BIRAGO, Giovanni
Nacque in data imprecisata nella seconda metà del sec. XV, da Guidazzo e Caterina di Lancellotto Reina. Abbracciò il mestiere delle armi e militò nell'esercito francese. Nella primavera del 1519 compare per la prima volta nelle fonti come capitano di fanteria al seguito del Lautrec, supremo comandante dell'esercito francese in Lombardia. Nel settembre dello stesso anno risulta impegnato in un'operazione di rastrellamento dei fuorusciti ghibellini. La scelta del B., guelfo arrabbiato, dominato da un odio incontenibile verso la fazione avversa, dovette riuscire assai felice, se si ripeté ancora due anni dopo, nel settembre del 1521, quando fu mandato con seicento cavalli a Fardella a snidarvi un gruppo di fuorusciti che vi si erano concentrati. Le sorti della guerra volgevano però decisamente a favore dei collegati, pontifici e imperiali, che nel novembre del 1521 misero in rotta i Francesi e occuparono Milano, restaurandovi il dominio sforzesco. Il B. continuò a militare dalla parte francese, accettando la condizione del fuoruscito. Il governo di Francesco II Sforza, rappresentato dal luogotenente ducale Gerolamo Morone, il 7 genn. 1522 emanò un bando col quale confiscava i beni ai fuorusciti filofrancesi, dichiarati ribelli al dominio ducale. Nell'elenco annesso al bando figurava il nome del B., accanto a quello di molti suoi parenti.
Verso la fine del 1521 il B. era stato nominato governatore di Alessandria, che doveva tenere fino all'arrivo dei rinforzi inviati dalla Francia alle truppe che ancora presidiavano alcune zone della Lombardia. Ma non gli riuscì di tenerla a lungo: il 18 febbr. 1522 i fuorusciti alessandrini di parte ghibellina, guidati da Giovanni Sassatelli e sostenuti da contingenti militari dei collegati, effettuarono un ardito colpo di mano sulla città. Al B. non restò che salvarsi con la fuga, abbandonando la città ai fuorusciti ed ai collegati, i quali, sopraggiunti, la misero a sacco. Riuniti però i soldati dispersi, riprese di lì a poco il controllo del contado alessandrino, dove condusse un'abile e continua azione di disturbo a danno dei collegati, sfuggendo agli imperiali che gli davano la caccia, mentre, affluiti in Lombardia i rinforzi, l'esercito francese sotto il comando del Lautrec riprendeva le operazioni in grande stile e poneva l'assedio a Milano e a Pavia. Il 24 marzo 1522 fu segnalata agli imperiali la presenza del B. a Bassignana con trecento fanti e duecento cavalli. Accorse subito un distaccamento spagnolo, ma egli riuscì a portare i suoi uomini in salvo.
La sconfitta della Bicocca del 27 apr. 1522 provocò la dissoluzione dell'esercito francese, ma il B. restò nell'Alessandrino, continuando la guerriglia da solo, in attesa di un ritorno in forze dei Francesi che non doveva tardare troppo. Nell'estate del 1523, mentre si annunziava la discesa in Italia di un potente esercito francese, il B. si unì a Galeazzo Birago, suo parente, e lo coadiuvò nel colpo di mano su Valenza. Occupata la cittadina insieme con un gruppetto di fuorusciti milanesi e a pochi soldati francesi, i due Birago si disponevano ad attendere l'arrivo dell'esercito di Francesco I. Ma il tradimento del connestabile di Borbone, passato a Carlo V, ritardò la spedizione e il piccolo presidio di Valenza, dopo due giorni di resistenza, dovette cedere all'attacco in forze scatenato dal condottiero imperiale Antonio De Leyva, accorso immediatamente alla testa di buon nerbo di fanti e cavalli leggeri. Ai primi di settembre del 1523 il B. cadde prigioniero degli Spagnoli insieme con Galeazzo. Si riscattò pagando una taglia di 8.000 ducati, non senza difficoltà, perché gli Spagnoli, che l'avevano catturato, non volevano accettare la somma, e lo condussero anzi a Milano, dove intervenne lo stesso duca Francesco II a comporre la vertenza.
Riacquistata la libertà, il B. raggiunse l'esercito francese, che nel frattempo era disceso in Lombardia, e il 4 dic. 1523 era a Vigevano alla testa di centocinquanta cavalli leggeri. L'anno seguente, nel marzo del 1524, riapparve a Sartirana al comando, insieme con Ugo Pepoli, di duecento cavalli leggeri e di seicento fanti. Assalito da preponderanti forze imperiali, si ritirò nella rocca e dopo una disperata resistenza fu costretto a cedere, mentre i soccorsi francesi erano già a Mortara. Penetrati d'assalto nella rocca, i soldati imperiali passarono a fil di spada il debole presidio stremato dalla difficile resistenza. Il B. fu preso prigioniero e salvato a stento dalla furia dei soldati che volevano la sua testa. Riacquistò la libertà, pagando con tutta probabilità una grossa somma per il riscatto come già nel 1523: nel marzo del 1525 era di nuovo in Piemonte. La dura sconfitta subita dai Francesi a Pavia lo lasciò libero di dedicarsi alla sua attività preferita: alla testa di un buon nerbo di armati, in prevalenza fuorusciti milanesi, e mantenendosi sempre su un terreno che controllava perfettamente sia per la grande conoscenza dei luoghi sia per l'appoggio della popolazione vessata con ogni sorta di estorsioni dalle truppe imperiali, il B. scatenò una feroce guerriglia che costò assai cara agli imperiali. Dal marzo del 1525 al settembre del 1526 fu un continuo succedersi, con qualche interruzione, di scorrerie e colpi di mano, di scontri in campo aperto, assedi, imboscate in cui riuscì sempre vincitore, dimostrando eccezionale abilità di capitano e assoluta padronanza della nuova tattica italiana, cosiddetta risolutivo-distruttiva, fatta di rapide azioni d'urto, violente e decisive. Dopo questa serie di successi si recò in Francia e vi restò per tutta l'estate del 1525, procurandosi forse l'aiuto della corte francese che organizzava la rivincita di Pavia. Verso la fine del settembre del 1525 ritornò in Piemonte e in un primo scontro con gli imperiali fece strage di fanti spagnoli. Si diresse quindi verso Saluzzo e incontrate alcune compagnie di lanzichenecchi le assalì e le sbaragliò, catturando tre o quattro dei loro capitani. Il 3 ottobre si ritirò a Castel Rivel e vi si fortificò con duecento "schiopetieri" e quattrocento fanti. Quindi occupò Carmagnola, che diventò la base principale delle sue scorrerie e il centro di raccolta dei fuorusciti milanesi.
Il B. si era legato strettamente al marchese di Saluzzo Michele Antonio e alla madre Margherita di Foix, che aveva il governo effettivo del marchesato. Presto divenne il principale consigliere e il braccio destro della marchesa, nota per la sua costante devozione alla corte di Francia. Quando nel 1526 Margherita di Foix venne ai ferri corti col suo secondogenito, Giovanni Ludovico, che si era dichiarato per Carlo V, lo fece arrestare e rinchiudere nel castello di "Revelo" proprio dal B., come riferisce un cronista saluzzese. Gli stretti rapporti con la marchesa di Saluzzo rafforzarono ancor più la posizione del B., che nel gennaio del 1526 riprese le ostilità contro gli imperiali. Ai primi di marzo assaltò il marchese del Vasto a Vigevano, costringendolo a ritornare a Milano, e nel giugno si appostò sulle linee di comunicazione tra Genova e la Lombardia, e impedì al capitano Aldana di andare a rilevare a Genova un contingente spagnolo, e lo costrinse a ritirarsi ad Alessandria. Nel luglio, "avendo trovato in quelli confini da zerca 400 fanti spagnoli del viceré, stati a la guardia di questa Maestà che ritornavano a Milan, et li ha rotti, li quali ha morti da 250..." (Sanuto, XLII, col. 302).
L'incredibile serie di successi conseguiti dal B. finì col destare le più serie preoccupazioni nei condottieri imperiali, che decisero di organizzare una grossa spedizione. Il 17 agosto del 1526 egli aveva occupato Valenza e Bassignana, e da questi due importanti capisaldi irradiava le sue scorrerie intese a sconvolgere le linee di comunicazione tra Genova e la Lombardia. A questo punto gli imperiali si mossero in forze e lo costrinsero a rinchiudersi a Valenza: il 24 agosto l'ambasciatore cesareo a Genova Lope de Soria scrisse a Carlo V che il B. era caduto nella trappola tesale da un grosso contingente spagnolo al comando di Fabrizio Maramaldo. La stessa gioia espresse a Carlo V l'abate di Nájera, annunciando l'invio di nuove truppe a Valenza. L'assedio di Valenza si protrasse per alcuni giorni, e il B., che era riuscito a procurarsi rinforzi, resistette splendidamente agli assalti del Maramaldo, che si ritirò a Bassignana. Il tentativo imperiale poteva considerarsi fallito: un esercito francese al comando del marchese Michele Antonio di Saluzzo era già in Piemonte e ai primi di settembre il B. poté raggiungerlo tra Asti e Alessandria. Ripresa la sua libertà di azione, ritornò alla sua abituale attività e il 17 settembre prese "Novi, loco di Zenoesi, et alcune artellarie che di Pavia venivano condutte a Zenoa" (Sanuto, XLII, col. 683).
È questa l'ultima impresa del B. di cui è rimasta traccia: a partire da questa data manca ogni ulteriore notizia su di lui. La data della sua morte non è nota, ma dovette cadere sicuramente di lì a poco.
Esponente del patriziato milanese, il B. fu tipico fuoruscito, dominato dalla concezione, tutta faziosa, della guerra come fatto privato. Ardito e abilissimo capitano, si mostrò però incapace di servire nei ranghi di un moderno esercito e cercò sempre di condurre la sua guerra ai margini dei grandi eserciti, impegnandosi essenzialmente sul terreno tattico delle azioni locali. Era la guerra come zuffa che sentiva profondamente congeniale. L'avvertì lucidamente un cronista contemporaneo che di lui lasciò un efficacissimo ritratto: "un diavolo infernale capo de parte verfa, il più grande biastemador del mondo et lo più crudele omo che si possa dire, il quale credo abia amasato de soa mano tranta omeni per lo manco..." (Memoriale di G. A. Saluzzo di Castellar..., p. 604).Dal B. va distinto l'omonimo cugino Giovanni di Angelo, che si addottorò in legge, entrò nel 1489 nel Collegio dei nobili giureconsulti milanesi e servì gli Sforza nelle magistrature ducali (il 20 nov. 1497 fu nominato da Ludovico il Moro, avvocato fiscale). Con il crollo del dominio sforzesco anche Giovanni di Angeli passò al servizio dei Francesi, preoccupato di conservare il suo posto nelle magistrature ducali. Un riflesso di tali preoccupazioni si può cogliere in due lettere indirizzategli il 30 e il 31 ott. 1499 dal suo amico e collega Girolamo Morone. Le sue speranze non andarono deluse: l'11 nov. 1499 Luigi XII lo nominò procuratore fiscale della camera ducale e nel 1510 gli concesse una pensione. Anche lui, come tutti i Birago, subì le alterne vicende della dominazione francese in Lombardia, e nel 1522, con la seconda restaurazione sforzesca, fu sospeso dall'ufficio e mandato al confino. Il bando in data del 6 marzo 1522 portava la firma del suo vecchio collega Girolamo Morone, divenuto ora luogotenente del duca Francesco II Sforza e gran persecutore dei partigiani milanesi della Francia. Secondo il Litta, Giovanni di Angelo morì nel 1527.
Fonti e Bibl.: Commentarii Galeacii Capellaede rebus gestis pro restitutione Francisci II..., Venetiis 1535, p. 91; G. Morone,Lettere ed orazioni latine, a cura di D. Promis e G. Müller, in Miscellanea di storia ital., II, Torino 1863, pp. 24-28; Memoriale di G. Saluzzo di Castellar, a cura di V. Promis,ibid., VIII, Torino 1869, pp. 604, 607 s.; Calendar of letters,despatches,and state papers,relating to the negotiations between England' and Spain…, III, 1,Henry VIII,1525-1526, a cura di P. de Gayangos, London 1873,ad Indicem; Scipionis Vegii... Historia rerum in Insubris gestarum sub Gallorum dominio, in Bibl. histor. ital. cura et studio societatis longobardicae, I, Mediolani 1876, pp. 23, 87; M. Sanuto,Diarii, XXVII, Venezia 1890, coll. 246, 667; XXXI, ibid. 1891, col. 486; XXXIV-XXXV, ibid. 1892; XXXVII-XXXVIII, ibid. 1893,ad Indices; XL-XLII, ibid. 1894-1895,ad Indices; J. d'Auton,Chronique de Louis XII, a cura di R. De Maulde La Claviére, II, Paris 1891, p. 357; Mémoires de Martin et Guillaume du Bellay, a cura di V. L. Bourrilly e F. Vindry, I, Paris 1908, pp. 308 s.; F. Guicciardini,Storia d'Italia, a cura di C. Panigada, Bari 1929, IV, p. 219; V, pp. 73, 74; M. Formentini,Ilducato di Milano, Milano 1877, pp. 413, 420; E. Picot,Les Italiens en France au XVIe siècle, in Bulletin italien, I (1901), pp. 132 ss.; G. Ghilini,Annali di Alessandria, II, Alessandria 1903, pp. 140, 142; L. G. Pélissier,Louis XII et Ludovic Sforza (8 avril 1498-23 juillet 1800), II, Paris 1897, p. 334; C. Santoro,Gli uffici del dominio sforzesco, Milano 1948, pp. 88, 89; P. Litta,Fam. celebri ital., Birago di Milano, tav. I.