BERTINI, Giovanni
Nacque a Prato il 24 maggio 1878, dodicesimo figlio di genitori piissimi e modesti. Compiuti gli studi inferiori al collegio "Cicognini" di Prato, fece gli studi universitari presso l'università di Firenze, dove conseguì la laurea in giurisprudenza. Fin dai prirnissimi anni del secolo, ancora giovanissimo e studente universitario, si orientò verso il movimento sociale cristiano di Giuseppe Toniolo; fu tra i primi ad aderire alla democrazia cristiana capeggiata da Romolo Murri, nella quale si distinse per la sua notevole attività propagandistica, soprattutto a Bologna, dove in seguito fissò la sua residenza, nell'Emilia, in Toscana, nelle Marche e nel Lazio. Collaborò nello stesso periodo ai più importanti giornali democristiani, in particolare al Domani d'Italia ed alla Cultura sociale, svolgendo, tra l'altro, anche una notevole attività nel settore municipalista, sia sostenendo i principi di libertà ed autonomia dei comuni e degli enti locali, sia prendendo parte attiva alle lotte elettorali amministrative, nelle quali riuscì due volte eletto, dapprima nel consiglio provinciale di Prato ed in seguito in quello di Firenze.
Nel 1904, all'indomani dello scioglimento dell'Opera dei congressi, sostenne la tesi dell'autonornia e dell'aconfessionalità della democrazia cristiana in una serie di articoli comparsi sulla Cultura sociale, dai titolo Posizione nette (10 ag.-16 sett. 1904). Sostenne anche la necessità di una distinzione "fra giurisdizione ecclesiastica e attività civile, fra obbedienza obbligatoria di fedeli e adesione libera di cittadini". Il B. fu tra i promotori, alla fine del 1905, della Lega democratica nazionale, del cui consiglio direttivo fece parte sino al 1908. Nel novembre del 1910 partecipò al congresso cattolico che si svolse a Modena. Ivi presentò un ordine del giorno in cui si facevano voti affinché si venisse sempre "meglio determinando la fisionomia sociale e l'iniziativa democratica dei cattolici italiani nel campo della vita pubblica".
Nelle elezioni politiche del 1909 si presentò, come candidato cattolico, nel collegio di Vergato (Bologna), ma fu sconfitto, ottenendo appena centotrentuno voti. Maggior fortuna ebbe invece nelle elezioni del 1913, le prime a suffragio universale, nelle quali riuscì eletto nel collegio di Senigallia.
Allo scoppio dei primo conflitto mondiale il B. si schierò tra i neutrafisti. Nella discussione che si chiuse alla Camera il 5 dic. 1914 con il voto sulla neutralità, fu tra i firmatari, unitamente a Meda, Micheli, Cameroni, Longinotti, Rodinò, Miccichè e Tovini, di un ordine del giorno in cui si sosteneva che gli interessi nazionali assegnavano "all'Italia una posizione di neutralità tra gli Stati belligeranti". Nello stesso periodo fu tra i redattori, con Meda, Micheli, Longinotti e Rodinò, della rivista Politica nazionale.
Il B. fu tra i promotori del partito popolare italiano: partecipò nel novembre 1918 alla piccola costituente del partito, nella sede dell'Unione romana, in via dell'Umiltà a Roma, e fu tra i firmatari dell'appello "ai liberi e forti": prese parte attiva al primo congresso del partito, tenutosi a Bologna nel giugno 1919, ed entrò a far parte del consiglio nazionale dei partito, divenendone uno dei maggiori esponenti. Nelle elezioni politiche dei 1919 venne eletto deputato nella circoscrizione di Ancona-Pesaro-Urbino, che lo riconfermò anche per la successiva legislatura, nelle elezioni del 1921.
Nel 1920 Nitti lo chiamò a far parte del suo terzo ministero, affidandogli la carica di sottosegretario ai Lavori Pubblici, e, nel successivo gabinetto, Giolitti lo chiamò alla carica di sottosegretario all'Agricoltura. Nel primo e secondo ministero presieduto dal Facta, gli venne affidato il portafoglio dell'Agricoltura. Avversò il fascismo sin dal suo sorgere. Nell'ottobre del 1922 fu tra i ministri che, con Amendola, all'annuncio della marcia su Roma, si adoprarono perché fosse firmato dal re lo stato d'assedio. Dopo l'avvento al potere di Mussolini e l'instaurazione del regime, abbandonò l'attività politica attiva dedicandosi alla sua professione di avvocato, ed emergendo come capace penalista.
In questo periodo scrisse anche alcune opere, come S. Caterina de' Ricci, con lettere inedite della santa (Firenze 1935) e Cesare Guasti nel pensiero e nella vita (Roma 1938); successivamente tradusse e scrisse la prefazione al volume di F. Channot, La dottrina spirituale degli uomini d'azione (Firenze 1946).
Dopo la liberazione riprese l'attività politica nella democrazia cristiana. Nel 1946 Firenze lo elesse deputato alla Costituente, in seno alla quale fu nominato presidente della giunta per le elezioni. Nelle elezioni amministrative del 1946 fu tra i primi eletti nella lista democristiana di Bologna, ma rinunciò a tale carica per aderire al desiderio dei suoi amici di Prato che lo avevano eletto consigliere comunale in quella città. Frattanto, avendo conseguito per quattro volte il mandato parlamentare, fu nominato senatore di diritto nel primo Senato della Repubblica. La sua attività si esplicò soprattutto alla commissione giustizia.
Morì a Bologna il 29 dic. 1949.
Bibl.: Argo, I deputati popolari nella XXV legislatura, Bologna 1920, passim; G. De Rossi, Il partito popolare italiano dalle origini al congresso di Napoli, Roma 1920, passim; necrologio in Il Popolo, 30 dic. 1949; Senato della Repubblica, In memoria del senatore G. B., seduta del 31 genn. 1950, Roma 1950; G.Candeloro, Il movimento cattol. in Italia, Roma 1953, ad Indicem; F. Magri, L'Azione cattol. in Italia, I, Milano 1955, ad Indicem; L. Ambrosoli, Il primo movimento democratico cristiano in Italia, Roma 1958, pp. 89, 116; B. Brogi, La Lega democratica nazionale, Roma 1959, passim; A. Prandi, La guerra e le sue conseguenze nel mondo cattol. italiano, in Benedetto XV, i cattolici e la prima guerra mondiale, Atti del convegno di studio tenuto a Spoleto nei giorni 7-8-9, sett. 1962, Roma 1963, ad Indicem; G. De Rosa, Storia del movimento cattolico in Italia, Bari 1966, 1-11, ad Indicem.