VACCARINI, Giovanni Battista
Architetto, nato nel 1702 a Palermo, morto il 12 febbraio 1768 a Milazzo. Giovanissimo si rese noto per i suoi strumenti idraulici e matematici, per cui il senato di Palermo lo chiamò "architetto primario". Vestito l'abito sacerdotale passò a Roma dove, come lo Juvara, sotto la protezione del cardinale Ottoboni, seguendo la scuola di Carlo Fontana, frequentando l'accademia di S. Luca, completò la sua educazione artistica. Appena ventottenne venne chiamato a Catania per partecipare alla ricostruzione della città distrutta dal terribile terremoto dell'11 gennaio 1693.
Giunto a Catania, nel 1730, il V. con i suoi progetti della cattedrale rapidamente assunse il comando della fervida risurrezione della città, restituendo ordine e ritmo classici alla prorompente architettura popolare. Appena arrivato venne nominato (1730) sovrintendente dell'Almo Studio (università), canonico secondario della cattedrale, quindi (1736) dottore in filosofia e matematica, e più tardi (1745) lettore della stessa cattedra, sino a quando il senato lo investe del titolo di cittadino catanese e di "architetto della città".
Partendo dalla cattedrale, egli invade a grado a grado tutta la città: completa il Palazzo senatorio, appena iniziato, e dinanzi ad esso erige la caratteristica Fontana dell'Elefante, e insieme la corte del palazzo dell'Almo Studio; completa la chiesa di S. Chiara, erige quella di S. Giuliano, e si dedica lungamente alla costruzione della Badia di S. Agata, che rappresenta il suo capolavoro di architettura religiosa. Edifica numerose case patrizie, tra cui primeggia il palazzo Valle, così sobrio e potente; e più tardi l'armoniosa corte del collegio Cutelli di sapore neoclassico; accudisce insieme a una serie di opere minori, tra cui emerge come un gioiello la sua piccola casa privata. Contemporaneamente cura la sistemazione urbanistica di intere zone della risorgente città, di cui ispira tutta l'architettura, influendo anche su quella della regione orientale dell'isola. Alla chiesa della badia di S. Agata egli dedica quasi trentadue anni di attività, proseguita saltuariamente anche dopo avere abbandonato Catania, chiamato a Palermo (1749) dal viceré duca de La Viefeille, e, in seguito, accorrendo anche dal suo ritiro di Milazzo, della cui abbazia viene investito a riconoscimento dei servizî prestati.
Nella fervida operosità dell'artista andarono sempre più identificandosi due caratteri: l'uno n s ente da influenze locali, per cui le originarie visioni romane si vanno sempre più colorendo attraverso il riflesso delle incombenti bellezze naturali, vivacissime, e delle remote, ma sempre presenti, tradizioni, delle quali le materie costruttive naturali - la dura e nera lava, la tenera e bianca pietra calcare - sono come i veicoli; l'altro, proveniente da un più vasto clima avente per centro la Roma papale, per cui il V. - insieme col Fuga, il Galilei, il Salvi, il Vanvitelli - sviluppa e conchiude quella restaurazione classica insorta già tardivamente nello spirito dello Juvara.
Bibl.: F. De Roberto, Catania (serie Italia artistica), Bergamo 1907; V. Zimmermann, Sizilien (Guide regionali illustrate), Roma 1912; A. Melani, Architettura italiana antica e moderna, Milano, pp. 830, 831; M. S. Briggs, Barock-Architektur, Berlino 1914, p. 107, tav. 47; S. Sitwell, Discursions on travel, in Art and Life, Londra 1925; id., Southern baroque art, Londra 1930, p. 53 seg.; P. Cattaneo, ecc., L'Arte italiana, III, Firenze 1932, p. 70; F. Fichera, Una città settecentesca, Roma 1925; id., G. B. V. e l'architettura del '700 in Sicilia, Roma 1934.