RICCIARDI, Giovanni Battista
RICCIARDI, Giovanni Battista. – Nacque a Pisa il 20 novembre 1623 (fu battezzato il 22), da un legame illegittimo del nobile fiorentino Francesco Ricciardi con Maria Luisa di Mario da Spurano (poi legittimato rescripto Principis; Fabroni, 1795, p. 127 n.).
Divenne cittadino pisano il 30 aprile 1664 e a Pisa ebbe, nel 1673, la cattedra di filosofia morale. Lodato come «filosofo, poeta ed oratore eccellentissimo», «di mostruoso ingegno ed in varia letteratura dottissimo» (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, IX.67: G. Cinelli, La Toscana letterata, II, c. 827), fu poeta serio e burlesco, e commediografo. A Firenze fu affiliato all’Accademia delle Arti del disegno (dal 1684) e all’Accademia dei Percossi, animata dal pittore napoletano Salvator Rosa fra il 1640 e il 1647, sotto la protezione del cardinale Giovan Carlo de’ Medici. Nel Casino di S. Marco, per i Percossi, Ricciardi mise in scena «suggetti nobili e gravi, non senza l’aggiunta di parti ridicole» (Baldinucci, 1705, 1974-1975, pp. 451 s.), esibendosi anche come attore nelle parti serie, mentre a Rosa spettavano i ruoli ridicoli (in particolare Pascariello). Da una lettera di Rosa (13 febbraio 1664) emerge che in questi anni fu rappresentata La forza del sospetto ovvero Il Trespolo oste di Ricciardi, data alle stampe soltanto nel 1674. I due amici – il loro epistolario copre più di un ventennio – recitarono insieme anche al castello di Strozzavolpe (proprietà dei Ricciardi dal 1640, nei pressi di Poggibonsi) e a Volterra, dove nel 1647 soggiornarono a lungo; lì dovettero frequentare Antonio Cesti, il francescano aretino maestro di cappella in duomo, con cui Ricciardi e Rosa tennero poi a lungo i rapporti.
Il 22 ottobre 1662, da Innsbruck, Cesti scrisse all’«amico vero» Ricciardi: «il nostro signor Salvatore [Rosa] mi ha mandato la canzona satirica che fece nel partirsi da Strozzavolpe, che veramente è bellissima et io la metterò giù sotto le note; vi prego se vi scapasse dalla penna qualche cosa per musica che me ne favoriate, e non vi scusate col dir non so far queste cose, perché ben sapete che quelle che io composi in casa vostra erano bellissime e bonissime per la musica» (Hill, 1976, p. 45 n.); in una precedente lettera datata 22 ottobre 1661, Cesti informava Rosa e Ricciardi (che si trovavano a Strozzavolpe) dell’imminente recita fiorentina della sua Dori, invitandoli «a sentire le mie debolezze e compatire questi signori, perché in 4 giorni soli l’hanno rimessa insieme» (p. 27).
Di salute cagionevole e temperamento malinconico, afflitto da ricorrenti crisi depressive, Ricciardi continuò a praticare il teatro accademico anche negli anni successivi. Dal sesto decennio si impegnò nelle recite carnevalesche degli accademici Stravaganti di Pisa, nel teatro pubblico della Dogana, noto come lo «Stanzone delle commedie»; risulta che escogitasse le sue commedie dettandole a due sodali, in porzioni di un’ora (cfr. Cinelli, La Toscana letterata, II, c. 831). Per gli Stravaganti compose nel 1651 Le cautele politiche, ispirata alla comedia dello spagnolo Antonio Mira de Amescua; e per un loro spettacolo nel 1654 chiese per lettera a Rosa i bozzetti scenici.
La fama del commediografo circolò anche fuori di Toscana. Nel 1654 la corte austriaca gli commissionò Per la gloria non per l’amore contendono i rivali, ovvero La rivalità generosa (poi non messa in scena; edita postuma a Bologna, 1687). A Roma, almeno dal 1660, furono date numerose sue commedie in un’accademia guidata dall’abate Marc’Antonio Ducci a Trinità dei Monti: La rivalità generosa, Le cautele politiche (da Cautela contra cautela di Mira de Amescua), La ruota della fortuna, Amore è cieco e La schiavitù fortunata. Ducci, che in una lettera del 17 dicembre 1661 si vantava di aver introdotto in Roma le opere di Giacinto Andrea Cicognini, Pietro Susini e Ricciardi, il 13 settembre 1664 gli chiese altre commedie sue per future recite, rivelando di avere già in suo possesso La rivalità generosa, Le cautele politiche, L’amor nell’odio, La ruota della fortuna, L’amor è cieco, L’amore è antidoto e veleno degl’intelletti e La forza del sospetto. Questi sette drammi furono i soli poi apparsi a stampa, in edizioni tardive o postume (a detta di Cinelli, Ricciardi, «anzi che propalargli e pubblicargli, con iscusa di correggerli se gli ripigliava senza volerli rendere»; La Toscana letterata, II, c. 828). Rimangono altre cinque commedie, mai stampate: I colpi di fortuna e d’amore, La dama spirito folletto (da La dama duende di Pedro Calderón), Il forno, Trespolo cittadino in villa e Li due amori.
Tra le commedie di Ricciardi ve ne sono sia «d’intonazione borghese», considerate «prossimi parenti della commedia classica del Cinquecento» (Sanesi, 1954, pp. 199-202), sia di ispirate alla coeva drammaturgia spagnola. Alcune di esse, come La forza del sospetto, ovvero Il Trespolo oste, rielaborazione dell’Aulularia di Plauto, e Amore medicina e veleno degli intelletti, ovvero il Trespolo tutore, ricche di travestimenti ed equivoci, diedero origine a imitazioni (come il Trespolo podestà di Greve di Giulio Coppi, Bologna, s.d.: un seguito delle vicende del Trespolo tutore) e rielaborazioni musicali: versificato dal volterrano Giovanni Cosimo Villifranchi, Il Trespolo tutore, «opera drammatica per musica», fu dato a Roma (1677), Genova e Napoli (1679), Bologna (1682) e Modena (1686) di volta in volta con musica di Bernardo Pasquini o di Alessandro Stradella. Alle citate commedie ‘spagnole’ di Ricciardi tratte da Calderón e da Mira de Amescua si aggiunge Lo sposalizio tra’ sepolcri, dalla novella El envidioso castigado di Juan Pérez de Montalbán (nei suoi Sucesos y prodigios de amor, tradotti da Biasio Cialdini, Venezia 1637). Secondo l’uso dell’epoca, Ricciardi tenne conto dell’orizzonte d’attesa del proprio pubblico, rielaborando le comedias spagnole con libertà, soprattutto nei ruoli comici, che dilatò affidandoli a personaggi ricorrenti del suo teatro, come la balia Simona (nata ai tempi dei Percossi) e il servo Trespolo, vero e proprio cardine della sua drammaturgia comica. Inoltre, Ricciardi si sforzò di ricondurre il genere misto dei drammi spagnoli nell’alveo di quello propriamente comico (come nel caso delle Cautele politiche), con una tendenza verso la regolarità ‘classicistica’ che lo distingue da autori (come il citato Cicognini) più inclini a sovvertire le regole aristoteliche. Si suppone che anche il Trespolo barbiere (ossia Amore è cieco, ovvero La barberia, Bologna 1684), Li due amori.(Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino Capponi, 119) e altre commedie di Ricciardi si ispirassero a modelli spagnoli, ma le fonti restano da individuare.
A Firenze le commedie di Ricciardi furono date in numerose accademie fino ai primi del Settecento: nel 1673, dagli Imperfetti, Chi non sa fingere non sa vivere, ovvero Le cautele politiche; nel 1686 La dama spirito folletto dai Rinvigoriti; nel 1688 Lo sposalizio tra’ sepolcri dai Sorgenti; nel 1691 Trespolo cittadino in villa, in luogo ignoto; nel 1694 Amore è cieco, ovvero La barberia dagli accademici Aquilotti; nel 1699 ancora Chi non sa fingere non sa vivere a palazzo Pitti dai paggi di corte; nel 1709 Lo sposalizio tra’ sepolcri, sotto la direzione di Giovan Battista Fagiuoli, in luogo ignoto; e nel 1719 di nuovo La dama spirito folletto nel teatro di Corso de’ Tintori dagli accademici Cadenti. Inoltre, nel 1692 fu data nella villa medicea di Pratolino La forza del sospetto, ovvero Trespolo oste, ridotta per musica da Giovanni Cosimo Villifranchi (compositore ignoto).
Morì a Pisa il 7 novembre 1686 e fu sepolto in S. Maria Maddalena (cfr. Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, 1686, c. 153; ma per Fabroni sarebbe stato sepolto «in Aede Florentina S. Proculi, in qua erat Ricciardiorum sepulcrum»: cfr. Fabroni, 1795, pp. 132 s.).
Dell’eredità, andata al fratello Iacopo e ai nipoti Francesco Maria, Domenico, Ottavio, Giovanni Battista e Tommaso Enrico, faceva parte una ricca e pregiata biblioteca e una collezione di più di 150 quadri, alcuni regalatigli da Rosa. Fra di essi si trovava il Ritratto di un filosofo che scrive su un teschio (New York, Metropolitan Museum): la critica non è unanime nell’identificare il soggetto ritratto, ma all’epoca sembrava chiaro che si trattasse di Ricciardi medesimo (cfr. Cinelli, La Toscana letterata, II, c. 832).Gli eredi trasferirono l’intera raccolta di quadri nella loro residenza fiorentina, ma con l’estinzione della famiglia nel 1817 andò dispersa; alcuni dipinti vennero acquistati nel 1820 dal granduca Ferdinando III per la galleria di palazzo Pitti.
Opere. Amore è cieco (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII.1286.3, cc. 147r-174r; Palatino, 733, cc. 38r-82r; Firenze, Biblioteca dell’Ospedale degli Innocenti, CXLIV, 9); L’amore gran veleno e medicina degli intelletti, overo Il Trespolo tutore (Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino, 733, cc. 1r-37v; Biblioteca Riccardiana, 3218; Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Opp. NN. 403, vol. VI, con il titolo Amore medicina e veleno de gl’intelletti); Le cautele politiche (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII.1286.1, cc. 62r-112v; Magliabechiano, VII.1217; Palatino, 733, cc. 203r-255v; Roma, Biblioteca Casanatense, 1295); I colpi di fortuna e d’amore (Firenze, Biblioteca Riccardiana, 3163.3, cc. 219r-320r); La dama spirito folletto (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII.1286.4, cc. 177r-209r); La forza del sospetto, ovvero La pentola (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII.1286.6, cc. 152r-181r; VII.1285, cc. 152r-181r, con il titolo La forza del sospetto, ovvero La pentola grassa; Palatino, 733, cc. 127r-162v; Biblioteca Laurenziana, Redi, 34; Ashburnham 747, con il titolo La forza del sospetto, ovvero La pentola delle corna; Roma, Archivum Romanum Societatis Iesu, Opp. NN. 403, vol. VI); La ruota della fortuna (Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, VII.1286.2, cc. 113r-145v; Palatino, 733, cc. 82v-126v); La rivalità generosa (Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino, 733, cc. 163r-202v; Roma, Biblioteca Casanatense, 1223); Il forno (Firenze, Biblioteca Riccardiana, 3184, cc. 271r-283v); Li due amori del sig. Giovan Battista Ricciardi Pisano (Firenze, Biblioteca nazionale, Palatino Capponi, 119, cc. n.n.; Magliabechiano, VII, 749, cc. 1r-39r, adespoto); La malizia punita (Firenze, Biblioteca Riccardiana, 3163, cc. 321r-383r, adespoto). Opere edite: Trespolo tutore (Bologna 1669 e 1683); Chi non sa fingere non sa vivere, ovvero Le cautele politiche (Perugia 1672; Bologna 1679 e 1683); La ruota della fortuna (Perugia 1673; Bologna 1686); La forza del sospetto, ovvero Il Trespolo oste (Ronciglione 1674; Bologna 1687); Amore è cieco, ovvero La barberia (Bologna 1684); Per la gloria non per l’onore contendono i rivali, ovvero La rivalità generosa (Bologna 1687); Lo sposalizio tra’ sepolcri (Firenze 1687; Bologna 1695).
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Magliabechiano, IX.67: G. Cinelli, La Toscana letterata ovvero Storia degli scrittori fiorentini, II, cc. 827-833; Firenze, Biblioteca nazionale, Fondo nazionale II, 455; F. Mariotti, Il teatro in Italia nei secc. XVI, XVII, XVIII, curiosità e notizie storiche corredate di molti documenti inediti, II, parte II, lettere XXXIV e XXXVI; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, 1686, c. 153.
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