BREVIO, Giovanni
Nacque a Venezia nella seconda metà del Quattrocento. Scarse e incerte le notizie sulla sua vita, che condusse per la massima parte nel Veneto: intraprese la via del sacerdozio e, dopo il 1514, fu per qualche tempo a Roma, forse presso la corte pontificia. Nel 1524 lo ritroviamo canonico di Ceneda e rettore della chiesa arcipretale di Arquà, sul cui muro esterno faceva apporre in quell'anno una lapide in onore di Dante, Petrarca e Boccaccio; dalle poche lettere, che di lui ci sono rimaste, sembra che in seguito sia vissuto tra Venezia e Padova, e che intorno al 1542 si sia trasferito presso la Curia di Roma, dove era ancora nel 1545.
Novelliere, poeta, moralista, traduttore, il B. fu in relazione con alcuni dei maggiori letterati del tempo, tra cui il Bembo, il Della Casa, il Berni e l'Aretino, che sembra lo tenesse in particolare considerazione: quando nel 1531 morì A. Brocardo il B., in una lettera che indirizzò all'Aretino, dette credito all'ipotesi che il giovane fosse morto di vergogna per i sonetti che il flagello dei principi gli aveva scritto contro; l'Aretino, che più tardi si sarebbe gloriato della leggenda, inviò al B. quattro sonetti in lode del defunto, perché li esaminasse. A testimoniare le relazioni letterarie del B. e la notorietà di cui godette stanno anche la Poetica del Daniello e il De optimo philosophorum genere di A. Pasquali, dialoghi in cui è tra gli interlocutori, e il Dialogo della dignità delle donne dello Speroni, in cui sono ricordate con rispetto le sue opinioni.
Gran parte degli scritti del B. fu stampata a Roma nel 1545 da Antonio Blado Asulano col titolo di Rime e prose volgari di m. G. B.;nella dedica al cardinal Farnese, datata 25 settembre, l'autore dichiara di esser stato costretto a dare alle stampe queste sue "giovanili fatiche" dalle insistenze degli amici, i quali volevano veder pubblicate principalmente le sue liriche, di cui molte erano state musicate da eccellenti maestri. Il volumetto si apre infatti con uno scialbo canzoniere amoroso di stretta osservanza petrarchese; seguono una raccolta di sei novelle, la versione italiana dell'ANicocle di Isocrate (già stampata a Venezia nel 1542, con dedicatoria al duca di Mantova datata 16 maggio e intitolata Oratione di Isocrate del governo de Regni a Niccocle re di Cipri), un trattatello filosofico Della vita tranquilla allo eccellente dott. delle Arti et di Medicina,m. Marcantonio Genova in lode della solitudine, e infine un'operetta De la miseria humana, composta di quattro novelle e di una prefazione. Di tutti questi scritti solo le novelle ebbero un certo successo di lettori e di ristampe: le sei del primo gruppo, spigliate nello stile e piccanti nel contenuto, ma tutte scarsamente originali, attirarono l'interesse dei critici soprattutto perché la sesta, la quale altro non è che il Belfagor machiavellico malamente ridotto, suscitò dubbi e discussioni sulla sua reale paternità. In realtà, anche se l'edizione giuntina che rivendicò la novella al Machiavelli è di quattro anni più tarda rispetto alle Rime et prose volgari l'esistenza alla Biblioteca Nazionale di Firenze dell'autografo machiavelliano (cod. Magliabech. VII, 335), basta a dimostrare, insieme con l'analisi stilistica, il plagio del B.; plagio denunciato sin dal 1547 dal Doni in una lettera a F. Revesla, e poi, nel 1549, da B. Giunti, che nella prefazione alla sua edizione della novella ricordava come essa fosse stata "presuntuosamente usurpata da persona ch'ama farsi honor de gli altrui sudori". Al Belfagor arcidiavolo -cheil Machiavelli aveva intitolato semplicemente Favola - ilB. non diede insomma altro che il titolo attuale, che si formò dall'"argomento" breviano "Belfagore arcidiavolo è mandato da Plutone in questo mondo...". La riduzione del B. si può leggere anche in appendice alle Operette satiriche del Machiavelli curate da L. F. Benedetto, a pp. 167-75;tutte e sei le novelle erano già state fedelmente ripubblicate a Milano da Dionisio Pedagogo (pseud. di Giovita Scalvini) nel 1819, con la falsa data del 1799, in una rara edizione di 85esemplari, intitolata Novelle di monsig. G. B. e M. M. Cademosto. Originale appare invece il De la miseria humana, che chiude il volume delle Rime e prose volgari ed è molto probabilmente l'ultimo degli scritti del B.: si compone di quattro truci novelle di gusto senechiano, tese a dimostrare la tragicità della condizione umana, precedute da una suggestiva prefazione sulla malvagità della natura, i cui toni sconsolati fecero non senza qualche ragione parlare di spiriti leopardiani ante litteram. L'opera rivide la luce nel 1825a Treviso, col titolo Quattro novelle di m. G. B. intitolate e "Della miseria humana" ora per la prima volta riprodotte...; larghi brani della prefazione furono anche, riferiti dal Rizzi in un suo articolo sul B., pubblicato nel 1914 sul Fanfulla della Domenica.
Rime del B. si trovano anche sparse in varie raccolte: unaballata, è in Rime di diversi raccolte da L. Domenichi, I, Venezia 1545, p. 255;quattro sonetti nelle Rime di diversi raccolte da E. Bottrigari, IV, Bologna 1551, pp. 151-53;quattro sonetti nella Scelta di sonetti e canzoni fatta da A. Gobbi, I, Venezia 1739, pp. 405 s.; infine due madrigali e un sonetto inediti sono a c. 137 del cod. IX 203della Biblioteca Marciana di Venezia. Di lui ci restano solo poche lettere: tre nelle Lettere di diversi al Bembo, Venezia 1560, pp. 42v-43v;quattro nelle Lettere di diversi, raccolte da P. Manuzio, I, Venezia 1554, pp. 117-19;altre cinque, infine, nella Nuova scelta di lettore, fatta da B. Pino, II, Venezia 1574, pp. 301, 322, 331, 529, 530.Nulla sappiamo di un suo trattato Della creanza dei prelati, cui accenna il Doni nella Seconda Libreria.
L'ultima testimonianza sicura che abbiamo sul B. è la lettera dedicatoria del 25 sett. 1545, premessa alle Rime e prose volgari; ma è probabile che egli sia vissuto ancora, dato che nel 1549 B. Giunti, nella prefazione al Belfagor, ne parla come di personaggio vivente.
Fonti e Bibl.: P. Aretino, Lettere, I, Venezia 1537, p. 211; II, Modena 1547, p. 272; A. F. Doni, Lettere, II, Firenze 1547 (lett. del 10 marzo 1547); Id., Seconda Libreria, Venezia 1551, p. 62v; G. Cinelli Calvoli, Biblioteca volante continuata dal dottor D. A. Sancassani, I, Venezia 1734, p. 215; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 4, Brescia 1763, pp. 2080-82; E. A. Cicogna, Delle Inscrizioni Veneziane, IV, Venezia 1834, pp. 218-21; L. Cappelletti, La questione sulla novella di Bolfagor, in IlPropugnatore, XIII(1880), pp. 87-103; G. Calligaris, A. F. Doni e la novella di Belfagor (per nozze Merkel-Francia), Torino 1889; V. De Maria, Belfagor arcidiavolo. Saggio critico, Bologna 1899; W. E. A. Axon, The story of Belfagor in Literature and Folklore, in Transactions of the R. Soc. of Literature of the U.K., 8. 2, XXIII (1902), p. 118; A. Gerber, N. Machiavelli. Die Handschriften,Ausgaben und Uebersetzungen seiner Werke im 16. und 17. Jahrhundert..., I, Gotha 1912, pp. 44-47; A. Salza, Madonna Gasparina Stampa secondo nuove indagini, in Giorn. stor. della lett. ital., LXII(1913), pp. 56 s.; F. Rizzi, Un leopardiano del Cinquecento?, in Fanfulla della Domenica, 6 dic. 1914, pp. 3 s.; M. Barbi, Studi sul "Canzoniere" di Dante,con nuove indagini sulle raccolte manoscritte e a stampa di antiche rime italiane, Firenze 1915, ad Indicem;F. Flamini, IlCinquecento, Milano s.d., ad Indicem;L. F. Benedetto, La novella di Belfagor, in N. Machiavelli, Operette satiriche, a cura di L. F. B., Torino 1920, pp. 3-20; L. Di Francia, Novellistica, I, Milano 1924, pp. 686-95; V. Cian, P.Bembo postillatore del Canzoniere petrarchesco, in Giorn. stor. della lett. ital, CXVIII(1931), p. 258; R. Ridolfi, Vita di N. Machiavelli, Roma 1954, p. 447.