RABIZZANI, Giovanni Battista
RABIZZANI, Giovanni Battista. – Nacque a Mondolfo (presso Pesaro) il 15 ottobre 1884, terzogenito di Attilio, avvocato e magistrato frignanese, e di Ofelia Erminda Monteverde.
Nei primi mesi del 1900 la famiglia si trasferì a Pistoia, dove Rabizzani conseguì la licenza liceale presso il Regio liceo Niccolò Forteguerri nel luglio del 1902. La sua formazione letteraria continuò al R. Istituto di studi superiori di Firenze, dove si laureò in lettere con il massimo dei voti il 21 luglio 1907, discutendo una tesi su Chateaubriand, il romanticismo e l’Italia, e ottenendo poi il diploma di magistero il 23 gennaio 1911. Tra i suoi insegnanti annoverò Pio Rajna, Girolamo Vitelli, Felice Ramorino, Pasquale Villari, Felice Tocco e Guido Mazzoni, suo mentore, di cui divenne uno degli allievi prediletti.
Dopo la laurea, Rabizzani fu incaricato di italiano, storia e geografia, poi anche di lingua francese, presso la Regia scuola industriale Antonio Pacinotti di Pistoia dal 1908 al 1911 e, successivamente, fu straordinario, per concorso, di letteratura italiana nella Scuola normale di Forlimpopoli, nel Regio Istituto tecnico di Modena e in quello di Sassari dal 1911 al 1914.
Nei due mesi trascorsi in Sardegna, partecipò al concorso per revisore dei resoconti parlamentari al Senato: «Giudicato il primo, a novembre m’insedierò nel nuovo officio. Correggerò non più compiti di scolaretti, ma discorsi di senatori. “Paulo majora canamus”!», confidava ad Adolfo Orvieto (lettera del 19 luglio 1914, in Scritti e carteggi, 1990). Un nuovo lavoro che svolse con entusiasmo, perché gli consentiva di lasciare l’insegnamento per dedicarsi ai soli studi letterari e gli permetteva di vivere a Roma in stretto contatto con il cenacolo degli amici «mercoledisti» che s’incontravano, la sera, al caffè Aragno di via del Corso: il prof. Odoardo Gori, il bibliotecario del Senato Fortunato Pintor, il linguista Fernando Palazzi, l’editore Angelo Fortunato Formiggini e, ancora, Giulio Natali, Mario Chini, Luigi Siciliani, Giovanni Zuccarini.
Durante gli anni universitari, tra il 1905 e il 1910, Rabizzani aveva intanto dimostrato le sue valide attitudini poetiche, dietro cui aleggia l’assimilazione, talvolta soverchiante, della lezione dei classici, nelle raccolte Poesie (Pauca paucis) (Pistoia 1905), Sonetti decorativi (Secretum) (Firenze 1906) e Odi (Firenze 1907); aveva anche evidenziato le sue capacità critiche nei saggi (alcuni raccolti in volume: Note leopardiane e I contemplativi del deserto, Firenze 1906) e nelle brevi monografie originali per la Nuova Rassegna bibliografico-letteraria di Firenze; per Il Ricciardetto di Pistoia; per il Ventesimo di Genova; per le Pagine libere di Lugano e la Rassegna contemporanea di Roma.
Dal 1910, iniziò la collaborazione con Il Resto del Carlino di Bologna e diresse la collana di traduzioni L’Italia negli scrittori stranieri per i tipi dell’editore Rocco Carabba di Lanciano, curando il Viaggio in Italia di Chateaubriand, le Lettere dall’Italia di Paul-Louis Courier, i Bullettini di Napoleone I e i Quadretti italiani di Franz Freih von Gaudy. Entrò anche a far parte della redazione del Marzocco, instaurando il sodalizio di una vita con i fratelli Adolfo e Angelo Orvieto di Firenze.
Quella di Rabizzani è una geniale e viva critica militante di matrice umanistica carducciana su cui s’innesta quella estetica crociana, limpida e schietta nell’argomentazione quanto asciutta ed elegante nella forma, con cui egli «àgita il problema del romanticismo, da lui considerato come “secondo umanesimo”; mostra la sua cultura classica, trattando di Menandro Euripide Orazio Longo Sofista Petronio; rivela le sue larghe conoscenze di letterature straniere (Cervantes Molière Stendhal Gautier Dickens Carlyle Hebbel Janin Waltwitmann Castelar Maeterlinck Rod Andersen Twain Rimbaud); studia dei nostri il Berchet, il Prati, il Revere, il Mazzini, il Tommaseo, il Carducci, il Pascoli, il D’Annunzio, il Fogazzaro, l’Oriani, il Dossi, il Camerana, e, de’ più recenti, il Roccatagliata Ceccardi, il Lucini, il Chiesa, il Lipparini; dà notevoli contributi alla storia della critica contemporanea (Capuana critico, Panzacchi critico, Zumbini Novati Borgese Farinelli)», come sintetizza Giulio Natali ricostruendone il profilo per L’Italia che scrive (XXXIV (1951), 9, pp. 113-115).
Tra articoli, trafiletti, ‘raspollature’ e recensioni, Rabizzani trovò anche il tempo per dedicarsi a lavori di più ampio respiro, – anche se, principalmente, di riordino di saggi sparsi – come la compilazione di una collezione di Studi e ritratti (Firenze 1908) e di un Compendio di storia della letteratura italiana (Lanciano 1909), di una raccolta di Pagine di critica letteraria (Pistoia 1911), di una Antologia per uso delle scuole secondarie inferiori (Lanciano 1912) e di una miscellanea di Bozzetti di letteratura italiana e straniera (Lanciano 1914).
Tuttavia l’impegno maggiore dei primi anni Rabizzani lo profuse, con il plauso di Guido Mazzoni e di Benedetto Croce, in due opere di ricco spessore, che non mancarono di registrare contrastanti valutazioni critiche, ma che confermarono l’esuberante temperamento e l’acume originale, libero e penetrativo dello studioso: il solido volume su Chateaubriand (Lanciano 1910) e il saggio critico su Edmondo Rostand dai “Romanesques” a “Chantecler” (Pistoia 1910).
Qualche anno più tardi pubblicò, per i tipi di Formiggini, un felice e vivace Profilo elzeviriano di Laurence Sterne, l’autore più amato e a lui più congeniale per il quale aveva rinunciato a occuparsi di Wilde, Rovani e Thackeray e del quale si era impegnato a tradurre il Tristram Shandy per la collana dei Classici del ridere e a ricercare i Riflessi nostrani dell’umorismo sentimentale. La plaquette (Lorenzo Sterne, Genova 1914, poi Milano 1940), biografica ed estetica, focalizza l’indole spirituale, la qualità dell’umorismo e i limiti dell’ispirazione poetica del reverendo Sterne colti e definiti «nella malizia sensuale che provoca il sorriso e nella comprensione pietosa del microcosmo che fa spuntare la lagrima» (Genova 1914, p. 66). Se da un lato il breve saggio segna il raggiungimento della maturità critica di Rabizzani, dall’altro registra anche la nascita della fraterna amicizia con l’editore modenese, per il quale divenne il più fidato e prezioso dei collaboratori.
La traduzione del Tristram Shandy, considerata una novità di capitale importanza nella letteratura umoristica perché mai sfruttata in Italia e annunciata anche sul Resto del Carlino del 31 gennaio 1914, subì una lunga gestazione fatta d’indugi, ritardi e promesse tra il 1913 e la fine del 1916, ma non fu mai portata a termine da Rabizzani. Uscì infatti nel 1922 e nel 1923, per la cura di Ada Salvatore e con xilografie di Benito Boccolari.
Dal 1916 al 1917, Rabizzani adempì agli obblighi militari: soldato di leva di 3ª categoria del distretto di Pistoia, riformato e posto in congedo illimitato, fu richiamato alle armi per mobilitazione durante il primo conflitto mondiale e assegnato al 3° reggimento del genio di Firenze con il grado di ufficiale il 26 luglio 1916.
Con recensioni «brevi ma sugose», entrò anche a far parte della grande famiglia dell’Italia che scrive, la nuova rassegna mensile che Formiggini aveva inaugurato a Roma nell’aprile del 1918; mentre proseguiva la collaborazione al Marzocco e al Resto del Carlino e iniziava quella a I Libri del giorno, alla Rivista d’Italia e alla Rivista di Milano.
Nell’ottobre del 1918 lasciò Roma per visitare a Pistoia la madre inferma, ma anche per riprendersi da una violenta nevralgia e per concludere il Profilo bibliografico della poesia, volume con cui avrebbe dovuto iniziarsi l’attività della «Commissione per la propaganda del libro italiano all’estero».
Morì di febbre spagnola, a Pistoia, il 23 ottobre 1918.
Per volontà della famiglia, nel 1920, uscì postuma, presso Formiggini, con un’erudita e fin troppo minuziosa prefazione critica di Odoardo Gori, la pregiata edizione, in 500 copie, dello Sterne in Italia: il capolavoro di Rabizzani, in cui si ricostruisce il culto sterniano nel Settecento italiano e si ricercano, per la prima volta in Italia, il sorriso malinconico del Foscolo didimeo e l’influsso del binomio Sterne-Foscolo sul periodo romantico. Un’opera imprescindibile ed esemplare sullo sternismo nostrano, che ancora oggi resiste alla patina del tempo ed è presente in tutte le bibliografie critiche di Sterne.
Dello stesso anno è anche l’antologia, dedicata a Sidney Sonnino e curata insieme a Ferruccio Rubbiani per l’editore Rinaldo Caddeo (Sonnino, Milano 1920), che avrebbe dovuto inaugurare la collezione Il pensiero politico moderno, da lui ideata per la casa editrice Risorgimento.
La sorella Caterina continuò a mantenere vivo il ricordo del fratello, tenendo uno stretto rapporto epistolare soprattutto con Adolfo Orvieto, nella speranza di pubblicarne un profilo e una raccolta di scritti di critica, che fu infine realizzata da Achille Pellizzari con i Ritratti letterari (Firenze 1921), una miscellanea di articoli sparsi in giornali e riviste che era già stata predisposta da Rabizzani nel 1917 e che uscì corredata da una breve Nota celebrativa di Formiggini.
Fonti e Bibl.: A.F. Formiggini, Il “mio” R., in L’Italia che scrive, I (1918), 8, p. 119; La direzione del «Marzocco», G. R., B. Barbadoro, R. e il «Marzocco», e A. Sorani, Il carattere di R., in Il Marzocco, 3 novembre 1918; A.F. Formiggini, Nota di un editore, in G. Rabizzani, Ritratti letterari, Firenze 1921, pp. IX-XV.
Fra i principali contributi per lo studio di Rabizzani si vedano: Scritti e carteggi di G. R. (1884-1918): con bibliografia critica, a cura di F. Flego, Pistoia 1990; F. Flego, G. R.: poeta, critico letterario, anglista, Pistoia 2006. Si vedano inoltre: L. Tonelli, G. R., in Alla ricerca della personalità, Milano 1923, pp. 125-130; E. Allodoli, Poeti dimenticati: G. R., in La Fiera letteraria, 10 ottobre 1926, p. 1; G. Natali, G. R. Alle origini de «L’Italia che scrive», in L’Italia che scrive, XXXIV (1951), 9, pp. 113-115.