QUADRONE, Giovanni Battista
- Nacque a Mondovì il 5 gennaio 1844, da Carlo Maria e da Paola Fuseri. Era discendente da una famiglia di marmorari e scultori, diventati imprenditori grazie al commercio del marmo. Nel 1856 entrò nel convitto di S. Primitivo di via Ospedale n. 33 a Torino, dove svolse gli studi ginnasiali e si esercitò anche nel disegno. Nel 1861 iniziò a studiare all’Accademia Albertina di Torino, sotto la guida di Enrico Gamba, che lo ammise a frequentare il suo studio (Giovanni Battista Quadrone, 2002, p. 176), e l'anno successivo seguì i corsi di Gaetano Ferri.
Dal 1865 avviò la sua partecipazione all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino (dove fu presente con continuità fino al 1872, poi nel 1875, 1880, 1884, e dal 1886 al 1898, ricevendo alcuni premi; Bellini, 1998, p. 337). In questa sede l’anno seguente presentò Amleto nel camposanto (1866; Torino, GAM – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea), un olio su tela che testimonia già un’ottima capacità del giovane artista nel rendere le anatomie dei personaggi, le espressioni dei volti e la luce.
Nel 1867 partecipò all’Esposizione delle opere di belle arti nelle Gallerie del palazzo nazionale di Brera a Milano (poi anche nel 1869). Nel 1868 vinse il concorso triennale dell’Accademia Albertina (Giovanni Battista Quadrone, 2002, p. 177) e l’anno seguente presentò L’agguato (Torino, GAM), un olio su tela che attesta la grande abilità, precocemente raggiunta dall’artista, nel far immedesimare l’osservatore nelle sue narrazioni sceniche, come se fosse realmente presente nel quadro, attraverso il cosiddetto realismo fotografico.
In questa tela Quadrone ha realizzato una descrizione particolareggiata dei tessuti, degli ambienti interni, fin nel pavimento di marmo lucidato a specchio, nel quale è arrivato a tracciare con grande virtuosismo il riflesso dei personaggi; tutti elementi che decretarono il successo di pubblico in Italia e all’estero, oltre alle buone quotazioni di vendita (che permangono anche allo stato attuale).
Nel 1870 dipinse Ritratto dello zio (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporane; Marini, 1998, II, p. 388 s.), un piccolo olio su rame, in cui scelse alcuni elementi da descrivere analiticamente (volto e mani del soggetto), ponendoli in contrasto espressivo con altri particolari dipinti in modo molto più sommario.
Nel 1870, grazie alla raccomandazione del suo maestro Ferri, si recò a Parigi presso lo studio di Jean-Léon Gérôme all’École des beaux-arts. La sua pittura, secondo la critica, non venne influenzata dal maestro francese, ma dalle ricostruzioni particolareggiate delle scene storiche in costume di Jean-Louis-Ernest Meissonier e del pittore basco Eduardo Zamacois y Zabala. Per la guerra franco-prussiana fu costretto, a malincuore, a ritornare in Piemonte (Giovanni Battista Quadrone, 2002, p. 179). A partire dagli anni Settanta era solito trascorrere l’autunno in Sardegna per la caccia al daino e al cinghiale, interrompendo la sua attività artistica (p. 183). Dai primi anni Settanta iniziò a vendere i suoi lavori con regolarità, soprattutto a Parigi. Non aveva nessuna preoccupazione economica che lo spingesse a procurarsi commissioni e apriva il suo studio a poche persone. Nel 1871 espose al Circolo degli artisti di Torino, ma dall’anno seguente meditò di rinunciare a future esposizioni pubbliche (p. 180).
Dal 1873-74, ai suoi contatti con il mercato estero si aggiunse la collaborazione con il mercante fiorentino Luigi Pisani, del quale divenne anche amico. Nel 1874 riprese a esporre al Circolo degli artisti di Torino (poi anche nel 1882, 1883, 1885, 1886, 1888, 1889, 1991, 1893, e dal 1895 al 1898; Bellini, 1998, p. 338), interrompendo dopo soli due anni il suo proposito di non partecipare alle rassegne pubbliche. Nel 1876 siglò un contratto di esclusiva con Pisani, che prevedeva il pagamento anticipato di ogni opera prodotta e anche un terzo del guadagno derivante dalla vendita successiva dell’opera nella galleria di Pisani. Nel 1878 partecipò all’Esposizione universale di Parigi, e in questo stesso anno il contratto con Pisani cessò la sua valenza legale, ma i rapporti fra i due amici proseguirono in modo analogo, senza un esplicito rinnovo contrattuale, con percentuali di guadagno sulle vendite ulteriormente incrementate (Giovanni Battista Quadrone, 2002, pp. 181 s.).
Nel 1881 i rapporti commerciali con Pisani non erano più esclusivi, e quindi Quadrone era maggiormente libero di dedicarsi alla realizzazione di scene di vita contemporanea, soprattutto di caccia, dopo il grande successo come pittore di soggetti in costume. Tuttavia, per la crisi economica internazionale dei primi anni Ottanta, le vendite sul mercato londinese, condotte dal mercante Federico Sacchi, in quel periodo furono molto modeste. Quadrone fallì anche il tentativo di imporre la sua pittura sul mercato austro-ungarico e tedesco, tramite il mercante Marco Amodeo. Grazie a una donazione proveniente dallo zio Giuseppe, formalmente accettata nel 1881, e all’affidamento della direzione dell’azienda di famiglia al fratello Francesco, poté continuare a dedicarsi senza problemi interamente all’arte. Inoltre nel 1883 ricevette un’eredità proveniente dalla morte del padre.
In questi anni, durante i suoi autunnali e periodici soggiorni sardi per la pratica della caccia, iniziò a ritrarre il paesaggio e le persone del luogo, senza però riscuotere il successo dei suoi precedenti soggetti in costume o venatori (Giovanni Battista Quadrone, 2002, p. 183 s.). Nel 1885, a causa di un incendio scoppiato nel suo studio, andarono perduti vari disegni, tele e banconote. Nonostante quest’evento lo stesso anno Quadrone sposò Giuseppina Rogier, conosciuta nel 1883 in uno dei suoi soggiorni in Sardegna. Per fronteggiare le perdite economiche, tentò d’incassare (spesso invano) i crediti derivanti dai suoi quadri affidati ai mercanti all’estero, facendosi restituire gli invenduti e programmando una partecipazione più costante alle manifestazioni espositive italiane (pp. 185-187). Nel 1885 illustrò il libro di Ferdinando Delor, I cani da ferma (1886), con disegni realizzati dal vero (Berrini, 1949, p. 178).
Nel 1886, anno in cui nacque la figlia Paola, partecipò alla Prima esposizione artistica di Cagliari. Nel 1887, grazie al mercante Luigi Galvagni, vendette con successo sue opere nell’area austro-ungarica e tedesca. Nello stesso anno partecipò all’Esposizione nazionale artistica di Venezia (Giovanni Battista Quadrone, 2002, p. 187). Nel 1888 nacque il figlio Carlo.
Nel 1891 dipinse Il fuoco dei pastori (Torino, GAM), un olio su tavola in cui Quadrone rinuncia al realismo fotografico e a una pittura fatta di sottili velature e virtuosistiche trasparenze, in favore di una stesura mediante campiture molto più ampie, fra le quali emergono i movimenti lunghi delle pennellate e le concrezioni dei pigmenti.
Nel 1892 il Ministero della Pubblica Istruzione acquistò per 4000 lire il quadro Ritorno (1890; Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea) dallo scultore Pietro Costa, il quale l’aveva comprato all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Torino, pagandolo 1600 lire. Dopo che la vicenda emerse nei quotidiani italiani, Costa rinunciò al suo guadagno in favore di Quadrone (Marini, 1998, II, pp. 567-569).
Nel 1892 morì Giuseppe, zio dell’artista, che viveva con lui e che lo aveva incoraggiato nella pittura fin da quando era bambino. Nello stesso anno nacque la terza figlia Anna Maria. Nel 1894 partecipò all’Esposizione Triennale di Milano; nel 1895 alla Prima esposizione internazionale della città di Venezia (poi anche nel 1897) e all’Esposizione della Società degli amatori e cultori di Roma. Nel 1896 fu all’esposizione della secessione di Monaco (Internationale Kunst-Ausstellung des Vereins bildender Künstler Müchens, E.V., “Secession”), all’Esposizione triennale di Torino e all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Firenze; e nel 1897 all’Esposizione della Società promotrice di belle arti di Genova (poi anche nel 1898; Giovanni Battista Quadrone, 2002, pp. 196-199).
Negli ultimi anni Quadrone perse la sua agilità fisica, abbandonò la pratica della caccia e si dedicò soprattutto alla pittura da cavalletto. Nel 1897 dipinse Le mie gallinelle (Torino, GAM), un olio su tela nel quale è evidente come il paesaggio, dipinto attraverso piccoli tocchi di pigmento, diventasse negli ultimi anni protagonista della sua pittura, con accenti a volte intimistici. L’anno seguente dipinse l’olio su tela Chiamando le compagne (Roma, Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea; cfr. Marini, 1998, II, pp. 640 s.): il ritratto di una mucca intenta a chiamare le altre, dipinta con la stessa attenzione di un soggetto di storia, come solamente un grande amante degli animali, quale Quadrone fu per tutta la vita, era in grado di fare.
Quadrone riuscì a rendere nei minimi particolari l’anatomia bovina, facendola risaltare attraverso una luce radente, in forte contrasto con un paesaggio dipinto in modo sommario (che probabilmente, in piccola parte, non era ancora terminato).
Sempre nel 1898 dipinse l’olio su tavola I primi dolori (Biella, Museo civico), esposto alla mostra della Società promotrice di belle arti di Torino. È un dipinto di genere che nasconde, al pari di altri, un «diario di vita quotidiana» (Berrini, 1949, p. 179): la bambina scoppia a piangere per la rottura della sua bambola, causata dal cane; episodio che sembra realmente accaduto fra le sue figlie e i suoi amati animali, come ha rivelato la cronaca dell’epoca (Marini, 1998, II, pp. 645 s.).
Morì a Torino il 23 novembre 1898 (pp. 200 s.).
Fonti e Bibl: Roma, Galleria nazionale d’arte moderna, Archivio bioiconografico, Q. G.B. (articoli di stampa e bibliografia); N. Berrini, Un grande pittore italiano cinofilo e cacciatore, in Il cacciatore italiano, 1 maggio 1949, pp. 178 s.; Galleria d’arte moderna Ricci Oddi. Piacenza, a cura di F. Arisi, Piacenza 1988, pp. 379 s.; P. San Martino, Q. G.B., in La pittura in Italia. L’ottocento, II, Milano 1991, p. 980 (con bibliografia); E. Bellini, Pittori piemontesi dell'Ottocento e del primo Novecento, Torino 1998, p. 337 s.; G.L. Marini, Quadrone: la vita, i documenti, le opere. Catalogo ragionato, I-III, Torino 1998 (con bibliografia, documenti, epistolario, regesto della critica); G.B. Q. (catal.), a cura di G.L. Marini, Torino 2002 (con bibliografia); Cecconi, Mariani, Quadrone: caccia e natura nella pittura italiana dell’Ottocento (catal.), a cura di G. Daddi - A. Ranzi - G.L. Marini, Firenze, 2003; G.B. Q.: un “iperrealista” nella pittura piemontese dell’Ottocento (catal.), a cura di G.L. Marini, Torino 2014.