BERTACCHI, Giovanni
Nacque a Chiavenna (Sondrio) il 9 febbr. 1869, da Giuseppe e da Teresa Morelli, ambedue di famiglia artigiana, e qui trascorse l'intera giovinezza. A Chiavenna nel 1888 pubblicò con lo pseudonimo di Ovidius la sua prima raccolta di Versi,in cui è evidente l'influsso del Carducci.
Nel 1892 si laureò all'Accademia scientifico-letteraria di Milano, con una tesi su La Raccolta giuntina di rime antiche. Un suo studio sulle Rime di Dante da Maiano venne premiato nel 1895 dalla Accademia, stessa. Nello stesso anno apparve a Milano il Canzoniere delle Alpi, raccolta di versi, in cui si manifestano le più genuine doti del poeta. Aveva intanto cominciato la sua attività di docente di lettere nei ginnasi al collegio Longone. Nel 1898, in seguito ai moti sociali, a cui aveva preso attivamente parte, fu costretto a rifugiarsi per alcuni mesi in Svizzera, nella Vai Bregaglia (Grigioni).
I mesi di esilio furono, come il B. stesso dichiara in una sua Memoria, solo in parte edita, determinanti ai fini della sua maturazione politica ed artistica. Qui infatti riprese ed approfondì lo studio di Mazzini, già iniziato nella giovinezza, e che diverrà componente fondamentale del suo pensiero politico e sociale, e diede stesura definitiva ai Poemetti lirici (Milano 1898), in cui per la prima volta appaiono nella sua poesia i temi del progresso e del riscatto dell'uomo nell'affrancamento dalla miseria e nella libertà.
Tornato a Milano, riprese l'insegnamento nei ginnasi fino al 1916, anno in cui venne chiamato alla cattedra di letteratura italiana dell'università di Padova.
Nel 1900 il B. aveva pubblicato a Milano un saggio su Il pensiero sociale di G. Mazzini nella luce del materialismo storico, in cui non è difficile individuare temi politici molto vicini al socialismo umanitario e sentimentale del Pascoli. Del resto, dopo la giovanile adesione al Carducci, già dalle Liriche umane (Milano 1903) è possibile riconoscere nell'opera poetica del B. una sempre più netta presenza di temi e ritmi pascoliani, soprattutto nel senso dell'intima innocenza dell'uomo, dell'umiltà del poeta di fronte al mistero della natura, nel gusto vivo e commosso della vita semplice. Queste analogie, che nascono da notevoli affinità di temperamento e di formazione umana e culturale, si accentuano nelle raccolte di versi del B. degli anni immediatamente successivi, Le malie del passato (Milano 1905) e Alle sorgenti (Milano 196), in cui, seppure in toni minori, egli si fa interprete di un disagio tipico della cultura del suo tempo, del dissidio cioè tra il legame affettuoso e nostalgico con una mitica sanità rurale e artigiana e l'esaltazione sincera, anche se confusa, del progresso inteso come riscatto sociale dell'uomo. Dall'intimo dissidio nascono una serie di ambiguità nel comportamento politico ed umano del B., altrimenti difficilmente comprensibili. è il caso del suo atteggiamento a proposito della guerra di Libia, a favore della quale prese posizione in una conferenza al Teatro alla Scala di Milano il 4 apr. 1912, e che tuttavia gli ispirava nello stesso anno la raccolta di poesie A fior di silenzio (Milano 1912), in cui si accentuano i toni crepuscolari ed umanitari, l'esaltazione della pietà contro la violenza, e da cui traspare un senso di rispetto per quelli che al B. appaiono, più che nemici, avversari creati da una ineluttabile necessità storica.
Negli anni successivi il B. si dedicò quasi esclusivamente al suo compito di critico e di docente universitario. Sono di questo periodo i suoi studi su Dante (Ore dantesche, Milano 1914) e su Leopardi (Un maestro di vita, Bologna 1917). Solo nel 1921 egli riprese la sua attività di poeta con una raccolta, Riflessi di orizzonti, pubblicata a Milano, in cui i temi consueti della sua poesia tendono ad esprimersi in ritmi meno abbandonati e più complessi.
L'avvento del fascismo non faceva che accentuare il progressivo isolarsi umano e culturale del B., che nel 1929 pubblicò la sua ultima opera, Il perenne domani,che raccoglie una serie di poesie ispirategli dai suoi viaggi a Napoli, in Grecia e in Palestina. Nel 1938 abbandonò volontariamente l'insegnamento universitario, prendendo per la prima volta posizione ufficiale contro il regime. Morì a Milano il 24 nov. 1942.
Si ricordano del B. anche Marmi vessilli e eroi, Milano 1914; Mazzini, ibid. 1920; Poesie, Sondrio 1964, con pres. di F. Flora.
Bibl.: A. Graf, Anime di poeti,in Nuova Antologia, 1°apr. 1904, pp. 403-420; E. Cecchi, Studi critici, Ancona 1912, pp. 321-328; A. Martinazzoli, La lirica di G. B., Milano 1915; L. Tonelli, G. B., in Italia che scrive, XII(1929), pp. 257 s.; A. Galletti, Il Novecento, Milano 1935, pp. 256-60; M. Borsa, G. B. negli anni della sua giovinezza, Varese 1943; F. Flora, Inostri morti, in Corriere d'informazione (Milano), 20 nov. 1945; L. Medici, G. B…,Milano 1946 (contiene numerosi brani della Memoria del B.); E. M. Fusco, La lirica, Milano 1950, pp. 297-300; C. Marchesi, G. B., in Divagazioni, Venezia 1951, pp. 121-132; E. Mazzali, Poeti e letterati in Valtellina e Valchiavenna, Sondrio 1954, pp. 137-92; E. Mazzali, G. B., in I Minori, IV, Milano 1962, pp. 3427-39.