BRUNETTI, Giovanni
Nacque a Firenze il 20 ag. 1867 da Eugenio e da Giulia Mazzoni. Laureatosi in giurisprudenza nel 1889, si dedicò in un primo momento allo studio del diritto romano: dal 1891 insegnò per incarico istituzioni di diritto romano nell'istituto di scienze sociali di Firenze e nel 1894 conseguì la libera docenza in diritto romano. Dopo questa data si allontanò progressivamente dagli studi romanistici per dedicarsi a quelli di diritto civile sotto la guida di C. F. Gabba. Nel 1903 gli venne affidato l'incarico di diritto civile presso l'istituto di scienze sociali di Firenze.
Dopo i primi studi - Il "dies incertus" nelle disposizioni testamentarie (Firenze 1893) e Il diritto e le scienze sociali (ibid. 1896) - il B. pubblicò Il delitto civile (ibid. 1906), monografia di grande interesse, con la quale egli offriva una prima prova di quell'indirizzo di ricerca che caratterizzerà i suoi studi futuri e che veniva ad aprire nuove strade alla scienza civilistica. Questa si volgeva tradizionalmente alla sistemazione degli istituti giuridici mediante il collegamento logico di norme disciplinanti la medesima materia e all'interpretazione degli istituti stessi. Il B. prese le mosse da questo tipo di ricerca, sistemando ed elaborando il complesso di norme che facevano capo all'art. 1151 del Codice civile; ma andò più in là, poiché intese individuare l'essenza più profonda della norma, ricercandone e prospettandone le determinanti sociologiche ed economiche. Egli, cioè, non si propose soltanto di studiare le norme relative ad un singolo istituto giuridico per delineare la disciplina che ne derivava, ma anche di esaminare le norme stesse come un fenomeno di cui si devono indagare le leggi logiche e tecniche che le governano e cogliere i caratteri strutturali.
Il metodo e il tipo di interessi scientifici esposti in questa monografia vennero ripresi e approfonditi dal B. nel volume Norme e regole finali nel diritto (Torino 1913). Qui ancora più compiutamente egli volle studiare il contenuto del diritto per "isolarne, come oggetto di studio, la forma tecnica; indagarne e costruirne la nomenclatura e la grammatica". Oggetto del suo studio fu la "ricerca sulla struttura della norma giuridica, la differenziazione di ciò che vi è di normativo in senso stretto, da ciò che normativo in tal senso non può dirsi, la separazione e la contrapposizione... del fatto giuridico e del rapporto giuridico che la legge... prevede e... disciplina, coordinandoli ed integrandoli; e l'accentuazione di quel gruppo di fatti giuridici che, per essere fatti volontari dell'uomo, sono da ritenersi strumenti accordati al privato per il raggiungimento dei propri fini" (Finzi). La maggior parte della dottrina civilistica non fu favorevole a questo tipo di ricerca, considerandolo sterile ed estraneo alla vera scienza giuridica. Il B. si difese dalle critiche con il saggio Per la scienza del diritto, in Riv.di diritto commerciale, XI (1913), pp. 795-801, nel quale ribadì la validità del suo metodo. E a questo continuò ad attenersi nei lavori Il diritto,la forza dello Stato e la morale (Pisa 1918), Il domma della completezza dell'ordinamento giuridico (Torino 1925) e La libertà nel diritto privato (Firenze 1926). Né egli era il solo giurista che si preoccupasse di studiare il diritto nel quadro di una più ampia realtà: insieme con il Bonfante, il De Francisci, il Brugi ed altri, il B. fu esponente di quella corrente di studiosi che, riallacciandosi alle dottrine filosofiche positivistiche, "avevano una concezione del fenomeno giuridico, quale aspetto di una più complessa realtà e problematica sociale, o sociologica" e il cui indirizzo "stimolava una notevole ricchezza e vivacità di interessi d'ordine metagiuridico, inducendoli a proporsi tra diritto ed economia o fra economia e politica, e in genere sui problemi della genesi sociale del diritto, che certamente esulavano dai limiti del mero tecnicismo" (Caiani). Tuttavia il B. non accentrò tutto il suo studio su problemi d'ordine generale, ma esaminò anche la disciplina di singoli istituti civilistici: frutto di queste sue ricerche sono le monografie da lui raccolte negli Scritti giuridici vari, pubblicati in quattro volumi a Torino dal 1915 al 1925.
Nel frattempo il B. aveva lasciato definitivamente (1911) l'insegnamento del diritto romano. Nel medesimo anno fu incaricato dell'insegnamento di filosofia del diritto nell'istituto fiorentino di scienze sociali e nel 1920 vinse la cattedra di diritto civile. Insegnò prima a Messina (1920), poi a Modena (1921), infine a Firenze (1924).
Aderì ben presto al fascismo e fu nominato podestà di Pieve a Nievole (precedentemente era stato per molti anni consigliere provinciale a Firenze, e anche consigliere comunale). Il B. giustificò l'ordinamento politico e giuridico imposto dal nuovo regime nel saggio Diritto,pace e fascismo, in Archivio giuridico, CIII (1930), pp. 150-164, nel quale affrontò "il problema del diritto e della morale in funzione dell'ordinamento corporativo fascista", sottolineando "la funzione del potere disciplinare, che integra quello normativo della legge" (Finzi).
L'ultimo suo lavoro, Modalità sospensiva e trasmettibilità del diritto nelle successioni testamentarie (Firenze 1934), riprendeva temi trattati nei suoi primissimi studi. Preside della facoltà giuridica di Firenze dal 1924, venne chiamato a far parte della Commissione per la riforma del Codice civile: pubblicò alcune delle proposte avanzate in quella sede, in Appunti sulla riforma del codice civile, in Giurisprudenza italiana, LXXXIV(1932), n. 4, coll. 113-127.
Il B. morì a Firenze il 19 giugno 1935.
Bibl.: E. Finzi, G. B., in Riv. di diritto privato, V (1935), 1, pp. 286-291; L. Caiani, La filos.dei giuristi ital., Padova 1955, pp. 20-22; Noviss. Dig. Ital., II, p. 585; Enc. Ital., App., I, p. 323.