BOVIO, Giovanni
Filosofo, nato a Trani nel 1841, morto a Napoli il 15 aprile 1903. Datosi agli studî filosofico-letterarî, pubblicò nel 1864 il Verbo novello: sistema di filosofia universale, d'ispirazione hegeliana, per dare all'Italia una nuova filosofia di carattere laico e antimetafisico che si fondava sopra un razionalismo assoluto, onde, posto dualisticamente il mondo (oggettivo) dell'esperienza e quello (soggettivo) del pensiero, si affermava valevole per entrambi il principio d'identità e contraddizione. Il B. si volse, poi, alla filosofia del diritto, pubblicando nel 1872 il Saggio critico del diritto penale (3ª ed., 1883; rist. a Milano nel 1908); la Filosofia del diritto (4ª ed., Roma 1894); il farraginoso e spesso fantastico Sommario della storia del diritto in Italia (2ª ed., Roma 1895). Il B. afferma con la scuola classica il principio della libertà morale, ma la costringe in un determinismo sociale concepito come svolgimento dell'umanità verso la pura razionalità. Per il rapporto con la dottrina lombrosiana, v. Il genio (Milano 1903). Egli passava, così, dalla questione morale a quella giuridica, da questa a quella politica, per tratteggiare poi una filosofia della storia, nella quale si poneva, come nel Verbo novello, emulo del Ferrari. Il suo razionalismo si rivelò in fine come un naturalismo, riassunto nel motto: "la natura si fa pensiero, il pensiero si fa storia": vedi lo Schema di un naturalismo matematico (1877) e Il naturalismo, pubblicato postumo a Napoli nel 1903.
L'importanza del B. come filosofo è limitata a una vaga esigenza d'oltrepassare l'astrattismo della metafisica idealistica e insieme l'empirismo della nuova filosofia positiva; e ad avere tra i primi presso di noi portato l'eco delle nuove correnti speculative nella filosofia del diritto. In questa ottenne la libera docenza nel dicembre 1875 presso l'università di Napoli, dove sollevò per lungo tempo grandi entusiasmi nella gioventù: il B. visse sempre con calore d'apostolo e con nobiltà di vita le sue idee. Eletto deputato nel 1876, divenne il filosofo acclamato della democrazia repubblicana, e dopo il trasformismo, nel 1897, dettò il programma del superstite gruppo repubblicano. La sua repubblica "sociale", concepita come un medio tra la monarchia e l'anarchia, era uno sviluppo dello stato verso l'assoluta libertà del pensiero, simboleggiata nell'Ateneo (v. gli Scritti filosofici e politici, Napoli 1883 e la Dottrina dei partiti in Europa, Napoli 1886). La raccolta dei Discorsi (Napoli 1900) mostra il tipo della sua oratoria, in cui fatti e persone vengono spesso idealizzati, e le idee poste in dogmatiche antitesi, con stile spesso scultorio e drammatico. Il B. riuscì bene, infatti, nelle epigrafi; e scrisse drammi di pensiero, che sono piuttosto esposizioni dialogate di idee (v. le Opere drammatiche, Milano 1908; aggiungi le scene attiche del Socrate, Torino-Roma 1902).
Bibl.: A. Carlini, La mente di G. Bovio, Bari 1914.