GARGANO, Giovanni Bernardino
Nacque agli inizi del sec. XVI ad Aversa, nel Casertano, da una nobile famiglia che deteneva la signoria di Farignano e Casal di Principe. Sposò Geronima Sellarola ed ebbe numerosi figli: Ascanio, Muzio, Francesco e Stefano (questi ultimi due divennero monaci benedettini), Patrizia ed Eufemia (entrambe entrarono in convento).
Fu attivo nei gruppi napoletani che avevano iniziato una cauta ma consistente azione di diffusione del pensiero di Juan de Valdés, a Napoli dal 1535. Il G. risulta essere stato particolarmente presente ad Aversa, Caserta e Piedimonte. Si segnalò quando a Napoli e nel Regno, negli anni 1540-1560, si visse una stagione straordinariamente intensa dei movimenti vicini alla Riforma.
Oltre a Juan de Valdés, nel 1538 era a Napoli Marcantonio Flaminio; del 1540 è la predicazione quaresimale di Bernardino Ochino. A Napoli confluirono inoltre Pietro Carnesecchi, Vittore Soranzo, Donato Rullo, Lattanzio Rangoni, Apollonio Merenda, Iacopo Bonfadio. Il gruppo dei seguaci napoletani di Valdés si allargò ben presto a Pietro Antonio Di Capua, Giovanni Tommaso Sanfelice, Gian Francesco Alois, Ferrante Brancaccio.
Venne insomma a formarsi un vero e proprio movimento di cui era parte anche il G. che, d'altro canto, aveva rapporti con Galeazzo Caracciolo. Alla sua azione non può essere estraneo il fatto che dal 1540 a Caserta, patria dell'Alois e sede di interessi del G., fece "scuola a molti gentil'huomini" (Firpo, 1981, I, p. 227) l'agostiniano siciliano Lorenzo Romano, il quale faceva da collegamento tra i gruppi del Napoletano, dove fu attivo presso il convento ospizio di S. Maria di Loreto fuori Porta Nolana e quelli di Terra di Lavoro. Il Romano fece molti proseliti e nel 1552 fu processato nelle cattedrali di Napoli e Caserta e condannato alla pubblica abiura. Il processo contro Romano ebbe probabilmente come effetto la prima inquisizione contro il G., che si svolse agli inizi del 1552, coinvolse anche l'Alois e si concluse con l'abiura. Questi provvedimenti antiereticali si inserivano in un ampio disegno romano contro l'eresia in Campania, in primo luogo a Napoli e in Terra di Lavoro, le cui dimensioni dovevano apparire assai ampie agli occhi degli inquisitori, se si considera che anche Pietro Manelfi nel 1551 aveva segnalato una forte presenza di riformati nel Regno (cfr. C. Ginzburg, I costituti di don Pietro Manelfi, Firenze 1970, p. 68).
Una rinnovata e più repressiva attività del tribunale dell'Inquisizione nel Regno si ebbe nel 1560, con il massacro dei valdesi in Calabria e poi ancora nel 1562, quando al posto di Giulio Pavesi fu nominato ministro delegato per il S. Ufficio a Napoli Giovanni Luigi Campagna, vescovo di Montepeloso, al quale era stata attribuita anche la carica di vicario di Alfonso Carafa, arcivescovo di Napoli. Alla fine del 1562 il G. e l'Alois furono incarcerati e condotti a Roma, mentre altri componenti i gruppi riformati, come Pietro Antonio Cirillo, si diedero alla fuga. Il G. e l'Alois furono tra i primi inquisiti dal vicario Campagna e a seguito delle loro deposizioni venne ben presto coinvolto anche il medico e filosofo Bartolomeo Maranta da Venosa. Inoltre, l'Alois fece delle clamorose rivelazioni sulle opinioni "luterane" di ben undici tra vescovi e arcivescovi del Regno (G. Valdesso, Le cento e dieci divine considerazioni, a cura di E. Böhmer, Halle 1860, pp. 599-603).
Al termine del processo, il 1° marzo 1564, il G. e l'Alois vennero condannati per eresia dal tribunale ecclesiastico napoletano e giudicati relapsi ("recidivi"). Consegnati al braccio secolare, il 4 marzo 1564 furono giustiziati a Napoli in piazza del Mercato e i loro corpi arsi di fronte a una folla accorsa numerosa. Secondo il racconto di Giulio Antonio Santoro, il futuro cardinale di Santa Severina e a quel tempo collaboratore del vicario Campagna, "l'Alois sostenne la morte con animo costante, sedato et forte et pareva molto contrito, ma il Gargano nell'andare a morte mostrò viltà" (Persecutione…, c. 142r).
A dispetto delle ottimistiche informazioni rese dal viceré a Filippo II di Spagna, secondo le quali "la gente nobile del popolo avevano mostrato gran contentezza" (Amabile, 1981, p. 272) per il supplizio dei due eretici, l'esecuzione esasperò un clima esistente in città almeno dal febbraio, quando il "seggio" di Porta Capuana, deplorando la severità del Campagna, aveva sollecitato il viceré a esigere che i processi degli inquisiti avessero luogo a Napoli e non a Roma. Inoltre, sempre forte era il timore che dietro lo schermo dell'Inquisizione romana (coperta a sua volta dall'Inquisizione diocesana) in realtà agisse l'Inquisizione spagnola.
Ad aggravare la situazione contribuì un editto del Campagna che, quattro giorni dopo l'esecuzione del G. e dell'Alois, disponeva la confisca dei beni dei due eretici. Venne inoltre proclamata l'incapacità dei loro figli a succedere nel possesso di beni, uffici e dignità.
Il seggio di Porta Capuana fu ancora il primo a protestare presso il viceré contro questi ulteriori provvedimenti che colpivano anche persone estranee all'azione giudiziaria, chiedendo, con deliberazione dell'11 marzo, la rimozione del vicario generale dal suo ufficio e la revoca delle confische da lui intimate in contrasto con il breve di esenzione emesso dal pontefice Giulio III il 7 apr. 1554. Il clima in città nel frattempo si era surriscaldato e una sollevazione armata sembrava possibile da un momento all'altro. Il Campagna fu costretto ad abbandonare Napoli e lo stesso Santoro, rimasto solo in città, si sentì minacciato. La temuta rivolta però non esplose e la città inviò a Madrid l'ambasciatore Paolo Burali d'Arezzo, preposto della casa dei teatini di Napoli, affinché sostenesse l'applicazione del breve di Giulio III sulla dispensa dalla confisca dei beni degli eretici. Il Burali partì da Napoli ai primi di luglio del 1564 giungendo nel settembre a Madrid dove incontrò Filippo II, ottenendo però solo generiche rassicurazioni. La memoria dell'esecuzione dei due eretici rimase viva a Napoli, tanto che nel marzo 1565, in occasione del primo anniversario della loro tragica morte, si registrarono in città altri momenti di tensione.
Quanto la preoccupazione dell'Inquisizione per l'esistenza di gruppi riformati in Terra di Lavoro fosse forte ancora qualche anno dopo l'esecuzione del G. è attestato dal fatto che il 9 apr. 1568 Endimio Calandra, durante gli interrogatori svolti a Mantova, venisse sollecitato a dare risposte sui suoi contatti con ambienti ereticali nella diocesi di Caserta (S. Pagano, Il processo di Endimio Calandra, Città del Vaticano 1991, p. 312).
Nel 1579 i figli del G. e dell'Alois, furono graziati dalle pene accessorie comminate ai padri; ottennero dunque nel 1581 un breve dal pontefice Gregorio XIII che permetteva loro di succedere alla madre in quanto il G. e l'Alois, pur se condannati per eresia, erano morti cattolicamente.
Fonti e Bibl.: Bibl. apost. Vaticana, Barb. lat. 4592, cc. 139-159: Persecutione eccitata al signor Santorio che fu poi cardinale et fu detto il cardinale di Santa Severina; ibid., cc. 129-138: Estratto da diarij del signor Giulio Santorio in Napoli che poi fu fatto cardinale et detto cardinale di Santa Severina; Napoli, Archivio storico diocesano, Sant'Ufficio, Carte non inventariate, [Giuseppe Valletta] Intorno al procedimento ordinario e canonico delle cause che si trattano nel Tribunale del Santo Ufficio nella città e Regno di Napoli; Ibid., Biblioteca della Società napoletana di storia patria, Mss. XXIII, D.4, c. 38 (descrizione del supplizio); P. Giannone, Dell'istoria civile del Regno di Napoli, Napoli 1723, IV, pp. 82 s.; G. Cugnoni, Autobiografia di monsignor Giulio Antonio Santori cardinale di Santa Severina, in Archivio della Società romana di storia patria, XII (1889) pp. 327-372; XIII (1890), pp. 151-205; L. Amabile, Il Santo Officio della Inquisizione in Napoli, Città di Castello 1892, I, pp. 268, 271; B. Amante, Giulia Gonzaga contessa di Fondi e il movimento religioso femminile nel secolo XVI, Bologna 1896, p. 88; G. Cappelletti, Gianfrancesco Alois e l'agitazione napoletana dell'anno 1564 contro la S. Inquisizione, Urbino 1913, p. 29; A. Borzelli, 1564: Giovan Francesco de Alois fatto morire in piazza Mercato, Napoli 1940; M. Rosa, Alois, Gian Francesco, in Diz. biogr. degli Italiani, II, Roma 1960, p. 516; R. De Maio, Alfonso Carafa cardinale di Napoli (1540-1565), Città del Vaticano 1961, p. 169; B. Nicolini, Aspetti della vita religiosa, politica e letteraria del Cinquecento, Bologna 1963, pp. 131-133; E. Pontieri, L'agitazione napoletana del 1564 contro il tribunale dell'Inquisizione e la missione del teatino Paolo Burali d'Arezzo presso Filippo II, in Id., Nei tempi grigi della storia d'Italia, Napoli 1966, pp. 197-246; B. Nicolini, Studi cinquecenteschi, I, Ideali e passioni nell'Italia religiosa, Bologna 1968, pp. 22-24; M. Miele, La penetrazione protestante a Salerno verso la metà del Cinquecento secondo un documento dell'Inquisizione, in Miscellanea Gilles Gérard Meersseman, Padova 1970, II, pp. 829-848; C. De Frede, Pomponio Algeri nella riforma religiosa del Cinquecento, Napoli 1972, p. 205; L. Osbat, L'Inquisizione a Napoli. Il processo agli ateisti 1688-1697, Roma 1974, p. 26; P. Lopez, Inquisizione, stampa e censura nel Regno di Napoli tra '500 e '600, Napoli 1974, p. 50; Id., Il movimento valdesiano a Napoli. Mario Galeota e le sue vicende col Sant'Uffizio, Napoli 1976, pp. 87 ss.; M. Firpo, Il processo inquisitoriale del cardinal Giovanni Morone, Il Compendium, Roma 1981, I, pp. 227-229; Id., Tra alumbrados e "spirituali". Studi su Juan de Valdes e il valdesianesimo nella crisi religiosa del '500 italiano, Firenze 1990, pp. 15 ss.; R. Canosa, Storia dell'Inquisizione in Italia dalla metà del Cinquecento alla fine del Settecento: Napoli e Bologna, la procedura inquisitoriale, V, Roma 1990, pp. 19 ss.; M. Firpo, Inquisizione romana e Controriforma. Studi sul cardinal Giovanni Morone e il suo processo di eresia, Bologna 1992, p. 170; P. Scaramella, "Con la croce al core". Inquisizione ed eresia in Terra di Lavoro (1551-1564), in Campania sacra, XXV (1994), pp. 173-268.