VIASSOLO, Giovanni Battista
VIASSOLO, Giovanni Battista (Camillo Federici). – Nacque il 9 aprile 1749 nel quartiere Borgo Poggiolo di Garessio (Cuneo), che al tempo apparteneva alla provincia di Mondovì della Liguria piemontese, da Giovanni Pietro e da Agnese Viassolo, o forse Liassolo, come attestato in Liber baptisatorum ab anno 1654 ad 1765 della chiesa parrocchiale del Poggiolo.
Ancora ragazzino si trasferì a Torino dove si voleva che intraprendesse studi di teologia o giurisprudenza. Mostrò invece una maggiore propensione allo studio dell’eloquenza e frequentò le lezioni dell’abate Francesco Triveri, rinomato interprete della Poetica di Aristotele e docente di lettere greche e latine. La passione per il teatro era talmente radicata in lui che rinunciò all’opportunità di ottenere una cattedra in una città di provincia e scelse di viaggiare per conoscere il mondo e farsi conoscere. Francesco Bartoli, che pubblicò le Notizie istoriche de’ comici italiani nel 1781, informa che Viassolo lasciò il Piemonte «e in Lombardia pervenuto [...] si risolse d’unirsi ad una fievole unione di comici, che in diverse terre del bolognese castelleggiando vagavano» (pp. 239 s.). Qui incominciò a recitare da giovane innamorato, per poi entrare nella compagnia di Pietro Ferrari, con cui aveva rapporti dal 1775.
Durante l’attività attoriale con queste compagnie ambulanti, Viassolo scrisse diverse opere di cui è rimasta notizia: Ero e Leandro, I Volturreni (1777), ma anche Epulo, Il globo aerostatico, Cefalo e Procri, databili tra il 1777 e il 1781. Sulla base di queste prime notizie certe, è possibile asserire che il suo debutto come autore di teatro avvenne nel 1777, e sempre in questo anno sposò Antonia Spaghi, vedova del capocomico Vincenzo Bazzigotti, da cui ebbe due figli, Carlo e Giuseppe, entrambi laureati all’Università di Padova, rispettivamente in legge e in medicina: prima di trovare impiego presso il governo generale di Venezia, Carlo seguì la carriera del padre, tanto che le loro produzioni sono talvolta confuse.
Fino al 1786 Viassolo, che nel frattempo aveva assunto il nome d’arte di Camillo Viasseul prima, e di Camillo Federici (nome che in seguito trasmise ai suoi discendenti) poi, scrisse altri lavori teatrali che vennero rappresentati a Padova (L’eredità, Il cappello parlante) e poi al teatro S. Luca di Venezia (La sposa di provincia, Cansignorio, I figli del sole e Gli amori di Enrico IV). La sua produzione più feconda va dal 1787 al 1791, quando si trovò a Venezia agli stipendi del capocomico Giuseppe Pellandi. Per questa compagnia scrisse una cospicua serie di opere, tra cui: nel 1787-88, I falsi galantuomini, Avviso a’ mariti, Non contar gli anni a una donna (1787-88); nel 1789, Avviso alle mogli, La maschera, Un riparo peggior del male; nel 1790, I pregiudizi dei paesi piccoli, ossia Lo scultore e il cieco, Illusione e verità, Errori di un padre e di un figlio, La vedova di prima notte; nel 1791, La cambiale di matrimonio, Il tempo e la ragione.
Fu colpito da un’improvvisa tisi nel 1791 e fu costretto a ritirarsi con la famiglia a Padova. Ridotto in condizioni economiche precarie, ebbe la fortuna di godere dell’incoraggiamento di un colto mecenate padovano, Francesco Barisan, che aveva allestito una piccola compagnia presso un teatrino della sua villeggiatura di Castelfranco. Per lui e per altre compagnie scrisse la maggior parte delle sue opere tra il 1792-95: Il cavalier Baiardo, Le lagrime d’una vedova, Il quartiere d’inverno, Il trionfo d’Imeneo, Il medico dell’anno 1741, L’avventuriero notturno e così via. Nel 1796 fu assunto dalla migliore compagnia teatrale del suo tempo, quella di Antonio Goldoni, che operava nel teatro di San Luca in Venezia. Per questo nuovo rapporto scrisse diverse altre opere, anno dopo anno, fino alla morte: nel 1796, La vendetta d’un padre, Il buon giudice; nel 1797, Il prestigio dell’oro, La figlia del fabbro; nel 1798, Alessandro de’ Medici primo duca di Firenze, La pace di Pruth, Caterina I, Amedeo IX duca di Savoia, La dieta degli Ungheri; nel 1799, La cieca nata, Il delatore; nel 1800, Solimano il Magnifico, Il pericolo, Genserico in Roma ovvero I Vandali; nel 1801, Le risse del matrimonio; nel 1802, Metastasio, I vecchi.
Il contratto con la compagnia Goldoni si protrasse per circa sei anni, fino a quando il commediografo fu colto nuovamente da tabe polmonare e morì il 23 dicembre 1802.
Viassolo fu certamente uno dei più fecondi e celebri drammaturghi del suo tempo, nonché il più applaudito sulle scene italiane, cultore di quella tradizione della comédie larmoyante che aveva i suoi ascendenti nel teatro francese. Da un punto di vista tecnico si servì, abusandone ma sempre con efficacia, di un tipico colpo di scena, la ‘sbottonatura’, l’espediente con cui un virtuoso rappresentante della giustizia teatrale svelava la sua vera identità in uno degli atti finali del dramma, nel momento di massima tensione della storia, per risolvere la situazione di stallo e ristabilire l’ordine delle cose. Anche se le sue opere rimasero a lungo sulle scene, Viassolo non è ricordato per avere scritto capolavori: vi sono stati evidenziati, da un parte, gli aspetti filantropici e di edificazione civica, ma dall’altra anche gli eccessi di sentimentalismo e l’ampollosità delle sentenze morali, e soprattutto il carattere schematico e forzato dei personaggi.
Opere. La prima raccolta a stampa di opere di Viassolo fu quella delle Commedie di carattere edita in sei volumi a Torino nel 1793: comprese ventiquattro commedie che, a insaputa dell’autore, erano state vendute dal capocomico Pellandi alla stamperia Mairesse; fu seguita da diverse ristampe. Solo nel 1801 Viassolo si decise a sistemare i propri lavori con l’edizione delle Opere teatrali edite ed inedite di Cammillo Federici per la prima volta pubblicate e corrette da lui medesimo, ma la morte interruppe il progetto quando era giunto al quarto tomo (con l’editore Giuseppe Penada di Padova); l’impresa fu ripresa e condotta a termine dal veneziano Antonio Zatta che diede alle stampe a Venezia altri dieci tomi nel 1804; l’edizione più completa fu poi quella in diciassette tomi stampata a Venezia da Pietro Bettini tra il 1818 e il 1819, con sessantanove opere: Collezione di tutte le opere teatrali del signor Camillo Federici coll’aggiunta di alcune non ancora pubblicate colle stampe. In seguito: Collezione di tutte le opere teatrali del Signor Cammillo Federici (I-XXVI, Firenze 1826-1827); Commedie scelte di Camillo Federici torinese (Milano 1828); Commedie scelte (I-IX, Torino 1831-1834).
Fonti e Bibl.: F. Bartoli, Notizie istoriche de’ comici italiani. Tomo primo, Padova 1781, pp. 239-244; J.C.L. Simonde de Sismondi, De la littérature du midi de l’Europe, II, Paris 1813, pp. 410-417; F. Salfi, Saggio storico-critico della commedia italiana, Milano 1829, pp. 58 s.; M. Paroletti, Viaggio romantico, II, Torino 1832, pp. 117 s., 159 s.; A. Neu Mayr, Notizie biografiche di Camillo Federici, in E. De Tipaldo, Biografia degli italiani illustri, V, Venezia 1837, pp. 346-352; N. Tommaseo, Dizionario estetico, Venezia 1840, pp. 157 s.; T. Vallauri, Storia della poesia in Piemonte, II, Torino 1841, pp. 140-147, 367; S. Visconti, Biographie universelle, XIII, Paris 1855, pp. 480-482; C. Ugoni, Camillo Federici: vita e opere, in Della letteratura italiana nella seconda metà del secolo XVIII, II, Milano 1856, pp. 439-489; G. Rovani, Storia delle lettere e delle arti in Italia, III, Milano 1857, pp. 474-480; C. Cantù, Della letteratura italiana: esempi e giudizi, II, Napoli 1859, p. 96; N. Tommaseo, Federici Camillo, in Dizionario d’estetica, II, Milano 1860, p. 119; V. Zitta, Camillo Federici di Garessio, Torino 1875; E. Masi, Giovanni de Gamerra e i drammi lagrimosi, in Sulla storia del teatro italiano nel secolo XVIII, Firenze 1891; L. Rasi, I comici italiani, biografia, bibliografia, iconografia, I, Firenze 1894, p. 943; P. Baretta, Camillo Federici e il suo teatro, Vicenza 1903; G. Roberti, Un commediografo dimenticato: Camillo Federici, in L’illustrazione italiana, XXX (1903), 2, pp. 36 s.; G. Roberti, P. Baretta: Camillo Federici e il suo teatro, in Giornale storico della letteratura italiana, XLIV (1904), pp. 474 s.; A. Cotta, Camillo Federici e il suo teatro, Assisi 1906; L. Stivanello, Un commediografo dimenticato, in Ateneo veneto, XXXII (1909), pp. 131-139; E. Malvano, La fortuna d’una teoria drammatica in Italia, in Giornale storico della letteratura italiana, CV (1935), pp. 60-103; G. Mazzoni, L’Ottocento, in Storia letteraria d’Italia, I, Milano 1953, pp. 131-193; M. Aimo, Federici, Camillo, in Enciclopedia dello spettacolo, V, Roma 1958, pp. 113 s.; C. De Michelis, Letterati e lettori nel Settecento veneziano, Firenze 1979, ad ind.; A. Paladini Volterra, Verso una moderna produzione teatrale, in Quaderni di teatro, V (1983), pp. 329-334; R. Turchi, La commedia italiana del Settecento, Firenze 1985, pp. 329-334; G. D’Agostino, Per un’edizione critica di “Le lagrime d’una vedova” di Camillo Federici, in Italica, LXXXV (2008), 2-3, pp. 133-150; P. Senna, Un restauro dapontiano: le “Preghiere” viennesi (1783), in Studi sul Settecento e l’Ottocento, X (2015), pp. 91-107.