TUVERI, Giovanni Battista
TUVERI, Giovanni Battista. – Nacque il 2 agosto 1815 a Forru, piccolo comune rurale del Campidano, non lontano da Cagliari, figlio di Salvatore, avvocato, e di Maria Angela Licheri, di piccola nobiltà di paese. Fu lui stesso, divenutone sindaco, a mutare nel 1863 il nome del paese in Collinas.
Orfano prestissimo del padre, fu educato in modo molto severo presso la casa del nonno materno. Nel 1827 iniziò gli studi di retorica e filosofia presso il seminario tridentino di Cagliari, dove rimase per sei anni, sviluppando in modo sempre più acuto una forte repulsione verso un sistema scolastico vuoto e formale. Nel 1833 si iscrisse all’università, forse con l’intento di seguire la professione paterna: non completò, tuttavia, gli studi abbandonando l’università – su cui avrebbe scritto pagine molto critiche – prima della laurea e limitandosi al titolo di baccelliere in leggi. Non cessò peraltro di studiare, e dal 1837 al 1848 riuscì a costituire nel paese natale una ricca biblioteca sia di testi filosofici e teologici, sia di opere del giusnaturalismo, coltivando la lettura di autori come Grozio, Voltaire, Montesquieu, Rousseau. Nel frattempo compiva le prime esperienze di conoscenza delle istituzioni giuridiche della Sardegna.
Dopo la ‘perfetta fusione’ del novembre 1847 – che portò alla scomparsa delle vecchie istituzioni del Regnum Sardiniae, da lui considerate una garanzia di autonomia – nel 1848 la concessione dello Statuto determinò in Sardegna un nuovo clima culturale e politico, evidenziato dalla nascita di numerosi giornali e dall’avvio di un dibattito politico molto acceso, soprattutto durante le campagne elettorali susseguitesi numerose in coincidenza con la prima guerra di indipendenza e con le vicende successive alla sconfitta. In questo contesto si colloca una polemica pubblica con Giovanni Siotto Pintor, personalità di spicco dei gruppi giobertiani e moderati cagliaritani (Saggio delle opinioni politiche del sig. deputato sardo Giovanni Siotto Pintor, Torino 1848). Tuveri accusò il suo avversario di essersi fatto sostenitore di posizioni conservatrici e reazionarie, in particolare nel campo dell’istruzione. Nella lotta elettorale per le elezioni alla prima legislatura del Parlamento, Tuveri rappresentò le posizioni democratiche. Sebbene Siotto avesse conseguito un risultato elettorale estremamente lusinghiero, Tuveri ne trasse una straordinaria notorietà che lo portò a essere eletto alla Camera nelle elezioni suppletive del 30 novembre 1848. Non volle, però, accettare l’elezione e si dimise pochi giorni dopo, rivolgendo agli elettori una lettera che tradiva una certa ingenuità personale e inesperienza politica. Essendo però state sciolte le Camere, nelle successive elezioni del gennaio 1849 risultò nuovamente eletto nel collegio di Cagliari e questa volta accettò.
La sua comparsa in Parlamento avvenne nel momento di un acceso scontro ideologico e politico tra Vincenzo Gioberti e Giuseppe Mazzini. Il contesto spiega la sua decisione di presentare il 19 marzo 1849 una mozione diretta a porre Gioberti in stato di accusa per calunnie e offese alla Camera. La Camera, con voci e rumori, gli impedì di svolgere l’intervento, ritenendolo presentato in forme irrituali. La sconfitta di Novara, il 23 marzo, portò poi di nuovo allo scioglimento della Camera.
Rientrato a Cagliari, Tuveri si impegnò in uno scontro molto aspro contro i gruppi conservatori e giobertiani rappresentati dal giornale Indicatore sardo diretto dai fratelli Antonio, Michele e Pietro Martini e per l’occasione pubblicò una serie di articoli fortemente polemici cui volle dare il titolo (prendendo esplicitamente spunto dal personaggio di Dulcamara dell’opera L’elisir d’amore, 1832, di Gaetano Donizetti) di Specifici contro il codinismo. L’opera attaccava anche Alberto Della Marmora, nominato nel marzo del 1849 commissario straordinario della Sardegna, che in vista delle elezioni indette nel luglio aveva diretto una lettera agli elettori sardi invitandoli a combattere le posizioni democratiche e mazziniane. L’opuscolo di Tuveri ebbe un notevole successo di pubblico e dovette essere ristampato (Cagliari 1849). Ciononostante, il 23 luglio non riuscì a essere rieletto, cosa che però fu possibile due mesi dopo nelle elezioni suppletive.
Tuveri intanto si impegnava in una intensa attività pubblicistica e giornalistica, che ne consolidò la popolarità e favorì la sua affermazione, sempre nello stesso collegio di Cagliari, nelle elezioni del 13 dicembre, successive al proclama di Moncalieri, nonostante l’opposizione del clero e della burocrazia governativa. In Parlamento tra il 1850 e il 1851 ebbe occasione di collaborare con Cavour ministro dell’Agricoltura e fu relatore della proposta di legge ministeriale sul Riordinamento dei Monti di soccorso granatici e nummari della Sardegna. Nel 1851 pubblicò a Cagliari quella che è stata a lungo giudicata la sua opera più importante: Del dritto dell’uomo alla distruzione dei cattivi governi. Trattato teologico-filosofico.
La forte impronta teologica e filosofica e lo stile farraginoso e pesante non favorirono il successo dell’opera, che pure ebbe numerose recensioni sulla stampa della penisola. La parte conclusiva del volume, dedicata ai temi dell’unitarismo e del federalismo, suscitò un certo dibattito tra le file del partito democratico. Tuveri vi sosteneva che non si poteva subordinare il tema dell’indipendenza nazionale a quello della libertà politica. Ne conseguiva una proposta di tipo federalista, dentro una concezione politica fieramente repubblicana e antimonarchica. Il Trattato, dunque, si collocava, sul terreno pratico, non solo contro il federalismo monarchico giobertiano, ma anche contro l’unitarismo repubblicano mazziniano.
Dopo la pubblicazione del Dritto dell’uomo, Tuveri venne rieletto deputato nelle elezioni del 1853 per la V legislatura. L’anno prima si era sposato con Francesca Diana, da cui ebbe otto figli, il maggiore dei quali sarebbe caduto sull’Isonzo nel 1915. Si dimise da deputato nell’aprile del 1857 e non si ripresentò alle elezioni per la VI legislatura. Nel 1860 venne nominato sindaco del suo paese e mantenne l’incarico fino alla morte. Proprio nel 1860, appena nominato sindaco, un suo violento pamphlet – Il Governo e i Comuni (Cagliari) – criticava duramente la politica nazionale verso i Comuni. In particolare in Sardegna, a suo dire il Catasto provvisorio rappresentava una delle macchie più vergognose dell’amministrazione piemontese, consentendo una continua vessazione dei piccoli proprietari. La protesta trovò una forte eco nella stampa democratica italiana, suscitando l’attenzione e l’interesse anche di Carlo Cattaneo e Mazzini. Quando nella primavera del 1860 iniziarono a circolare voci di una cessione della Sardegna alla Francia, Tuveri fu uno dei più determinati avversari di questa ipotesi, finendo con il prospettare anche un’opposizione armata. In questo periodo si intensificò la sua attività giornalistica presso giornali di ispirazione democratica e mazziniana. Nella rivista cagliaritana La cronaca del 27 gennaio 1867 Tuveri usò per la prima volta, a indicare la specificità dei problemi dell’isola, l’espressione questione sarda. Molti articoli vennero poi raccolti dall’autore in un volume, Della libertà e delle caste (Cagliari 1871). Nel frattempo il suo prestigio si sviluppò in tutta l’isola, come il più rappresentativo dei democratici sardi. Fu in questi anni che iniziò a essere indicato come il ‘Nestore della sarda democrazia’. Nel frattempo giungeva a maturazione la sua riflessione sui limiti e sui difetti della battaglia politica condotta in Italia dagli stessi gruppi democratici e repubblicani. È questo il tema della sua ultima opera, Sofismi politici (Napoli 1883): egli coglieva come la vecchia generazione della Sinistra, alla quale era rimasto legato anche sentimentalmente, dopo l’Unità non solo si era ridotta di numero, ma di fatto aveva finito con il guardare con maggiore simpatia le prospettive di potere legate al trasformismo, piuttosto che le idee di radicalismo moralizzatore in cui il pensatore di Collinas continuava a credere.
Morì a Collinas l’8 dicembre 1887.
Opere. Le opere di Tuveri sono state ristampate tra il 1990 e il 2002 in cinque volumi: I, Il veggente e Del dritto dell’uomo alla distruzione dei cattivi governi, a cura di A. Accardo - L. Carta - S. Mosso, con saggio introduttivo di N. Bobbio, Sassari 1990; II, Della libertà e delle caste e Sofismi politici, a cura di M. Corona - T. Orrù, Sassari 1992; III, Opuscoli politici, a cura di G. Sotgiu, Sassari 1991; IV, Il Governo e i Comuni e La questione barracellare, a cura di L. Del Piano - G. Contu, Sassari 1994; V, Scritti giornalistici, a cura di L. Del Piano - G. Contu - L. Carta, Sassari 2002.
Fonti e Bibl.: F. Uda, G.B. T., Cagliari 1888; R. Manzini, Un filosofo dimenticato, Roma [1903]; T. Perassi, Un solitario pensatore di Sardegna. G.B. T., Milano 1908; G. Solari, Il pensiero politico di G.B. T., in Annuario della Regia Università di Cagliari, anno scolastico 1914-1915, Cagliari 1915, pp. 3-127; Id., Per la vita e i tempi di G.B. T., in Archivio storico sardo, XI (1915), pp. 33-151; G.F. Contu, G.B. T., vita e opere, Cagliari 1973; G.B. T., filosofo e politico, Sassari 1986 (Quaderni sardi di filosofia e scienze umane, n. 13-14); A. Accardo - L. Carta, I cattivi governi e la questione sarda. Alcune note introduttive allo studio del pensiero politico e filosofico di G.B. T., in Archivio sardo del movimento operaio, contadino e autonomistico, 1987, n. 23-25, pp. 57-81; G.B. T., i tempi, le idee, le opere, i testi significativi di un pensatore nella Sardegna dell’Ottocento, a cura di A. Accardo et al., Cagliari 1988. Nel 1987, in occasione del centenario della morte, si tenne un Convegno di studi tra Cagliari e Collinas i cui atti sono stati pubblicati in Archivio sardo del movimento operaio, contadino e autonomistico, 1989, n. 26-28.