Berchet, Giovanni
Poeta, letterato, traduttore, patriota e politico (Milano 1783 - Torino 1851). Il suo testo più noto, Sul «Cacciatore feroce» e sulla «Eleonora» di Goffredo Augusto Bürger. Lettera semiseria di Grisostomo al suo figliuolo, contiene un significativo accenno ai Discorsi sopra la prima deca di Tito Livio e alla loro ricezione. Grisostomo, la voce che parla nella Lettera, per tutta l’operina finge di educare il proprio figlio ai nuovi ideali della letteratura romantica italiana (i quali di lì a poco avrebbero costituito la base fondativa del «Conciliatore» di Milano), ma nel finale rivela con effetto a sorpresa (e adottando un punto di vista opposto a quello dell’autore, capofila del movimento romantico) di essere in verità un classicista. Ammette di aver fino a quel punto scherzato e attacca «certi lilliputi [nanerottoli] nostrali» che, «non trovando altro modo a scuotersi giù dalle spalle l’oscurità, si dànno a parteggiare nel seno della cara patria, e ripetono per le contrade della cara patria la sentenza universale d’Europa contro la cara patria nostra» (Lettera semiseria, a cura di A. Cadioli, 1992, p. 117): tali «lilliputi» sono i letterati romantici, «degeneri figli dell’Italia», che sussurrano «all’orecchio» degli stranieri e dei giovani italiani ancora in via di formazione (come appunto il suo «figliuolo») delle vere e proprie «bestemmie» contro la società italiana coeva, poiché di essa denunciano l’arretratezza e il provincialismo culturali dovuti in primo luogo al predominio, tuttora saldo, degli arcadici, dei cruscanti e dei classicisti.
I «lilluputi» romantici – fra i quali, lo ripetiamo, lo stesso B. autore della Lettera – sono convinti che la denuncia dei limiti della letteratura italiana di primo Ottocento sia il passaggio obbligato per una sua rigenerazione:
la confessione de’ propri difetti – dice Grisostomo – è indizio di generosità d’animo; [...] il nasconderli quando sono già palesi a tutti, è viltà ridicola; [...] il primo passo al far bene è il conoscere di aver fatto male; [...] questa conoscenza valse a’ Francesi il secolo di Luigi decimoquarto, alla Germania il secolo diciottesimo; [...] infine [...] anche Dante, anche il Petrarca e l’Ariosto e ’l Machiavello e l’Alfieri stimarono lecito lo scagliare invettive amare contro l’Italia (Lettera semiseria, cit., p. 118).
Grisostomo cita così in nota, a conclusione del suo ragionamento, passi celeberrimi della polemica anti-italiana di questi autori, a suo dire strumentalizzati ingiustamente, ora, dai romantici in sostegno della loro battaglia patriottica. Di M., Grisostomo richiama l’aspra critica in Discorsi I lv:
Machiavello: “Non si può sperare nulla di bene nelle provincie che in questi tempi si veggono corrotte, com’è l’Italia sopra tutte le altre; e ancora la Francia e la Spagna di tale corruzione ritengono parte”, ecc. Discorsi sop.[ra] T.[ito] L.[ivio], Lib.[ro] I, cap. 55 e passim passim passim su questo gusto (p. 118, nota asteriscata).
Bibliografia: Lettera semiseria. Scritti scelti di critica e di polemica, a cura di L. Reina, Milano 1977; Lettera semiseria. Poesie, a cura di A. Cadioli, Milano 1992.