Paggi pubblicò a Genova il trattato teorico Diffinizione ossia divisione della pittura, del quale non esistono copie (Pesenti, 1986, p. 9).
Può essere collocata negli stessi anni la realizzazione del Transito di s. Chiara (Genova, chiesa della Ss. Annunziata del Vastato; De Cupis, 2005, pp. 251 s.), del Martirio di s. Vincenzo Ferrer nella chiesa di S. Maria di Castello (Galassi, 1999, p. 402), del Sogno di s. Giuseppe della parrocchiale di S. Giacomo di Gavi (Cervini, 2004, p. 47), della pala raffigurante la Madonna con il Bambino e i ss. Michele Arcangelo e Chiara d’Assisi nella parrocchiale di Voltaggio (Cervini, 2004, pp. 78 s., n. 1).
Del 1609 è la tela con Gli Zebedei presentati a Cristo (Genova, santuario della Madonnetta), forse dipinta per la Casaccia dei Ss. Giacomo e Leonardo di Prè (Affronti, 2001), mentre risale a tre anni dopo l’Adorazione dei pastori proveniente dalla chiesa di S. Caterina di Luccoli (Genova, Albergo dei Poveri; Bartoletti, 1989, p. 833).
Dal 1606 al 1608, Paggi ricoprì il ruolo di soprintendente nel cantiere della decorazione della facciata a mare di palazzo S. Giorgio, affidata a Lazzaro Tavarone (Zanelli, 2007B); della ripartizione della decorazione della facciata rimane testimonianza nella pala raffigurante la Madonna con il Bambino tra s. Giovannino e s. Giorgio (Genova, palazzo S. Giorgio), realizzata dallo stesso Paggi nel 1613 (Repetto, 2007).
L’anno precedente (12 novembre 1612) l’artista aveva deposto nell’ambito del processo intentato contro Sinibaldo Scorsa, suo allievo dal 1605 (Farina, 2002, p. 79 n. 295).
Nel 1614 il letterato Francesco Borsotto affidò a Paggi l’incarico di eseguire per il santuario di Nostra Signora della Misericordia di Savona una tela con la Crocifissione (Galassi, 1999, p. 402). Nello stesso anno firmò e datò una piccola tela (coll. priv.) raffigurante la Sacra Famiglia (Orlando, 2010, p. 153). Nel 1615 realizzò per il Gio. Vincenzo Imperiale un «Cristo alla colonna», identificato con la tela, firmata e datata, raffigurante la Flagellazione, pervenuta alla Galleria di Palazzo Bianco di Genova (L’Età, 2004, p. 292, n. 62). Sempre nel 1615 dipinse la Madonna del Rosario (Genova, Museo dell’Accademia ligustica di belle arti), la Madonna con il Bambino e i ss. Giovanni Battista e Francesco per la chiesa di S. Giovanni Battista a Sarzana (Donati, 2002), nonché la Comunione di s. Bonaventura (Genova, Quadreria dell’Albergo dei Poveri), già nella chiesa di S. Francesco di Castelletto (Galassi, 1999, p. 402, cui si rimanda anche per la collocazione, nello stesso periodo, di altre opere dell’artista, tra le quali il Battesimo di Cristo della parrocchiale di Pontedecimo, riferita al 1617 da Pesenti, 1986, p. 30).
Tra il 1617 e il 1625 collaborò alla decorazione della cappella di Nostra Signora delle Vigne collocata all’interno dell’omonima basilica genovese (Galassi 1999, p. 403), cantiere per il quale Paggi realizzò alcune tele a monocromo con Episodi dell’Antico Testamento, andate disperse. Nel 1620 dipinse, sempre su tela, il Viatico di s. Gerolamo per la chiesa di S. Francesco da Paola a Genova (Zanelli, 2009). Alla fase più estrema della sua produzione sono riferite ulteriori opere, tra cui la pala raffigurante la Madonna con il Bambino e s. Bernardo nella chiesa dell’ospedale di S. Martino (Galassi, 1999, p. 403).
A 56 anni aveva sposato Maddalena Artusi, da cui ebbe almeno tre figli: Giuseppe Maria, poi entrato tra i barnabiti con il nome di Giovanni Battista, Torquato e Carl’Antonio. Nel 1619 rimase vedovo.
Morì a Genova il 12 marzo1627.
Per approfondimenti sulla produzione grafica di Paggi: Newcome, 1972; Fusconi, 1980; Newcome Schleier, 1985A; Thiem, 1990; Boccardo, 1999; Boccardo, 2006.
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Meloni Trkulja, Il cenacolo di Andrea del Sarto a S. Salvi, Firenze 1982, p. 17; S. Lecchini Giovannoni, Il Ritorno dall’Egitto di G.B. P., in Antichità Viva, XXIV (1985), 1-3, pp. 53-55; M. Newcome Schleier, Le dessin à Gênes du XVIe au XVIIIe siècle (catal.), Paris 1985A, pp. 38-42, nn. 29-32; Id., Castiglione’s teacher G.B. P., in Paragone, XXXVI (1985B), 419-421-423, pp. 193-201; S. Lecchini Giovannoni, Ancora sul P., in Antichità Viva, XXV (1986), 5-6, pp. 30-33, n. 8; F.R. Pesenti, La pittura in Liguria. Artisti del primo Seicento, Genova 1986, pp. 9-51 (con bibl.); P.M. Lukehart, Contending ideals. The nobility of G.B. P. and the nobility of painting, Baltimora, The Johns Hopkins University, Phil. Diss., 1987 (con bibl.); M. Bartoletti, P., G.B., in La pittura in Italia. Il Seicento, II, Milano 1989, pp. 832 s.; M. Newcome Schleier, Disegni genovesi dal XVI al XVIII secolo (catal.), Firenze 1989, pp. 51-59, nn. 21-27; C. Thiem, in Genueser Zeichnungen des 16. bis 18. 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